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CINA

Le purghe di Xi Jinping il nuovo Mao

Tira aria di giustizialismo a Pechino. La magistratura vanta decine di migliaia di arresti. Ma non si tratta solo di una purga di quadri e dirigenti corrotti, ma anche i 300 avvocati e attivisti arrestati nel luglio 2015, metà dei quali sono cristiani. La repressione costa alla Cina quanto la spesa militare e, secondo il dissidente Wei Jinsheng porterà alla fine del regime.

Libertà religiosa 14_03_2017
Il discorso di Zhou Qiang

Tira aria di giustizialismo all’Assemblea Nazionale del Popolo in corso a Pechino. Al “parlamento” del regime comunista cinese è intervenuto il magistrato Zhou Qiang, presidente della Corte Suprema e Cao Jianming, Supremo Pubblico Ministero. Hanno snocciolato dati da capogiro sulla repressione in corso, vantandoli come grandi successi della giustizia.

La purga principale riguarda la “corruzione”. Come riporta l’agenzia missionaria Asia News, i casi giudicati sono 45mila, con 63mila persone coinvolte. Fra questi si contano anche 35 dirigenti comunisti a livello ministeriale e 240 a livello di prefettura. Ma fra i vari casi di corruzione giudicati e pubblicizzati per soddisfare la sete di giustizia del popolo, si contano anche numerosi arresti per “sovversione”. I maggiori successi di questa campagna, stando al rapporto dei due alti magistrati, consistono nell’arresto di Zhou Shifeng e di Hu Shigen. Questi sovversivi non sono dei terroristi e nemmeno hanno fomentato disordini, sono semmai prigionieri di coscienza. Zhou Shifeng è un avvocato, fondatore dello studio legale Fengrui di Pechino. Il 13 luglio 2015, con un raid della polizia condotto in numerose città del paese, gli avvocati dello studio Fengrui erano stati arrestati con l’accusa di sovversione dell’ordine sociale. Lo studio legale, come scriveva il Quotidiano del Popolo, “è divenuto sin dal 2012 la piattaforma attraverso cui gli accusati hanno cercato di infrangere l’ordine sociale”. Lo scorso agosto, Zhou Shifeng è stato condannato a sette anni di carcere. In cosa consisteva la sua attività? Fornire assistenza legale alle vittime dei soprusi delle autorità comuniste locali. Le stesse autorità corrotte che sono ufficialmente nel mirino del Partito, dunque, vengono difese dal Partito stesso e dal suo apparato giudiziario quando a sfidarle è un privato cittadino. Questo già spiega tutto sull’uso strumentale e sul doppiopesismo della lotta alla corruzione. Il caso di Hu Shigen parte da lontano. Nel 1992 era già stato arrestato per aver commemorato il massacro di Tienanmen ed è stato condannato a 20 anni di carcere. Rilasciato nel 2008, è diventato pastore in una chiesa domestica di Pechino. È stato accusato di aver riunito nella sua Chiesa sotterranea attivisti e avvocati per i diritti umani. L’estate scorsa è stato condannato ad altri sette anni e mezzo di carcere. 

Hu e Zhou non sono casi singoli. Sono due su circa 300 attivisti e avvocati, almeno la metà dei quali cristiani, arrestati nel luglio del 2015, nell’ambito di una campagna chiamata “709”, perché avviata il 9 luglio (7/09). La repressione non è solo punitiva, ma anche preventiva. E’ normale che un sospetto sovversivo sia pedinato sistematicamente dai servizi segreti e dalla polizia politica, tutti i giorni e tutto il giorno. Per fare un singolo esempio, una donna, Wang Fengyun, della contea di Duolun, è sotto sorveglianza per una petizione di protesta contro una requisizione di terra da parte del governo locale. E’ tenuta sotto controllo per tutto il giorno, sia a casa sua che nelle sue nove trasferte a Pechino. E’ un caso di “mantenimento della stabilità”, un’operazione preventiva dell’apparato di controllo del regime. Suo fratello dice a Radio Free Asia che tutta la famiglia di Wang Fengyun è sotto controllo, mentre lei stessa entra ed esce dalla prigione locale. Un’altra donna sotto osservazione, Zheng Jianhui, dichiara che: “Il governo locale non risponderà alla nostra petizione e quando protestiamo ad un livello di governo superiore, mandano squadre di agenti a pedinarci”. L’ammontare della spesa per la sicurezza interna non è dichiarato, ma la stima più plausibile, formulata dal professor Bruce Lui di Hong Kong, parla di 1000 miliardi di yuan, pari a 145 miliardi di dollari, uguale alla spesa militare. Nel 2013 l’ultimo dato pubblicato rilevava una spesa per la sicurezza interna di 130 miliardi di dollari, superiore a quella militare. Pechino ha dunque un esercito per implementare la politica estera e uno parallelo per tenere la popolazione sotto controllo.

Fin dove si spingerà la Cina retta con pugno di ferro da Xi Jinping? Secondo il dissidente Wei Jinsheng, “Xi vuole utilizzare il potere per fare grandi cose. Ma noi abbiamo visto quali sono le grandi cose che sta facendo: ora Xi Jinping riduce sempre di più la libertà di parola, per non menzionare il fatto che non ha ancora eliminato la norma che proibisce la nascita di nuovi partiti politici. Egli ha anche arrestato molte persone tra gli avvocati per i diritti umani, considerandoli come organizzazioni proibite. (…)  Inoltre quali sarebbero le grandi cose che ha intenzione di fare? Diventerà un dittatore sempre più autoritario e le persone vivranno sempre peggio. Questo condurrà a nient’altro che al crollo del regime comunista”. Nel futuro, forse. Ma nel frattempo i cinesi soffriranno molto, perché, sempre secondo Wei, Xi Jinping si appresta a scatenare una repressione che potrebbe essere dura quanto la Rivoluzione culturale.