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IL CASO BOSCHI

Pd e finanza: "Abbiamo una banca" e perdono voti

Il caso Boschi, il suo sospetto conflitto di interessi con Banca Etruria, costerà caro elettoralmente al Pd. Come tutte le volte che è emersa una collusione fra la sinistra e le banche. Anche per questo il Quirinale vuole arrivare alle urne il prima possibile: per impedire che la Commissione di inchiesta prosegua nella sua indagine. 

Politica 17_12_2017
Maria Elena Boschi

Il caso Boschi costerà caro elettoralmente al Pd. Matteo Renzi lo presagisce ed è disperato per questo. Non sa come uscire dal pasticcio in cui s’è cacciato con quella Commissione d’inchiesta parlamentare sulle banche, da lui caldeggiata, che avrebbe dovuto consentirgli di riabilitarsi agli occhi dei risparmiatori e che invece rischia di provocargli scottature fatali, mettendo in luce in modo ancor più lampante le relazioni da sempre pericolose tra sinistra e mondo bancario.

I fatti sono ormai noti. Il sottosegretario Maria Elena Boschi è sempre più in imbarazzo perché le si imputa di essersi occupata in modo troppo energico di Banca Etruria, il cui vicepresidente era suo padre. Dopo l’audizione del presidente della Consob, Giuseppe Vegas, si addensano altre nubi sull’allora ministro Boschi, accusata di conflitto di interessi per essersi interessata al salvataggio di Banca Etruria, dopo aver dichiarato in Parlamento di non aver fatto alcuna pressione per scongiurare il crack. Matteo Renzi si ostina a difendere il sottosegretario, mentre il Movimento Cinque Stelle, la Lega e Fratelli d’Italia continuano a chiederne le dimissioni. Il premier Paolo Gentiloni dice che Maria Elena Boschi deve rimanere al suo posto e deve ricandidarsi perché ha chiarito la sua posizione, ma tra i dirigenti dem serpeggiano malumori per come la vicenda si sta trascinando e per i devastanti effetti elettorali che può avere. Significativi i silenzi di Minniti, Franceschini, Delrio e altri personaggi di punta del governo.

I precedenti non mancano, perché il rapporto tra Pd e istituti di credito è stato spesso chiacchierato e ha avuto ricadute disastrose in termini di voti.  Nel 2005 Il Giornale pubblicò la famosa intercettazione di Piero Fassino, che chiedeva al Presidente di Unipol se la sinistra sarebbe diventata proprietaria di Banca Bnl ("Abbiamo una banca?"). Quella telefonata svelò il collateralismo politica-finanza e i rapporti torbidi tra Ds, Unipol e Coop, con queste ultime che controllavano e controllano l’assicurazione Unipol e restano tuttora collegate a doppio filo al principale partito della sinistra. Fassino peraltro non aveva commesso alcun reato, mentre nella vicenda di Banca Etruria la Boschi è decisamente più coinvolta visto il ruolo del padre in Banca Etruria. Inoltre, nelle trame Ds-Unipol le scalate non provocarono danni alle tasche di risparmiatori e obbligazionisti. Nonostante tutto, alle elezioni politiche dell’aprile 2006 quella telefonata di Fassino a Consorte, con tutte le sue implicazioni, provocò una perdita di quattro punti percentuali per i Ds. Evidentemente la percezione di una commistione tra politica e banche svogliò molti indecisi dal votare a sinistra.

Più di recente, nel 2013, alla vigilia delle ultime elezioni politiche, Pierluigi Bersani credeva di avere già la vittoria in tasca. La caduta del governo Berlusconi nel 2011 e la disponibilità del Pd a sostenere il governo tecnico presieduto da Mario Monti, apparivano due elementi a favore di un successo elettorale dei dem. Alla fine, però, dalle urne del febbraio 2013 uscì un sostanziale pareggio tra i tre poli (centrosinistra, centrodestra e Movimento Cinque Stelle). Varie le cause, ma certamente anche in quell’occasione pesò uno scivolone di Pierluigi Bersani sul tema del rapporto con le banche, laddove lui escludeva a parole che il Pd se ne occupasse, ma poi fu smentito dalle indiscrezioni sul ruolo di Massimo D’Alema e di altri vertici del suo partito nella vicenda Monte dei Paschi di Siena.

Dunque le ingerenze nelle vicende interne agli istituti di credito non portano bene al Pd, che negli ultimi sondaggi veleggia attorno al 24%, la stessa percentuale raggiunta con Bersani. E non è ancora finita, perché la settimana che si apre domani potrebbe riservare altri grattacapi per il mondo renziano. Davanti alla commissione d’inchiesta presieduta da Pier Ferdinando Casini sono previste le testimonianze del Ministro dell’Economia, Piercarlo Padoan, del governatore della Banca d’Italia Vincenzo Visco e di Federico Ghizzoni, all’epoca dei fatti amministratore delegato di Unicredit. Padoan con ogni probabilità si limiterà a difendere l’operato della Boschi, mentre Visco potrebbe togliersi qualche sassolino dalla scarpa, dopo il trattamento riservatogli da Matteo Renzi, che non voleva la sua riconferma, e Ghizzoni dovrà confermare o smentire quanto rivelato nel suo ultimo libro da Ferruccio de Bortoli.

A quanto pare, uno dei tanti motivi per i quali il Quirinale vuol mettere fine al più presto a questa legislatura è proprio quello di impedire che l’attività della Commissione d’inchiesta sulle banche prosegua, finendo per avvelenare il clima pre-elettorale. Meglio andare subito alle urne, pensa il Quirinale, per far cessare questo gioco al massacro che somiglia tanto a un regolamento di conti tra bande rivali.