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EDITORIALE

Per l'Italia questa è l'unica speranza di un futuro

Al Circo Massimo non si sono date appuntamento le forze che frenano la modernizzazione dell'Italia, ma quelle che rappresentano la possibilità di un futuro. Perché questa è l'Italia che costruisce, che genera figli e li educa, che pensa alle proprie responsabilità prima che a presunti diritti. E proprio per questa responsabilità lotta per difendere i propri figli.

Editoriali 31_01_2016
Family Day 2016

«Una giornata storica», «È stata scritta una pagina di storia», erano ieri pomeriggio i commenti più frequenti che si sentivano al Circo Massimo e dintorni. E davvero è stato un evento storico il Family Day. Una folla straboccante, tantissimi giovani e tantissime famiglie intere con bambini al seguito, un popolo stupito di se stesso.

Eh sì, perché neanche i partecipanti si aspettavano di trovarsi in mezzo a tantissimi altri che vivono e testimoniano quotidianamente l’unicità e la bellezza della famiglia. Dell’unica famiglia possibile, quella fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna e aperta alla trasmissione della vita. Sorpresi, non c’è dubbio: da anni, ogni giorno media, politici, intellettuali e anche alcuni ecclesiastici ci descrivono un paese dove la famiglia non c’è più, dove tutti sono felici in unioni le più strampalate, dove i matrimoni sono un’eccezione. Chi è regolarmente sposato, chi vive il matrimonio nella fedeltà, chi ha dei bambini e ne desidera altri, è ovvio che si sia ormai convinto di essere una presenza residuale nella modernità. E quindi si è giustamente sorpreso di scoprire che invece come lui (o lei) è la maggioranza degli italiani. E pur senza conoscersi ci si è sentiti di appartenere a un popolo.

Eppure questo popolo non viene raccontato da nessuno, né ha nessuno che lo rappresenti davvero (ma di questo parleremo meglio nei prossimi giorni), è un popolo che si è imposto all’attenzione dei media autoconvocandosi, facendo passare le informazioni essenzialmente attraverso la rete. Anche questo è un fattore che contribuisce a scomodare l’aggettivo “storico”.

C’è un secondo aspetto, legato a questo, da sottolineare. Sempre nella narrativa ufficiale, chi si prende la responsabilità di una famiglia stabile e ne difende le ragioni è considerato un retaggio del passato, un freno alla modernizzazione, o anche un difensore dei propri privilegi acquisiti, quando non un razzista.

Ma ciò che emerge dal Circo Massimo è piuttosto un’altra realtà. Non solo questo popolo - con il suo senso di responsabilità, con la stabilità che garantisce, con l’educazione dei figli, con il lavoro in vista di un futuro - è ciò che permette ancora a questo paese di galleggiare. Esso è anche l’unica speranza per il futuro. L’attacco alla famiglia che viene sistematicamente portato da 50 anni a questa parte, con una recente ulteriore accelerazione, ha già fatto crollare la natalità a livelli più che insostenibili, ogni anno si batte il record negativo di nascite e ormai neanche l’immigrazione riesce più a mascherare questa realtà. E non è solo una questione di numeri: chi ha contatti con il mondo della scuola sa quanto la disgregazione crescente delle famiglie comporti problemi di apprendimento e di comportamento nei ragazzi. E si potrebbe continuare.

Le famiglie del Circo Massimo, con la loro testimonianza, rappresentano l’unica ancora di salvezza, l’unica speranza di risalita per l’Italia. In questa piazza ieri c’era il futuro dell’Italia, non il passato, c’era l’Italia che costruisce giorno per giorno, c’era l’Italia che pensa ai doveri che ha prima che ai diritti da lucrare, c’era l’Italia capace di responsabilità nei confronti di tutta la società, e che proprio per questa responsabilità deve difendere i propri figli quando sono minacciati, come nel caso del ddl Cirinnà. 

Il vero problema è che lo capisca chi ha il governo del paese che, comunque vada, non potrà fare finta di non aver visto. E non si accettano furbate, compromessi o simili. Il popolo del Circo Massimo ha detto una parola molto chiara: le unioni civili distruggono la famiglia, il ddl Cirinnà è irricevibile.