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Paolo Villaggio, ritratto di un ateo senza speranza

Tutti lo ricordano per aver impersonato il ragionier Fantozzi, l'impiegato più sfortunato e famoso d'Italia. Ma c'è un Paolo Villaggio privato che sfugge ai più. Ed è un ateo moderno, privo di speranza, che invidiava l'amico Monicelli per il "coraggio" di essersi suicidato. Che ancora pensava al suicidio e credeva di conoscere la data della sua fine. Un assenza di speranza che traspare, a ben vedere, anche nella sua comicità.

Cultura 04_07_2017
Paolo Villaggio

I panni del ragionier Ugo Fantozzi – purtroppo patrimonio nazionale - li aveva smessi ormai da anni, e da anni viveva lontano dalle luci del cinema che, a detta della figlia Elisabetta, lo aveva dimenticato. Paolo Villaggio aveva 84 anni e un forte diabete che ieri mattina l’ha portato alla morte. Sui social l’omaggio del mondo della politica e dello spettacolo, Gentiloni, Renzi e Pieraccioni, Fabio Fazio, Benigni, Tognazzi, su facebook Anna Mazzamauro ha lasciato un messaggio come signorina Silvani: “Fantozzi, l’unico che mi abbia veramente amata”. Aveva recitato con Fellini, Olmi e Monicelli, anche se era entrato nella cultura popolare appunto con il personaggio di Fantozzi, non sempre amato da tutta la critica. 

Ma chi era veramente Paolo Villaggio, al di là dell’impiegato più famoso d’Italia? Lasciando perdere la sua filmografia  - ogni lettore avrà un parere personale in merito – forse vale la pena guardarlo, con grande rispetto,  da due angolazioni diverse. Innanzitutto da quella del figlio Piero, che l’ha descritto a lungo nel suo libro Non mi sono fatto mancare niente.  Piero, ex tossicodipendente, ha usato parole dure nei confronti del padre, “una persona molto egoista e megalomane: è molto difficile relazionarsi con lui. Oggi il nostro rapporto è facilitato perché lui ha quasi 84 anni, ha il diabete e, avendo condotto una vita molto sregolata, i segni della vecchiaia sono tutti visibili. La rabbia che ho nutrito per anni si è quasi trasformata in tenerezza”. In un’intervista a Vanity Fair Piero confessa anche che parte delle colpe di quanto gli è accaduto (cadere nel tunnel della droga mentre nei cinema spopolava Fantozzi) è proprio da attribuirsi al padre: “Il confronto con un artista ingombrante come lui mi ha inevitabilmente condizionato”.

L’altra angolazione dalla quale guardare Villaggio è il suo ateismo. “Invidio a Mario Monicelli il coraggio di compiere questo gesto estremo (il suicidio N.d.R). Io non ce l’avrò mai”, dichiarò il 30 novembre 2010 dopo la morte dell’amico che lo aveva lanciato nel cinema nel 1970 in Brancaleone alle crociate.

Non era una delle sue tante battute ma l’espressione di un vissuto interiore lontano da Dio. Le sue parole durante un incontro pubblico nel 2015: “Io ho un sospetto, quasi una certezza: questo Papa argentino, così furbo e così abile da aver semplificato il linguaggio, sinceramente mi sembra che abbia paura della morte. Questo Papa, come tutti i papi, sa che non esiste l’aldilà promesso dai cattolici. E poi, pensandoci, il paradiso cattolico che cos’è? Nel Corano è spiegato esattamente com’è quello islamico: pieno di fiori, di frutta, di dolci e di donne. E’ un paradiso molto convincente. Ma quello cattolico è vago. Io non ci credo e neppure il Papa. Purtroppo”.

Concetti ripetuti in un’intervista televisiva a Giletti: “Migliaia di galassie che si allontanano l’una dall’altra velocemente nell’Universo, e voi credete in un piccolo Dio. Sono dell’avviso che oggi credere in Dio sia molto difficile”. Un ateo moderno che in un’intervista a Il Tempo ha detto di “pensare seriamente al suicidio, so già la data della mia morte, me l’ha detta una maga russa. Ha rivelato a una decina di miei amici la data della loro morte con venti anni di anticipo”. A Un giorno da pecora su Radiodue: “… eutanasia, preservativi e via dicendo. La Chiesa se non si rinnova muore” 

Certezze sulle quali ha costruito i suoi tanti film di Fantozzi. Divertenti? Discutiamone. Divertente la storia quotidiana di un povero impiegato vessato dalla vita, incapace di reagire alle ingiustizie, senza speranza? Nel 2015, alla Festa del Cinema di Roma, Villaggio spiegò così il successo dei suoi film: “Fantozzi siamo tutti noi. Manda un messaggio rassicurante: non abbiate paura, non siete soli ad avere questa incapacità di essere felici. In questa Italia di m...da siamo tutti Fantozzi”. Non noi, grazie.