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TORINO E ROMA

Procure contro le intercettazioni selvagge. Era ora

La Procura di Torino ha deciso una stretta sull’utilizzo e la diffusione di intercettazioni telefoniche. Le nuove disposizioni torinesi sono state approvate da oltre 50 pubblici ministeri. L’iniziativa segue quella novembre scorso delle Procura di Roma per combattere gli abusi nella diffusione di conversazioni telefoniche.

Politica 17_02_2016
Giudici contro le intercettazioni selvagge

In materia di intercettazioni telefoniche, per colmare i persistenti vuoti creati dalle inerzie del legislatore, alcune Procure sono corse ai ripari. Nel novembre scorso, quella di Roma, guidata da Giuseppe Pignatone, ha dettato alcune norme da seguire, al fine di combattere gli abusi nell’utilizzo e, soprattutto, nella diffusione, anche attraverso i media, di  conversazioni telefoniche. Due giorni fa è stata la volta della Procura di Torino che, in una circolare fortemente voluta dal procuratore Armando Spataro, ha deciso una stretta sull’utilizzo e la diffusione di intercettazioni telefoniche. Le nuove disposizioni torinesi sono state approvate da oltre 50 pubblici ministeri riuniti in assemblea.

Sia l’iniziativa romana che quella torinese vanno nella direzione già auspicata dal governo nel ddl delega approvato dal Parlamento e mirano a contemperare efficacemente tre diritti: quello alla difesa, quello alla privacy e quello all’informazione. La Procura di Roma, alcuni mesi fa, ha delimitato il campo delle registrazioni da inserire nelle carte giudiziarie consultabili da tutti. Ciò al fine di evitare sconfinamenti e usi impropri delle conversazioni di persone non indagate o estranee ai procedimenti penali. Quando non vi sia un’evidente rilevanza ai fini della prova, l’investigatore che ascolta e compila i cosiddetti “brogliacci” dovrà astenersi dal verbalizzare il contenuto delle conversazioni intercettate e rivolgersi, nei casi più dubbi, al pubblico ministero. 

A essere protetti dalle disposizioni varate dalla Procura della capitale sono una serie di dati sensibili, dalle opinioni politiche o religiose alle condizioni di salute alle abitudini sessuali, oltre ai dati di persone che non sono inquisite o che sono state intercettate indirettamente. Protette anche le conversazioni casualmente registrate con soggetti estranei alle indagini. In altre parole, tutto ciò che non è strettamente funzionale all’indagine in corso dev’essere trattato con estrema cautela, al fine di non violare inutilmente la privacy delle persone. Proprio per evitare la divulgazione di materiale non trascritto perché irriIevante al fini processuali e dunque destinato alla distruzione, la Procura di Roma, mesi fa, ha anche disposto nuove regole per il rilascio agli avvocati dei file audio con le registrazioni integrali, cioè di tutte le conversazioni, al fine di bilanciare riservatezza delle parti coinvolte e diritto alla difesa degli imputati. 

L’approccio al problema da parte della Procura di Torino, a distanza di qualche mese, appare analogo. La stretta sull’utilizzo e la diffusione delle intercettazioni telefoniche varata dalla procura di Torino riguarderà anche le richieste di misure cautelari avanzate al giudice durante le indagini. Per tutelare maggiormente la privacy degli indagati è previsto l’obbligo, per i pm, di stralciare dai fascicoli tutte le conversazioni non rilevanti e per di più relative a dati sensibili: stato di salute, orientamenti sessuali, fede religiosa, iscrizione a partiti, sindacati o movimenti. 

I magistrati dovranno svolgere questa funzione in tutte le fasi dell’indagine, a cominciare dalla richiesta di misure cautelari, considerata la più critica dagli avvocati: depositando al giudice gli atti i pm dovranno già in questa fase evitare di inviare al gip le conversazioni irrilevanti e sensibili. Stessa cosa dovrà avvenire al termine delle indagini preliminari: insieme con l’atto con cui si avvisano i difensori del termine delle indagini, e si mette loro a disposizione tutto il materiale, il pm dovrà inviare un latro avviso in cui si elencano gli estremi delle telefonate di cui si vuole chiedere la distruzione che sarà poi ordinata dal giudice. 

I legali, a questo punto, potranno ascoltare le conversazioni in Procura (ma non averne copia) ed eventualmente chiedere al giudice di non distruggere quelle che potrebbero tornare utili alla difesa.  «In tal modo, risulteranno rispettati i principi del contraddittorio tra le parti e il diritto di difesa innanzi al giudice nonché la riservatezza delle comunicazioni e delle conversazioni contenenti dati sensibili comunque non rilevanti a fini di giustizia penale», ha spiegato Spataro.  Alle linee guida, inviate al Garante per la privacy, dovrà attenersi anche la polizia giudiziaria che materialmente raccoglie le intercettazioni e che non dovrebbe trascrivere nelle informative le telefonate irrilevanti e sensibili, limitandosi a segnalarle ai pubblici ministeri.

C’è da sperare che, visto il pantano dei lavori parlamentari, altre Procure si cimentino nella disciplina di un tema così delicato come quello delle intercettazioni, che mette a rischio valori fondamentali come la privacy e il diritto all’informazione e offre ciclicamente esempi di barbarie mediatico-giudiziaria.