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LA COREOGRAFIA DEL TENENTE

Povera Marina, tra taxi del mare e il villaggio turistico

Diverse delle nostre gloriose navi sono declassate a taxi del mare per trasbordare migranti  africani. Ci mancava l'ufficiale danzante e coreografa con una hit da villaggio turistico nata per far danzare i villeggianti a ritmo sudamericano. Dove andremo a finire? 

Attualità 09_08_2020

Aspettiamo ulteriori informazioni per sapere che cosa diavolo le è preso. Il fatto è questo. Una tenente di vascello a Taranto si è presentata nella piazza d’armi in bianca divisa estiva con tanto di sciabola sguainata di fronte ai sottufficiali della Scuola della Marina Militare schierati per il giuramento. E, anziché urlare i secchi e rauchi comandi con cui si ordina l’alzabandiera, ha cominciato a ballare, sì, avete letto bene, al ritmo di Jerusalama, il tormentone estivo di quest’anno, una hit da villaggio turistico nata proprio per far danzare i villeggianti a ritmo sudamericano. A metà strada tra una bossanova e un reggae.

La tenente, dicevamo, non solo si è esibita nella danza suddetta, sempre con la sciabola snudata sulla spalla, ma ha praticamente invitato i neosottufficiali a imitarla, così che alla fine tutta la caserma si è ritrovata a ballare la Jerusalama, con tanto di applauso finale al termine dell’esibizione collettiva. Qualcuno ha ripreso il tutto, e non da telefonino ma da camera fissa provista di audio. E il video è finito su Youtube. dove si vede, dalla precisione dei passi di danza, che la musica era trasmessa dagli altoparlanti della caserma.

Risultato, anche i vertici della Marina hanno visto lo show, così la tenente è finita trasferita di corsa a La Spezia e sono partiti i procedimenti disciplinari nei confronti di tutti i coinvolti. Quand’ero militare io, al giuramento il massimo della trasgressione era gridare in coro il proclama bossiano «l’ho duro!». L’ufficiale recitava al microfono la formula del giuramento, poi concludeva con un roboante: «Lo giurate voi?». E noi, schierati, avremmo dovuto rispondere alto e forte «Lo giuro!». In certe cerimonie la variante goliardica risuonava così netta che l’ufficialità presente e impennacchiata fremeva d’imbarazzo.

Ma lo slogan veteroleghista era pur sempre qualcosa di marziale, per cui veniva tollerato. Giustamente, introdotte le donne nei ranghi in omaggio allo spirito dei tempi nuovi, la prima difficoltà fu proprio quella rispota al giuramento. Una donna, è noto, non può, se non mentendo, scandire «l’ho duro!» coram populo (a meno che non sia un trans, ma ancora, almeno in Italia, non ci siamo). Forse per questo alla tenente della scuola di Taranto è saltato il ticchio dei passi di danza.

Sono stato ospite, da scrittore, dell’Accademia Navale militare di Livorno, dove si formano gli ufficiali. Anche le domande del pubblico, essendo tutti cadetti, venivano poste seguendo un preciso rituale: attenti, nome e grado, richiesta di permesso di parlare. Mio padre, buonanima, era stato sommergibilista durante la guerra e io sono cresciuto coi racconti bellici della, sì, gloriosa marina militare italiana che aveva tenuto orgogliosamente testa a quella imperiale britannica ritenuta imbattibile («rules Britannia all the waves»). E i  cui marinai portavano al collo il fiocco nero in lutto per la morte di Cavour, fondatore della marina nazionale. Oggi, ahimè, diverse delle nostre gloriose navi sono declassate a taxi del mare, come è stato detto, per trasbordare migranti  africani. Ci mancava l'ufficiale danzante e coreografa. Come diceva mio nonno: dove andremo a finire?