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SUDAN

Meriam a Roma: è salva. Ma il Sudan no

Meriam Ibrahim era stata condannata a morte, in Sudan, per apostasia. Per aver sposato un uomo cristiano. Solo da ieri è salva, a Roma, giunta con un aereo del governo italiano, ricevuta da Papa Francesco, che l'ha ringraziata "per la coraggiosa testimonianza di costanza nella fede"

Libertà religiosa 25_07_2014
Papa Francesco e Meriam

Meriam Ibrahim è salva, finalmente. Nella notte tra il 23 e il 24 luglio, a bordo di un aereo del governo italiano, accompagnata dal viceministro per gli Affari esteri Lapo Pistelli, è partita da Khartoum insieme al marito e ai due figli alla volta di Roma dove, ad accoglierla all’aeroporto militare di Ciampino, ha trovato il Primo Ministro Matteo Renzi e il Ministro degli Affari Esteri Federica Mongherini.

Meriam Ibrahim è la donna cristiana che lo scorso maggio era stata giudicata colpevole di apostasia e condannata a morte per aver abiurato l’Islam, la fede del padre. Che quest’ultimo avesse abbandonato la famiglia pochi anni dopo la sua nascita e che lei fosse stata allevata in seguito nella fede cristiana dalla madre non era valso a discolparla. Tuttavia il ricorso presentato dal suo avvocato, mentre mezzo mondo ne chiedeva la liberazione, era stato accolto il 23 giugno con motivazioni di carattere giuridico e Meriam era stata rilasciata quel giorno stesso, dopo aver trascorso in carcere cinque mesi durante i quali aveva dato alla luce, in catene, il suo secondo figlio, una bimba di nome Maya.

Ma, due giorni dopo il rilascio, Meriam era stata fermata all’aeroporto di Khartoum dalle autorità sudanesi mentre attendeva di imbarcarsi su un volo internazionale. Questa volta l’accusa era stata di aver presentato documenti falsificati. Da allora era ospite dell’ambasciata degli Stati Uniti insieme ai figli e al marito, un sud sudanese con cittadinanza statunitense. Nel frattempo alcuni famigliari, già responsabili del suo arresto all’inizio dell’anno, avevano intentato una causa per ottenere l’annullamento del suo matrimonio adducendo il fatto che a una donna islamica non è consentito sposare uomini di altre religioni (una precedente sentenza anch’essa annullata in appello aveva difatti condannato Meriam a 100 frustate perché colpevole di aver avuto rapporti sessuali con il marito, ritenuti illeciti e punibili appunto perché in base alla legge islamica il suo matrimonio non era valido). Il destino di Meriam sembrava sempre più incerto; l’arrivo a Roma è davvero la fine di un incubo.

Poche ore dopo essere giunta in Italia, Meriam Ibrahim è stata ricevuta da Papa Francesco. Un comunicato diffuso dal Vaticano riporta che durante l’incontro il Pontefice ha ringraziato lei e la sua famiglia “per la coraggiosa testimonianza di costanza nella fede”. Come si ricorderà, i giudici avevano proposto a Meriam di rinunciare al cristianesimo, di abbracciare l’islam: avrebbe avuta salva la vita, sarebbe tornata libera. Sull’esempio di tanti altri cristiani prima di lei, Meriam ha rifiutato, disposta a morire.

Ricevendo Meriam, si legge nel comunicato, “il Papa ha voluto manifestare la sua vicinanza, attenzione e preghiera anche per tutti coloro che soffrono per la loro fede e in particolare per i cristiani che subiscono persecuzioni o limitazioni imposte alla libertà religiosa”. A sua volta Meriam ha ringraziato “per il grande sostegno e conforto ricevuto dalla preghiera del Papa e di tante altre persone credenti e di buona volontà”.

Che cosa e chi abbiano convinto Khartoum a lasciar partire Meriam e la sua famiglia non è dato sapere. La partenza è stata tanto inaspettata e improvvisa che persino l’avvocato della donna ha dichiarato di esserne stato all’oscuro. Nessun accenno è stato fatto nel comunicato del Vaticano a un intervento diplomatico del Papa presso il governo del Sudan, di cui si è letto in alcuni lanci di agenzia. Anche sul ruolo svolto dall’Italia, al di là del mezzo di trasporto messo a disposizione, mancano informazioni. Di sicuro si può dire che non si è trattato di un “blitz” come si legge sul quotidiano La Stampa: “Blitz del governo, Meriam in Italia”. Nei giorni successivi al secondo arresto, si era diffusa la notizia che il marito di Meriam avesse chiesto aiuto al nostro governo. Ma, secondo la BBC, ad esempio, non ci sarebbero indicazioni di un coinvolgimento nel caso da parte del nostro paese.

Proprio la BBC riferisce che Lapo Pistelli, poco prima di atterrare a Roma, ha inviato sulla propria pagina Facebook un post con un selfie che lo riprende insieme a Meriam accompagnato dalla scritta: “Missione compiuta”.

Quel che conta davvero in questo momento è solo la buona notizia di una famiglia salva, in procinto di incominciare una nuova esistenza in una nazione che tutela la vita umana e le libertà personali, gli Stati Uniti, lontano da un paese, il Sudan, retto da un regime islamista, dove tanti altri cristiani, non va dimenticato, restano a testimoniare la fede in condizioni sempre più difficili. Il governo sudanese in questi giorni ha confermato che non verrà più autorizzata la costruzione di chiese. Intanto, con vari pretesti, si demoliscono quelle esistenti. L’ultima, una chiesa evangelica, è stata abbattuta alla periferia di Khartoum il 1° luglio.