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IL BELLO DELLA LITURGIA

Musica celestiale, perché in Paradiso è sempre festa

C’entra col Paradiso la musica. Per lo meno, un certo tipo di musica. Quella che Gaudenzio Ferrari ha immaginato far risuonare nel Santuario mariano di Saronno senz’altro. La festosa atmosfera si evince, proprio, da questa sovrabbondante, e nello stesso tempo armoniosa, diversità. E’ un vivace narratore il Ferrari, che si diletta a rappresentare nel dettaglio i suoi musici, facendoceli apparire vicini e reali.

Cultura 27_10_2018

Gaudenzio Ferrari, Cupola del Santuario della Beata Vergine dei Miracoli – Saronno

Lodate il Signore con la cetra, con l'arpa a dieci corde a lui cantate SAL 32

C’entra col Paradiso la musica. Per lo meno, un certo tipo di musica. Quella che Gaudenzio Ferrari ha immaginato far risuonare nel Santuario mariano di Saronno senz’altro! E, osservando la calotta della cupola lombarda, appare abbastanza evidente.

Cominciamo dall’inizio. Nel 1534 il pittore di Valduggia in Valsesia firmò con i deputati del Santuario il contratto per la supervisione della realizzazione della decorazione, pittorica e anche scultorea, della cappella maggiore. Succedeva, in questo cantiere, a Bernardino Luini, noto discepolo leonardesco. Del resto, Gaudenzio aveva iniziato la sua carriera artistica proprio dipingendo angeli musicanti in una cappella del Sacro Monte di Varallo.

Questa volta aveva a disposizione una superficie ben più ampia e la gioia che doveva rappresentare era quella, appunto, di una festa in Paradiso.  A Saronno le creature angeliche accolgono, infatti, la Vergine assunta in cielo, dove il Padre Eterno La sta aspettando. Il Ferrari portò a compimento l’impresa in un numero relativamente basso di giornate, come si chiamano in gergo tecnico le porzioni giornaliere di affresco. C’è chi dice settantanove, chi cento: poche in ogni caso. Questa tecnica pittorica era per lui un linguaggio davvero congeniale.

Il coro celestiale si dispone su tre cerchi concentrici: un quarto registro è presidiato da angiolotti nudi che volgono lo sguardo verso Dio Padre, centro esatto della composizione. Attorno a Lui l’orchestra è affollatissima, la più variegata che sia mai stata dipinta, popolata da angeli cantori e musicanti. Sono circa sessanta gli strumenti rappresentati, a corda e a fiato. Riconosciamo la lira, il liuto, il tamburo e il tamburello, l’arpa, la cornamusa. Ci sono strumenti antichi accanto ad altri inventati, forgiati dalla fantasia dell’artista che doveva essere, anzi era un cultore musicale, a sua volta, pare, musicista.

La festosa atmosfera si evince, proprio, da questa sovrabbondante, e nello stesso tempo armoniosa, diversità, perfettamente descritta alla maniera lombarda. E’ un vivace narratore il Ferrari, che si diletta a rappresentare nel dettaglio i suoi musici, facendoceli apparire vicini, reali. Sotto questa cupola vennero celebrate, in effetti, numerose funzioni cui prendevano soprattutto parte i pellegrini qui accorsi per elevare, come un canto, la propria invocazione a Maria, ricolmi di speranza nel Suo amore materno.

Era stato infatti lo stesso popolo di Saronno a volere erigere il Santuario per ospitare la statua trecentesca della Madonna del Miracolo, fino ad allora situata in una cappella lungo la strada Varesina. Così facendo i cittadini volevano dare una dimora adeguata al simulacro della Vergine che aveva già dispensato, non solo a loro, prodigiose guarigioni.