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NOTA POLITICA

Palla al Governo: adesso o mai più

Può salvarci solo una forte iniziativa politica che punti alle grandi mete.
- Napolitano: «Questa politica
è morta»
, di Riccardo Cascioli

Attualità 22_08_2011
berlusconi

Ci sono momenti in cui la debolezza della politica può diventare la sua forza. Questo è uno di quei momenti.


La manovra aggiuntiva di 45 miliardi che il Governo ha annunciato e che il Parlamento si appresta a discutere è stata presentata come un atto dovuto per avere l’aiuto della Bce a sostegno dei nostri titoli di Stato. Atto dovuto anche per dare garanzie ai mercati e per far sì che gli investitori “credano” nel nostro Paese. Certamente aver parlato di “commissariamento” del Governo italiano è stato pretestuoso, ma da qualunque parte si prenda la cosa emerge il dato della debolezza della politica.

Debolezza, prima di tutto, per come e cosa si decide di fare. Da quando questo governo ha meritoriamente sostituito la Legge finanziaria con il Patto di stabilità, Tremonti ci aveva abituato a riunioni governative dedicate alla manovra di finanza che duravano qualche minuto. Con questa manovra aggiuntiva, invece, siamo tornati ai vizi di una volta: al dire e non dire, all’annunciare per poi ritirare, alla miriade di proposte le più svariate non solo da parte delle forze politiche di maggioranza ma anche dei gruppi interni al partito di maggioranza relativa. Il cittadino è sballottato tra le ipotesi allo studio dei tecnici e sul tavolo del confronto politico, cerca di calcolare le ripercussioni della manovra sulla sua specifica situazione ma non ci riesce.


Ma debolezza, soprattutto, perché tutti sanno che qualunque cosa si faccia servirà a ben poco. Molte delle iniziative previste – come il pareggio di bilancio in Costituzione – richiedono molto tempo. Dopo l’annuncio della manovra aggiuntiva l’indice di Milano ha avuto dei crolli giornalieri anche di 6 punti. La crisi delle Borse è in atto fin dal 2008. La crisi finanziaria tocca anche Paesi, come la Francia e la Germania, che hanno una situazione di bilancio e di debito pubblico molto diversa dalla nostra. L’intervento di autorevoli capi di Governo, compreso il Presidente americano Obama, non ha ottenuto granché, come pure i vertici Parigi-Berlino e i Comunicati ufficiali della Commissione europea a favore della manovra di questo o di quel’altro Paese membro.

In altre parole: la crisi è sistematica e sovranazionale ed attiene ai grandi cambiamenti in atto sugli scenari mondiali: la crisi americana, l’esposizione debitoria dell’Occidente in quanto tale, l’emergenza dei grandi Paesi di nuovo dirompente sviluppo. Davanti a tutto ciò il piccolo orticello italiano significa poco o nulla.


Eppure, proprio per questo, sarebbe il momento di osare. Con le spalle coperte proprio dall’enormità delle dinamiche in atto che abbondantemente ci superano, umilmente consapevole di rappresentare solo un angolino di un Occidente in crisi generalizzata, costretta a prendere delle decisioni da forze più grande di lei e peraltro senza con ciò poter garantire particolari risultati, la politica di governo italiana avrebbe in questo momento le mani libere per fare quello che c’è da fare. E’ per questo che stupiscono i tira e molla, le diatribe su quante poltrone eliminare e a quanti piccoli comuni togliere la spina.


Sarebbe il momento di una grande iniziativa politica del Presidente del Consiglio, capace di alzare lo sguardo verso grandi obiettivi, approfittando di una situazione di grave pericolo che preoccupa molto gli italiani ed avvalendosi anche delle ragioni di estrema necessità, per annunciare una lotta per cui vale la pena di combattere, non una guerricciola da trattare a tavolino. E’ in questi momenti che la politica dovrebbe dimostrare tensione morale, compreso il coraggio di non farsi condizionare dalle preoccupazioni elettorali.


Esiste un principio in politica che si chiama “legge del conseguimento indiretto”. Un obiettivo politico lo si consegue non mirandovi direttamente ma giungendovi indirettamente. Le elezioni si vincono quando non si agisce solo in vista delle elezioni. Escludendo di poter incidere sul mercato e sulla Borsa data la propria debolezza nel contesto internazionale, e approfittando della situazione per dimostrare carattere verso le cose che vanno fatte per una imprescindibile questione morale, alla fine si può anche ottenere indirettamente di dare una nuova immagine di sé ai mercati. Se si pensa, invece, di convincere gli investitori con le piccole riforme contrattate nei mille corridoi si finisce  per non convincere proprio nessuno.

La nostra proposta è allora questa: il Presidente del Consiglio non si faccia risucchiare dal tira e molla estenuante, approfitti paradossalmente di questo momento di debolezza della politica per rilanciare la politica indicando al Paese le grandi mete. Riforma delle pensioni, predisposizione di un welfare sussidiario, vendita del patrimonio statale, quoziente familiare, ritiro dello Stato dai tanti compiti che sussidiariamente non sono di sua competenza, diminuzione delle tasse soprattutto sul lavoro, revisione delle competenze dei comuni, federalismo veramente sussidiario, effettiva parità scolastica. Altro che tira e molla.