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TAP

Nel paese dei cachi (e degli ulivi)

N.i.m.b.y.. Non vogliono il gasdotto TAP. Perché, gli inquina le falde? No, perché c’è da spostare duecento alberi di ulivo. E poco importa se, interrato il tubo, glieli ripianteranno con tante scuse esattamente dov’erano. E poi, visto che l’Italia l’energia la deve importare, che diritto hanno i sindaci locali a unirsi alla protesta?

Creato 04_04_2017
Protesta dei No Tap

Arieccolo il Paese dei cachi, stante il titolo di una canzone antipatriottica presentata anni fa al festival di Sanremo dal gruppo demenzial-rock Elio & Le Storie Tese. C’è da far passare in Puglia un gasdotto proveniente dall’Azerbaigian ed ecco scendere in piazza un confuso assembramento di salentini, no-Tap, antagonisti, sindaci con tanto di fascia tricolore, bambini e perfino nonne a far da scudi umani contro la polizia.

N.i.m.b.y.. Non vogliono il gasdotto. Perché, gli inquina le falde (del pastrano)? No, perché c’è da spostare duecento alberi di ulivo. E poco importa se, interrato il tubo, glieli ripianteranno con tante scuse esattamente dov’erano. No, da lì non si deve passare, gli ulivi non si toccano. E perché? Perché gli ulivi sono belli e i manifestanti amano la natura. Io sono agrigentino e se mi dicessero che c’è da spostare un momento il Tempio della Concordia per farci sotto un rifugio antiatomico non avrei nulla da ridire, a patto che a cose fatte lo rimettano dov’era. E che ci vuole? Nel settecento spostavano interi campanili su carri di buoi, figurati se la tecnologia odierna ha di questi problemi. Ma i salentini, a quanto pare, preferiscono la Xylella Fastidiosa, per la quale hanno fatto, sì, qualche storia, ma poi alla fine hanno accettato, obtorto collo, il diktat della Commissione europea. Eh, l’ha chiesto l’Europa.

Sì, ma gli alberi di ulivo espiantati mica li hanno ripiantati, e non solo quelli ma anche ogni pianta nello spazio di cento metri da quelle infettate. Ma il gasdotto, eh no. Farlo passare altrove per non disturbare lorsignori? E dove? Ma dico, l’hanno vista la carta geografica? E poi, visto che l’Italia l’energia la deve importare (quando ci vietammo quella nucleare, preferendo comprarla – sempre atomica - dalla Francia, il fu Andreotti ci definì, con garbo, poco illuminati; non ebbe cuore di dire teste di mi..., perché quel referendum lo sponsorizzava il suo alleato Craxi, oggi, chissà perché, rimpianto), il gas azerbaigiano servirà a tutta l’Italia; che diritto hanno quattro gatti di provincia di mettersi di mezzo? E che diritto – in senso strettamente giuridico - hanno quei sindaci (rappresentanti dello Stato) di unirsi alla gazzarra pro-ulivi?

Così, no-Tav al Nord e no-Tap al Sud. Il Paese dei cachi. L’attuale premier Gentiloni ha ri-ventilato il famoso Ponte sullo Stretto, che ogni governo ormai ri-ventila trasformandolo nel progetto più ventoso della storia umana. Ma se lo Stato, questo Stato, non riesce a spostare qualche ulivo senza dover bloccare continuamente i lavori... vorrebbe fare il Ponte? Seeeh! Non siamo mica la Danimarca, che il ponte se l’è fatto addirittura con la Svezia. Non siamo mica le Keys della Florida, dove procedi in auto per centinaia di miglia in mezzo al mare. No, questo è il Paese dei cachi, e non lamentiamoci dei politici, per favore: sono figli nostri, sono come noi, perfetto specchio di un popolo che ha in Elio & Le Storie Tese i suoi esemplari cantori.