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IL LIBRO DELLA BUSSOLA

L'ideologia statalista ha affossato la scuola

Insegnanti demotivati e declassati a “proletariato intellettuale”, studenti frustrati, personale addetto alla scuola pubblica insoddisfatto, distacco crescente tra docenti e studenti. Nel libro della Bussola scritto da Cominelli Scuola: rompere il muro fra aula e vita le analisi di una crisi che parte da lontano e le proposte per un rilancio. 

Educazione 24_03_2017

Il disagio è diffuso ad ogni livello. Insegnanti demotivati e declassati a “proletariato intellettuale”, studenti frustrati, personale addetto alla scuola pubblica insoddisfatto, distacco crescente tra docenti e studenti. E’ un segno dei tempi, oltre che il frutto di una devastante ideologia statalista e di conseguenti scelte politiche sbagliate. La scuola come siamo stati abituati a pensarla sta tramontando. S’intravvede all’orizzonte la destatalizzazione delle istituzioni educative e il loro scioglimento nelle nuove reti educative-cognitive. Da ciò deriva la necessità di restituire ai genitori degli alunni e agli studenti il loro diritto di scegliere dove e come soddisfare la loro domanda di servizi educativi.

E’ questa la tesi di fondo dell’interessante volume dal titoloScuola: rompere il muro fra aula e vita”, scritto da Giovanni Cominelli per la collana “I libri della Bussola. Sapere per capire”. Definire il costo-standard per alunno e trasformarlo in bonus, che le famiglie hanno diritto di spendere nella scuola che scelgono: pubblico-statale, pubblico-paritaria, privata. Questa è la strada più virtuosa secondo l’autore, che tuttavia mette lucidamente in evidenza i persistenti grumi ideologici in campo educativo destinati a rendere più difficoltoso il percorso. In particolare gli enormi interessi neocorporativi che ruotano attorno ai sindacati dei dipendenti della scuola pubblica statale e i retaggi culturali dell’anti-aziendalizzazione, dell’egualitarismo burocratico e pauperistico e dell’assemblearismo.

A tal proposito, bene fa Cominelli ad evidenziare, al termine di una snella ricostruzione storica della legislazione scolastica dal Regno di Sardegna ad oggi, lo scarto tra il testo iniziale della “Buona Scuola” di Renzi (autunno 2014), animato da un moderato ma sincero slancio riformatore, e il testo definitivamente approvato nel luglio 2015 (legge n.107/2015), che si rimangia gran parte delle intuizioni iniziali in materia di autonomia e di valorizzazione delle risorse umane e finanziarie per appiattirsi su posizioni stataliste, tendenti a considerare ogni tentativo di aziendalizzazione dell’azienda pubblica come un’azione di spietato killeraggio. "Proporre autonomia, potere del dirigente, valutazione, merito, donazione liberale – si legge nel volume - significa per una diffusissima vulgata distruggere la scuola pubblica. (…) Pertanto, l’autonomia o è mero decentramento funzionale dell’apparato centrale del Ministero oppure rischia di consegnarsi alle cattive pulsioni egoistiche della società civile. La quale, appunto, ha bisogno di essere hegelianamente disciplinata dallo Stato. Insomma: la scuola è un pezzo dell’Amministrazione dello Stato, non un’istituzione della società civile". 

La riforma della “Buona Scuola” non è neppure immune da un approccio socialcomunista di spiccata intonazione pauperistica, laddove si traduce in un livellamento verso il basso tendente a riconoscere a tutti lo stesso merito, né dal virus dell’assemblearismo, laddove demonizza il “preside-sceriffo” per poi perpetuare il vecchio schema del collegio docenti che decide tutto ma che poi in realtà non decide nulla perché paralizzato dal gioco dei veti incrociati e appesantito dagli automatismi del sistema amministrativo e delle rappresentanze sindacali unitarie.

Ma Cominelli non si ferma alla pars destruens. La seconda parte del suo scritto prefigura nuovi scenari educativi a partire da quelli delineati per il sistema educativo euro-atlantico nel gennaio 2003 al Forum del Consiglio dell’International Bureau of Education da David Instance, analista senior del Center for Educational Research and Innovation, organismo di ricerca dell’Ocse.

Per quanto riguarda l’Italia, l’architettura del sistema di istruzione ed educazione deve poggiare su quattro pilastri: il sapere curriculare, l’ordinamento, l’assetto istituzionale e amministrativo, il personale. In sintesi, nella visione di Cominelli ci sono molte novità: non più percorsi formativi uguali per tutti e basati su classi d’età, ma piani di studio personalizzati e fondati sui gruppi di livello; non più rigida ripartizione degli indirizzi delle scuole superiori ma maggiore flessibilità in funzione dell’accesso alle professioni; autonomia didattica per spezzare la parcellizzazione fordista delle discipline e dei tempi; abolizione del collegio docenti e introduzione di dipartimenti-laboratori e di un Consiglio d’amministrazione che prende le decisioni fondamentali e assume il dirigente e gli insegnanti; definizione di un sillabo delle competenze-chiave del docente e di uno stato giuridico del docente suddiviso in tre livelli di carriera (iniziale, ordinario, esperto); nuove forme di assunzione per docenti e dirigenti. Solo così sarà possibile, secondo l’autore, salvare la scuola italiana dall’incalzante sciagurata deriva.