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IMMIGRAZIONE

Libia, il Pd perde la bussola e vuole riaprire i porti

Dopo una svolta di politica responsabile dell'ex ministro dell'Interno Minniti, sotto il governo Gentiloni, il Pd a guida Zingaretti ritorna alle utopie sull'immigrazione. Propone di nuovo la politica dei porti aperti e chiede una "missione internazionale" di pace in Libia senza specificare quali eserciti debbano farne parte.

Politica 12_03_2019
Zingaretti e Martina alla manifestazione People di Milano

Contrordine compagni! Sulla questione sempre calda dei migranti il PD di Nicola Zingaretti sembra voler archiviare in fretta la fase della “responsabilità” che aveva visto i ministri di Interno e Difesa del governo Gentiloni, Marco Minniti e Roberta Pinotti, arginare i flussi migratori illegali fornendo aiuti, addestramento e motovedette alla Guardia Costiera libica.

Una fase nata certo da un’emergenza politica, sviluppatasi nel giugno 2017 dopo la dura sconfitta del PD alle elezioni amministrative, ma che aveva dimostrato quello che molti nel centro-sinistra avevano sempre negato e cioè che i flussi migratori illegali dal Nord Africa non fossero bloccabili. Quella stagione, che vide Minniti duramente criticato dall’interno del governo e della Sinistra e celebrato da un elettorato in gran parte di Centro-Destra, si concluse con le elezioni del 4 marzo 2018. Certo non si può dire che il “ripensamento” del PD (pur contestato dalla lobby dell’accoglienza) abbia avuto molto successo in termini di voti, dopo che dal 2013 al 2017 i suoi tre governi (Letta, Renzi e Gentiloni) avevano favorito e ingigantito i flussi migratori illeciti. La “fase Minniti” lasciava però ben sperare che l’arricchimento di coop amiche non venisse più considerato dal PD un “valore” sufficiente a decidere di riaprire i porti a chiunque pagasse trafficanti per raggiungere la Penisola.

Invece il nuovo corso di Nicola Zingaretti sembra proprio voler seguire la strada dei porti aperti e dell’accoglienza per tutti, nonostante non possa che rivelarsi suicida in termini di consenso e di credibilità politica, tenuto conto che secondo diversi sondaggi almeno un quarto degli elettori PD sono favorevoli ai “porti chiusi”, in pratica alla politica attuata dal ministro Matteo Salvini. Ciò nonostante Zingaretti ospite nel programma “Che tempo che fa” su RaiUno ha detto che "dobbiamo mandare in Libia una delegazione di parlamentari e ricominciare a fare politica estera, ma anche portare investimenti e chiudere quelle carceri (dei migranti, ndr), non aspettare un altro barcone che Salvini sfrutterà per avere voti. Questo è inaccettabile". Una posizione perentoria quanto confusa poiché non sarà certo una delegazione parlamentare a fare la politica estera dell’Italia (che spetta al governo) in Libia, dove l’attuale esecutivo (come quello precedente) mantiene forti rapporti con Tripoli e buone relazioni con Tobruk.

Zingaretti non indica una linea politica, né dove portare di preciso gli investimenti di cui parla, non esprime valutazioni tra Fayez al-Sarraj o Khalifa Haftar e cade nell’enorme inganno di considerare carceri inumane o addirittura lager i centri di detenzione libica dove vengono portati i migranti illegali raccolti dalla Guardia Costiera di Tripoli. In questi centri, dove sono presenti agenzie dell’Onu e Ong, da molto tempo non vengono documentate violenze e soprattutto da questi centri i migranti vengono riportati nei Paesi d’origine. Cosa diversa sono invece i campi di raccolta gestiti dai trafficanti e dove i migranti in attesa di salpare alla volta dell’Italia vivono in precarie condizioni e spesso maltrattati per ricattarne le famiglie, ma è evidente che alla linea del PD tornata “immigrazionista a tutti i costi” fa comodo non specificare le differenze.

Ancora più chiaramente si è infatti espresso ieri su questi temi Matteo Orfini, presidente del PD. "Gli accordi di collaborazione con la Libia vanno stracciati: non ci può essere alcuna forma di collaborazione con chi è corresponsabile di questa crisi umanitaria. Serve una missione internazionale di pace e riprendere l'attività di salvataggio nel Mediterraneo. È un cambio radicale di strategia rispetto a quanto fatto in questi anni, ma a fronte del mutare della situazione in Libia mi pare inevitabile introdurre elementi di forte discontinuità" ha scritto in un editoriale sul sito della rivista Left Wing. Definire la Libia o uno dei suoi due governi corresponsabile di una crisi umanitaria nata dal rovesciamento del regime del colonnello Gheddafi (guerra a cui il PD nel 2011 era favorevole) pare un po’ eccessivo e mistificatorio.

Quanto alla “missione internazionale di pace” Orfini scopre l’acqua calda ed evidentemente non si è accorto che neppure la Missione ONU in Libia chiede l’invio di caschi blu ma si limita a cercare di favorire il negoziato tra le fazioni libiche. Inoltre chi le manderebbe queste truppe di pace? L‘Italia? Orfini vuole chiudere tutte le collaborazioni faticosamente avviate con la Libia e riprendere il salvataggio in mare dei clandestini. Di fatto sembra voler mandare a monte i nostri interessi in Libia e ricominciare ad accogliere 150/200 mila migranti illegali all’anno. Lui lo chiama “cambio di strategia” e propone di “sfidare la comunità internazionale sulla necessità di attivare una missione di pace internazionale, sotto l'egida dell'Onu, che garantisca il rispetto dei diritti umani in Libia". E siamo daccapo: chi manda i soldati in Libia sotto bandiera dell’ONU a farsi ammazzare per garantire il rispetto dei diritti umani? Il tutto per garantire poi il diritto ai trafficanti di continuare a svolgere liberamente il loro sporco business, il diritto dei migranti di raggiungere l’Europa in barba al diritto e alla lobby dell’accoglienza di continuare a ingrassarsi con gli sbarchi.

Fantapolitica, buonismo d’accatto, immigrazionismo selvaggio elevato a morale ideologica e soprattutto un evidente distacco dalla realtà concreta sembrano caratterizzare la linea imposta dai nuovi leader del PD.