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SCELTE SBAGLIATE

Libia, l'Italia si fa ricattare dai Fratelli Musulmani

Libia, il presidente al Sarraj torna a minacciare l'Italia se solo il governo Conte torna a parlare con Haftar. Sarraj minaccia di mandarci 800mila clandestini e nelle galere libiche ci sono anche 500 terroristi dell'Isis. Il problema è la condiscendenza del governo, che sostiene un regime sponsorizzato dai Fratelli Musulmani e dal Qatar. 

Esteri 19_04_2019

L'Italia è sempre più stretta nella morsa libica del Qatar e dei Fratelli Musulmani. Il governo è sotto scacco: se nel suo interesse volesse ricucire i rapporti con il generale Haftar, sono già pronti a salpare dalle coste della Tripolitania oltre 800 mila migranti, come paventato dal presidente Al Sarraj a mo' di minaccia.

A rincarare la dose ci ha pensato il suo braccio destro e vice presidente Maitig nel corso del suo soggiorno romano, avvertendo il premier Conte e il ministro dell'interno Salvini della presenza di almeno 500 terroristi dell'Isis nelle prigioni libiche, che potrebbero approfittare del caos generato dalla contrapposizione con Haftar per unirsi ai migranti e giungere anch'essi su suolo italiano. L'accondiscenza di Conte e Salvini è quella di yes men intimoriti di fronte all'atteggiamento ricattatorio degli "alleati" libici. Il leader della Lega non ha mancato di cogliere l'occasione per confermare la validità della sua linea sui porti da mantenere chiusi. È infatti pur sempre in corso la campagna elettorale per le elezioni europee. Ma le minacce avanzate dai due Fratelli Musulmani che le Nazioni Unite hanno posto al vertice del cosiddetto Consiglio Presidenziale di Tripoli, amputano l'Italia della propria sovranità in materia di politica estera, a dispetto del sovranismo sbandierato dallo stesso Salvini. 

Sulla Libia, l'Italia prende dunque ordini dai Fratelli Musulmani, nonché dal suo principale sponsor, il Qatar. Il Ministro degli Esteri Moavero ha avallato la richiesta del suo omologo di Doha, Mohammed Al Thani, circa l'imposizione di un embargo sulle armi nei confronti di Haftar, durante un vertice alla Farnesina. In realtà, la Libia è già tutta sotto embargo, come stabilito da una risoluzione del Consiglio di Sicurezza. Ciò, tuttavia, non ha mai impedito agli emiri del Qatar e all'alleata Turchia di Erdogan di provvedere con costanti forniture al fabbisogno di armamenti delle numerose milizie dei Fratelli Musulmani, quelle che Haftar ha già fatto sloggiare da Bengasi e che oggi costituiscono l'ultima linea di difesa per Al Sarraj a Tripoli. "Esercito" le chiama e fa chiamare Al Sarraj, per nascondere che si tratta delle stesse milizie che hanno costretto il legittimo parlamento libico a riparare a Tobruk nel giugno 2014, dopo la sconfitta alle elezioni dei Fratelli Musulmani. È in quel momento che ha origine la divisione in due del paese, divenuta sempre più profonda fino all'attuale resa dei conti con il generale Haftar, stanco dell'inconcludente processo negoziale promosso dalle Nazioni Unite, che ha consentito ai Fratelli Musulmani di tenere in ostaggio impunemente Tripoli negli ultimi 5 anni. L'ora della liberazione è arrivata, ma l'Italia si ritrova incatenata nel campo islamista, sotto la minaccia di attacchi terroristici e d'invasione migranti da parte del governo internazionalmente riconosciuto, che continua a indossare i panni della vittima, del lupo travestito da agnello.

Nel momento della più grave impasse è peró giunta all'Italia una mano tesa che, se raccolta, offrirebbe al governo la possibilità di svincolarsi dalla presa del Qatar e dei Fratelli Musulmani. È la mano del generale Haftar, disposto a ricostruire i rapporti con il governo italiano su nuove basi, ma a una condizione: riconoscere di aver commesso un errore nell'aver appoggiato il Qatar e i Fratelli Musulmani a Tripoli, come precisato dal Ministro degli Esteri del governo provvisorio libico Abdulhadi Lahweej, in un'intervista al magazine Difesa Online. Lahweej ha spiegato che la collocazione dell'Italia all'interno del campo islamista non è dovuta a una necessità strategica, legata al perseguimento degli interessi nazionali. È stata piuttosto frutto di una scelta volta a soddisfare "interessi ristretti", riferendosi molto probabilmente all'intrecccio affaristico intessuto dal precedente governo Renzi con il Qatar e che questo governo ha ereditato senza porre obiezioni. Ma all'Italia, dice il Ministro, Al Sarraj e Maitig non servono, perché già adesso il governo provvisorio libico può garantire quello che oggi Roma è costretta a chiedere alle milizie dei Fratelli Musulmani per la salvaguardia degli approvvigionamenti energetici e la questione migratoria. Lahweej vuol far capire all'Italia che c'è ancora una finestra di opportunità per rilanciare le relazioni con Haftar e svolgere così un ruolo positivo nella riunificazione e alla stabilizzazione della Libia.

La politica e la diplomazia dell'Italia hanno toccato in questa vicenda il loro punto più basso. Per risalire la china basterebbe raccogliere la mano di Haftar, con l'auspicio che rimanga tesa finché a Roma non s'installerà un nuovo esecutivo. Al più presto.