Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Fedele da Sigmaringen a cura di Ermes Dovico
FALSE ACCUSE

Media scatenati nel linciaggio contro il cardinale Barbarin

A pochi giorni dal recente Motu proprio di Francesco sui  vescovi “negligenti” nei casi di abusi sessuali, ecco tornare sui giornali francesi il caso Barbarin. Il cardinale è stato interrogato dalla polizia in un’inchiesta che lo accusa di aver coperto gli abusi di alcuni sacerdoti. La gogna mediatica lo ha già condannato. 

Ecclesia 09_06_2016
Il cardinale Philippe Barbarin

E così il cardinale è stato interrogato dalla polizia. Ieri mattina alle 8 il vescovo di Lione, cardinale Philippe Barbarin, è stato sentito dalla Brigata Dipartimentale di Protezione della Famiglia “come testimone”, nel quadro di un'inchiesta che parte dall'accusa rivolta al porporato di non aver segnalato abusi su minori. Si tratta di una faccenda complessa, in cui la gogna mediatica è decisamente attiva. 

Il cardinale è stato denunciato per presunta “negligenza” da alcune vittime di abusi perpetrati da due sacerdoti. In un caso Barbarin viene accusato di aver coperto per troppo tempo le aggressioni sessuali di don Bernard Preyat su alcuni scout di Lione nel periodo dal 1986 al 1991, periodo in cui il cardinale era un semplice prete. Nell'altro, le accuse sono partite da un alto funzionario del ministero dell'Interno di Parigi, che sarebbe stato abusato da un altro sacerdote appartenente alla diocesi di Lione, tale Jérôme Billioud.  Ma nei giorni scorsi il cardinale è finito anche dentro al tritacarne di un'inchiesta promossa dal network francese Mediapart. 

Qui si è arrivati a supporre un vero e proprio “metodo Barbarin” per coprire casi di pedofilia; per sostenere questa tesi da linciaggio pubblico, però, si porta il caso di un sacerdote, Philippe de Morand, che nel 2010 è stato condannato per aggressione sessuale nei confronti di una donna di venti anni. Ebbene, secondo l'inchiesta, Barbarin avrebbe saputo tutto due anni prima, ma si sarebbe limitato a rimuovere il prete, senza avvertire la giustizia. Di qui si arriva poi alla tesi del “metodo Barbarin”.

Nel caso Preyat, bisogna innanzitutto dire che il cardinale Barbarin è diventato vescovo di Lione nel 2002, ossia undici anni dopo gli ultimi fatti imputati al sacerdote. Secondo i comunicati della Diocesi il cardinale avrebbe sentito parlare di queste vicende una prima volta nel 2007, per interposta persona. L'accusa è che il Preyat, che oggi ha 71 anni, è rimasto al suo posto in Diocesi fino al 2015. Barbarin, in un'intervista al quotidiano francese La Croix, ha risposto dicendo: «È nel 2014 che ho ricevuto, per la prima volta, una vittima che è venuta a raccontarmi i fatti prescritti: ho relazionato a Roma che mi ha consigliato di sospendere il sacerdote dalle sue funzioni, nonostante i ventiquattro anni trascorsi. Cosa che ho fatto». 

Nel caso Billioud, invece, Barbarin ha detto di aver incontrato questo alto funzionario statale già nel 2009, quando analoga denuncia contro Billioud fu archiviata per sopraggiunta prescrizione. Il caso di Barbarin ha sollevato un mare di indignazioni, inchieste, e prese di posizioni che rasentano l'accanimento. Perfino il primo ministro Manuel Valls ha richiamato Barbarin a prendersi le sue responsabilità. «Mai, mai, mai ho coperto il minimo caso di pedofilia», ha risposto Barbarin. «Valls dice che devo prendermi le mie responsabilità? Ha ragione, ed è quello che sto facendo». 

Lo scorso 25 aprile, dopo una riunione del clero diocesano, il cardinale ha riconosciuto errori nella «gestione e la nomina di certi preti» e ha chiesto comunque perdono alle vittime. Papa Francesco lo ha ricevuto lo scorso 20 maggio, dopo che nella celebre intervista che il pontefice aveva concesso a La Croix  il 16 maggio lo aveva chiaramente difeso. «Dagli elementi di cui dispongo», diceva papa Francesco, «credo che a Lione il cardinale Barbarin ha preso le misure necessarie, ha preso bene le cose in mano. È un coraggioso, un creativo, un missionario. Dobbiamo ora attendere il seguito del processo davanti la giustizia civile». Non deve dimettersi, proseguiva il Santo Padre, «sarebbe un controsenso, un’imprudenza. Si vedrà dopo la conclusione del processo. Ma ora, sarebbe ammettere la propria colpevolezza».

Anche il sindaco socialista di Lione, Gérard Collomb, ha difeso Barbarin parlando espressamente di «un falso processo» posto nei suoi confronti. «Ovviamente capisco che ci sono state vittime della Chiesa cattolica, e questo lo condanno totalmente. Ma, per come conosco Barbarin, lui non è qualcuno che cerca di nascondere le cose. Penso che sta cercando di mettere ordine in casa propria. Questo può essere il motivo per cui, del resto, anche il Papa lo ha recentemente difeso con vigore».

Ieri quindi l'interrogatorio della Polizia per il cardinale, un interrogatorio però che, come hanno precisato i legali di Barbarin, «non sarà seguito né da una misura di comparizione, né da un rinvio, né da un informazione giudiziaria». Resta comunque un processo mediatico che prosegue a tutto vapore. Come scrisse il direttore del giornale cattolico francese la Vie, Jean-Pierre Denis: «Non ho alcun problema a scriverlo. La caccia a Barbarin è violenta. Il panorama mediatico si riempie di esagerazioni e approssimazioni. Occorre ricordare cos’è la presunzione d’innocenza?».

Il tutto si svolge a pochi giorni dal recente Motu proprio "Come una madre amorevole", varato da Francesco proprio per istituire una procedura nei confronti dei vescovi “negligenti” nei casi di abusi e non solo.  Il Motu proprio, che ribadisce una giusta linea avviata anche da Benedetto XVI, nel contesto del caso Barbarin pone alcuni quesiti. Il testo, infatti, appare un po' generico e non aggiunge nulla al Codice. Inoltre, attivando una procedura non giudiziale, ma una semplice istruttoria, andrebbero meglio chiariti gli spazi di esercizio del diritto di difesa per i vescovi o equiparati sottoposti ad accertamento. Rimane poi da decifrare anche il Collegio di giuristi che dovrebbe assistere il Papa nella decisione definitiva a proposito del vescovo negligente: quanti sono? Chi li nomina? È un gruppo stabile o sono costituiti volta per volta? E, in quest'ultimo caso, secondo quali criteri? E ancora: quali sono i criteri per riconoscere quella «mancanza di diligenza grave» sufficiente per avviare la rimozione del vescovo nel caso di abusi?

É perfino ovvio che queste norme sono importanti, ma il caso Barbarin, oppure il caso del cardinale Pell, o altri stranamente poco mediatizzati come quello che riguarda l'ex primate del Belgio Danneels, sollevano il dubbio che queste “norme” un po' generiche finiscano per diventare porta di ingresso per facili azioni di “linciaggio”. Che vogliono fare di una denuncia una sentenza di colpevolezza.