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EDITORIALE

Nichi e Rep., così avremo l'utero in affitto

Tutto ruota attorno alla sentenza della Cassazione prevista per i prossimi giorni, che potrebbe sdoganare la stepchild adoption per le coppie omosessuali. E un'intervista all'ex leader di Sel, Nichi Vendola, fa capire che sarà questa la strada per legittimare anche la maternità surrogata. un altro passo verso la barbarie.
- STRANI GIOCHI IN CASSAZIONE, di M. Guerra

Editoriali 17_06_2016
Nichi Vendola

Sono in molti ad aspettare la sentenza della Corte di Cassazione che dovrebbe arrivare a giorni sui casi di stepchild adoption per coppie omosessuali che diversi giudici stanno elargendo con grande generosità: la aspetta un gruppo di parlamentari guidati dal senatore Carlo Giovanardi, che hanno rivolto un nuovo, pressante appello al presidente della Corte perché intervenga al fine di garantire sentenze univoche che non forzino la legge (ne riferiamo in un articolo a parte); la aspettano gay e lesbiche che contano invece sul completo sdoganamento dell’adozione per loro; e la aspetta Nichi Vendola, che dal suo buen ritiro in Canada e dalle colonne di Repubblica ci fa capire che sarà questa la chiave per introdurre l’utero in affitto in Italia. 

La questione non è di poco conto se Repubblica ha deciso di mandare addirittura un inviato di punta in Canada solo per raccontarci vita, sogni e speranze del nostro Nichi che, dopo i fallimenti politici, si è ritirato in una villetta a mattoni rossi nella zona nord di Montreal dove, si capisce, c’è una sorta di Little Italy. Nichi è lì con il suo compagno Eddy Testa, di venti anni più giovane, e il di lui figlio Tobia, nato pochi mesi fa grazie al contributo di una donatrice di ovuli e di una “portatrice” (come viene definita nell’articolo, vale a dire una signora che ha affittato il suo utero per un congruo corrispettivo). Vendola ci dice che tornerà in Italia prima della fine del mese e uno potrebbe pensare che se si fossero informati prima a Repubblica, avrebbero potuto risparmiare il costoso viaggio di un inviato in Canada, visto che bastava aspettare pochi giorni per fare la stessa chiacchierata a Terlizzi, la residenza pugliese di Nichi ed Eddy.

Ma è un pensiero sbagliato, perché quella di Repubblica in realtà è una strategia ben studiata. Nel racconto del quotidiano romano, in Canada Vendola è un esiliato a causa della retrograda Italia, stretta «tra pulsioni omofobe e stracattolicesimo», che nega una cosa assolutamente ovvia come l’adozione per le coppie gay e anche l’utero in affitto. In Canada invece tutto è così naturale e ovvio, perfino le mamme italiane di Montreal – che uno erroneamente potrebbe pensare legate ad antiche tradizioni – ci fanno un figurone in confronto a noi: sono sempre lì a fare festa per il piccolo Tobia e per i suoi genitore A e genitore B, e non stanno mica lì a fare caso se a Tobia manca proprio una mamma.

Ai giudici della Cassazione che devono decidere, Vendola e Repubblica mandano a dire quanto è bella l’esperienza dell’utero in affitto, è tutta una bella famigliona: il padre biologico (Eddy), il suo compagno (Nichi) e poi la donatrice e la portatrice con tutta la sua bella famiglia (marito e tre figli propri). In realtà questi ultimi vivono negli Stati Uniti, dove Tobia è nato, ma si sentono spesso, e dopo la nascita hanno fatto grandi feste per i loro affittuari. Sfruttamento? Macché, Thelma (la portatrice) è una signora benestante, non lo fa per soldi ma per fare felici quelli che non possono avere figli, e poi «dice il marito che Thelma è felice quando è incinta». Ovviamente non lo fa gratis, ma pagare il giusto per il disturbo è sacrosanto. Una forma di violenza? Ma neanche a parlarne: «La gestazione per altri è la risposta della scienza al bisogno di famiglia, è una difesa della famiglia», le violenze sono altre: il femminicidio, la prepotenza domestica.

Tutto il quadro idilliaco che viene descritto serve a dare un’immagine tranquillizzante di una pratica e di una realtà che tante reazioni hanno provocato anche tra le femministe. I giudici della Cassazione stiano dunque tranquilli, perché con la stepchild adoption si sdogana sì l’utero in affitto, ma non sarebbe «quel mercato che ci fa orrore e che viene praticato in altri paesi, più poveri, India, Ucraina…». No, sarebbe come in California, leggi serie che garantiscono che tutto si svolga nella massima correttezza e con il libero consenso di tutte le parti.

Ed ecco dunque il percorso delineato: la Cassazione – chissà perché lo si dà per scontato – darà il via libera alla stepchild adoption sulla base della “continuità affettiva”; subito dopo ecco che Nichi ed Eddy arriveranno in Italia e Vendola chiederà di adottare Tobia. Il bambino è figlio biologico di Eddy e Nichi si appellerà alla stepchild adoption; poco importa se il bambino è nato da maternità surrogata, che in Italia è vietata: nel superiore interesse del bambino c’è già una schiera di giudici pronta a concederla.

E così un altro passo verso la barbarie sarà stato fatto.