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L'Onu assolve la Santa Sede, i media la condannano

Il Comitato contro la Tortura dell'Onu investiga sui casi di pedofilia nella Chiesa (ma è tortura la pedofilia?), chiede chiarimenti, li ottiene e assolve la Santa Sede. Continua a investigare solo per prassi. I media, evidentemente, non l'hanno capito

Libertà religiosa 27_05_2014
Onu

Onu e Santa Sede: riassunto delle puntate precedenti. Il Comitato per i diritti del fanciullo delle Nezioni Unite in data 5 febbraio 2014 rende pubblico un rapporto sulla Santa Sede. Questa non avrebbe rispettato la Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti dell’Infanzia, a cui aveva aderito ma “con riserva” nel 2002, sui seguenti punti: omosessualità, uguaglianza tra uomini e donne, punizioni corporali, pedofilia, aborto e contraccezione (si legga L’ONU dichiara guerra alla Chiesa). Segue una timida risposta del neo Segretario di Stato Pietro Parolin che non soddisfa nessuno (si legga Un segretario di poche Parolin).

Passano due mesi e la Santa Sede, nella persona di mons. Silvano Tomasi, Osservatore permanente presso le Nazioni Unite di Ginevra, è chiamata in audizione presso il Comitato per la Convenzione contro la Tortura (CAT) che fa capo sempre all’Onu, audizione di routine però irta di trabocchetti (si legga “Santa Sede – Onu, meglio prevenire che curare”). Tomasi infatti è consapevole che in quel di Ginevra l’aborto, la contraccezione e la pedofilia possono venire intesi come pratiche assimilabili alla tortura (la donna che non può ricorrere all’aborto e alla contraccezione subirebbe una reale tortura psichica e fisica) e così prepara un documento per rispondere alle possibili critiche su questi punti.

In merito alla pedofilia si spiega per l’ennesima volta che la Chiesa ormai da tempo ha messo in campo forze ingenti per debellare questa piaga e offrire aiuto a tutte le persone offese, bambini e familiari compresi. Riguardo all’aborto si chiarisce che è quest’ultimo ad essere una vera e propria tortura: “la Santa Sede vuole evitare come richiede la Convenzione che i bambini vengano torturati e uccisi prima di nascere”.

Inoltre la Santa Sede non tollera ingerenze nel suo operato relativamente agli ambiti propri della morale naturale e delle fede: “la libertà di opinione e la libertà di credo sono un diritto fondamentale che il tentativo di dettare legge alla Santa Sede chiedendole di cambiare le sue convinzioni viola in maniera diretta”.

Il Nunzio infine chiarisce un punto di fondo: tali convenzioni impegnano solo lo Stato della Città del Vaticano, ma quest’ultimo non può essere responsabile per le azioni di quel miliardo e più di cattolici sparsi per il mondo, che come singoli cittadini non possono che rispondere solo a titolo personale delle proprie azioni.

E veniamo così all’ultima puntata. Il Comitato sulla Convenzione Contro la Tortura il 23 maggio scorso ha pubblicato un’anticipazione delle osservazioni conclusive del Comitato stesso in merito proprio al Rapporto presentato da Mons. Tomasi all’inizio di maggio. Il Comitato promuove la Santa Sede perché non evidenzia condotte in violazione della CAT e riconosce il suo impegno nel porre in essere serie riforme nel contrastare gli abusi sessuali a danno dei minori e nel risarcire le vittime. Infine si precisa che il Comitato stesso non qualifica l’impegno per la cura dei bambini non nati da parte della Chiesa cattolica come una forma di tortura e fa salva la libertà di espressione e dunque la libertà di religione in capo alla Santa Sede.

Mons. Tomasi ai microfoni di Radio Vaticana esprime soddisfazione per questa valutazione, considerata “più professionale e più giuridica" delle osservazioni presentate a gennaio dal Comitato per i diritti del fanciullo. Fa notare che c’è stato “un riconoscimento del grande lavoro fatto, osservando per esempio che 848 preti sono stati ridotti allo stato laicale e altri 2.500 sottoposti a sanzioni minori ma severe, per mostrare che si sta facendo un lavoro sistematico di pulizia nella casa-Chiesa".

Ma poi ci sono le dolenti note. In primis Tomasi ricorda che difficilmente la pedofilia dal punto di vista giuridico può essere assimilata al reato di tortura: sono due fattispecie distinte. In secondo luogo la Chiesa viene tirata per la giacchetta per condotte non a lei imputabili. Infatti il Comitato Contro la Tortura rimarca il fatto che alcuni sacerdoti abusano ancora di minori, facendo intendere che la Santa Sede sarebbe responsabile indirettamente per le condotte illecite di questi suoi ministri, quasi fossero suoi dipendenti. Il presidente del Comitato Claudio Grossman in una conferenza stampa al Palais of Nations ha dichiarato che ci può essere una responsabilità della Santa Sede in merito a questi crimini “non nel senso che la Santa Sede è responsabile per ogni singolo abuso di ogni prete cattolico, ma che la Santa Sede lo diventa ai sensi della Convenzione sulla tortura se non previene, mette sotto indagine, sanziona chi se ne è macchiato, in qualsiasi parte del mondo egli abbia agito”. Una sorta di culpa in vigilando. Ma “questo è inaccettabile” commenta Tomasi, proprio perché tra sacerdote e Santa Sede non c’è un rapporto di carattere professionale o di rappresentanza, ma solo di natura morale e spirituale.

Infine, ma è di prassi, l’Onu chiede ulteriori investigazioni sulle tematiche in oggetto. L’Osservatore per la Santa Sede afferma che quest’ultima le “prenderà in seria considerazione e cercherà di rispondere alle stesse per il prossimo appuntamento, che sarà tra un anno".

Questi ultimi due rilievi del Comitato sono bastati ad alcuni giornali per mettere nel dimenticatoio tutta la valutazione positiva espressa da questa agenzia delle Nazioni Unite e di contro per dare risalto solo ai rilievi di carattere negativo anabolizzandone il contenuto. Il Corriere della Sera ad esempio così titola: “Onu, inseriti nel capitolo tortura gli abusi sessuali di preti e religiosi”. Segue un lungo articolo in cui ci si spinge a scrivere: “La lista dei rilievi, come si vede, è lunga: se non è una bocciatura in senso tecnico, è comunque un nuovo, forte richiamo internazionale. Il vicepresidente [del Comitato] Felice Gaer ha evidenziato citando le otto pagine di conclusioni che ‘se il Comitato affronta un problema e formula raccomandazioni, vuol dire che lo Stato non risponde ai requisiti della Convenzione’ ”. Ma in questa occasione pare proprio che la signora Gaer – che da sempre si è mostrata nemica della Santa Sede - parli a titolo personale dato che il Comitato stesso nel citato documento di venerdì scorso abbia espresso esattamente parere contrario a quello espresso dalla Gaer: “la Santa Sede, le diocesi cattoliche e gli ordini religiosi hanno messo in campo importanti sforzi per la prevenzione degli abusi sessuali contro i minori e le altre persone”.