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DIRITTI UMANI

Per i giudici inglesi l'Italia (forse) tortura gli immigrati

Un iraniano e tre eritrei chiedono asilo al Regno Unito e non vogliono essere rimandati... in Italia. Paese terribile in cui affermano di essere stati maltrattati. La Corte Suprema inglese dà loro retta e chiede accertamenti. Il nostro governo tace.

Politica 21_02_2014
Corte Suprema britannica

Per il momento non vi è stata nessuna reazione da parte del governo italiano. Quale governo? viene da chiedersi, c’è la crisi… È vero: Matteo Renzi non ha ancora costituito il proprio esecutivo né ha ricevuto la fiducia del Parlamento; ma questo non vuol dire che manchino un presidente del Consiglio, un ministro degli Esteri e un ministro dell’Interno formalmente in carica, in grado di esprimersi e di tutelare il buon nome dell’Italia.

Che cosa è accaduto di così grave? Provo a raccontarlo, riprendendo una notizia dal sito della Bbc. In sintesi: un cittadino iraniano e tre cittadini eritrei chiedono al Regno Unito il riconoscimento dello status di rifugiati; poiché però il territorio nel quale hanno messo piede per primi, dopo aver lasciato gli Stati di origine, non è quello britannico, bensì quello italiano, in applicazione delle norme internazionali sull’asilo vanno riconsegnati all’Italia. Se la Suprema corte inglese avesse confermato quest’indirizzo, non sarebbe stata una notizia: episodi del genere costituiscono ordinaria amministrazione. La notizia invece è finita nel notiziario della Bbc: perché? I giudici di Londra hanno deciso un approfondimento e un riesame del caso: nel corso delle audizioni, i quattro hanno lamentato di aver subito in Italia violenze e maltrattamenti, e comunque di non aver ricevuto cure mediche adeguate. Non è la prima volta che richiedenti asilo denunciano fatti del genere al solo scopo di restare dove si trovano: non è da escludere l’ipotesi – come è accaduto in casi analoghi – che in Gran Bretagna essi abbiano parenti o amici, e ritengano così di poter aggirare le regole che disciplinano la materia.

La notizia è un’altra. La Suprema Corte inglese, se da un lato ha stabilito che l’Italia si presume Stato sicuro per farvi rientrare i quattro profughi, dall’altro ha demandato al ministero dell’Interno britannico di accertare che le loro proteste siano con evidenza infondate. Eccesso di zelo? Regno Unito e Italia fanno parte a eguale titolo di quel Consiglio d’Europa, al cui interno si applica la Convenzione sui diritti, che vieta il trasferimento di richiedenti asilo da un Paese all’altro quando nello Stato di destinazione vi sia il rischio di trattamenti inumani o degradanti. L’accertamento chiesto dall’Alta corte inglese è teso a verificare se questa possibilità in Italia sia reale.

C’è o non c’è materia per motivare una decisa reazione da parte del nostro governo, pur se in scadenza? Negli ultimi anni, per la posizione geografica e per la prossimità alle principali aree di crisi, l’Italia è stata nell’Europa e nel Mediterraneo: a) la Nazione che ha accolto il maggior numero di richiedenti asilo, b) quella che ne ha salvati migliaia da morte sicura, spesso spingendosi con le proprie imbarcazioni ben oltre le acque territoriali, c) quella che ha garantito nell’immediato pasti caldi e screening sanitario; d) quella che si è dotata di una diffusa rete territoriale per rispondere in tempi accettabili alle varie domande presentate. Nulla di comparabile con quanto avviene in altri Paesi che si affacciano nel Mediterraneo: Malta spesso non è nelle condizioni di garantire neanche la primissima accoglienza, a causa della scarsa estensione territoriale e della limitatezza delle risorse. In Francia è ancora vivo il ricordo della chiusura della frontiera a Ventimiglia per impedire che nel marzo 2011 i tunisini giunti in Italia potessero raggiungere persone a loro vicine in terra gallica. E vogliamo parlare della Spagna e dei dodici migranti morti ammazzati qualche giorno fa nel tentativo di superare il confine fra il Marocco e l’enclave di Ceuta?

Tutto questo non per pretendere decorazioni da Sua Maestà la Regina. Ma semplicemente perché sia rispettato un lavoro che coinvolge la generosità di tanti volontari, a fianco dell’impegno delle istituzioni. Si immagini che cosa accadrebbe a parti invertite, se cioè un giudice italiano disponesse di accertare se nel territorio inglese viene praticata la tortura verso i profughi (come ai bei tempi del conflitto irlandese): quando gli altri non riconoscono le realtà, non sarà il caso di farla valere? Non insegnano nulla gli schiaffi che da due anni subiamo senza colpo ferire per i due marò?