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Provvidenza in pensione, largo al prete manager

Teamwork al posto di pastorale, burnout al posto di solitudine da sagrestia, leadership invece di carisma, public speaking invece che omelia. Così si gestisce una parrocchia come fosse un'azienda: con la Scuola di Management pastorale dell'Università Lateranense.

Ecclesia 28_09_2015
Management pastorale

La locandina è decisamente marketing oriented: camicia con colletto, però fuori dai jeans come si conviene ai “ggiovani”, mano destra in tasca, maniche arrotolate, ciuffo da tirabaci. Il soggetto è un prete supergiovane. Il messaggio è che una Chiesa moderna deve essere al passo coi tempi. E i tempi sono fatti e scanditi dalle dinamiche d’impresa: teamwork al posto di pastorale, burnout al posto di solitudine da sagrestia, leadership invece di carisma, problem solving al posto della cara e vecchia Provvidenza che in qualche modo interverrà. E da ultimo exit strategy in luogo di una più semplice e ragionevole soluzione alla “Viva il parroco”. 

Chissà se il santo curato d’Ars, fino a ieri modello di sacerdote e pastore d’anime, non si sentirà scalzato da quel don Chicì che faceva impazzire don Camillo?

Alla Pontificia Università Lateranense incomincerà il prossimo 26 ottobre la Scuola Internazionale di Management Pastorale. Avete capito bene: siccome la parrocchia è più o meno come un’impresa, bisogna attrezzarsi. Alla Lateranense, per altro l’università del Papa, l’appellativo tornerà comodo più avanti, stanno facendo le cose in grande. 

A cominciare dall’affidare al Creativ, una cooperativa sociale nata in ambito cattolico a Reggio Emilia, la guida di questa scuola di alta specializzazione e  il coordinamento al suo presidente Giulio Carpi. I docenti sono tutti, si legge, manager e consulenti di direzione con alle spalle una provata esperienza imprenditoriale. 

Chiariamo subito un probabile malinteso. La mission sarà questa: «Management al servizio della pastorale. Non per mondanizzare la missione della Chiesa, ma al contrario sostenerla con la luce della ragione e della ricerca». La scuola è rivolta a chi ha responsabilità dirigenziali o gestionali all’interno di parrocchie, diocesi, enti e organizzazioni no profit che si muovono all’interno del panorama ecclesiale per accompagnarli a svolgere con consapevolezza e professionalità il loro ruolo. 

I preti dunque. Ma non solo. Chiunque per una ragione o per l’altra si troverà a gestire una qualunque attività in parrocchia: dal catechista all’allenatore della locale squadretta di calcio. Preti manager dunque? Sì. Il vasto materiale informativo pubblicato sul sito www.pul.it lo ammette candidamente: «Molti giovani sacerdoti sono generosi - spiega il Rettore Magnifico dell’Università del Papa Enrico dal Covolo -, ma non riescono ad affrontare situazioni problematiche legate alla loro leadership». 

Si scomoda persino San Giovanni Bosco, che veniva chiamato «l’imprenditore di Dio». E si cita l’invito di Papa Francesco a Caserta a non restare fermi perché come l’acqua che non scorre anche il cristiano fermo si corrompe. 

Un’analisi sulla situazione attuale giustifica il corso di laurea: «Le comunità in cui operiamo da un lato sono sconvolte dall’incertezza economica che impone una complessità di azioni pastorali, dall’altro, queste ultime, devono anticipare e fronteggiare situazioni che certo non ne facilitano l’efficacia come ad esempio: le risorse scarse, l’unione di più parrocchie e attività istituzionali sempre più difficili da gestire mantenendo elevati standard di servizio, attività di mercato sottoposte a sempre maggiori pressioni competitive da parte dei soggetti pubblici e privati e gestione impegnativa dei dipendenti laici qualificati».

E voi che pensavate che il problema fosse la sistematica mancanza di fede del santo popolo di Dio. Ora, alzi la mano chi non ha pensato, soprattutto al passaggio sugli “standard di servizio”, a quei corsi anni ‘80 che si facevano in Bocconi durante l’epopea della Milano da bere?

Eppure tutto questo verrà proposto ai sacerdoti per cercare di farli diventare dirigenti, sperando che ad essere pastori abbiano già imparato durante gli anni del seminario. I professionisti di Creativ hanno già stilato il calendario 2015-2017. Si inizia con “progettare i bisogni pastorali della comunità”. Qui la Regula Benedicti viene indicata come manuale d’impresa. 

Si parla anche di business plan. Eh sì, anche una parrocchia dovrà avere a che fare con stakeholder, break even point e fundraising per reperire risorse economiche attraverso campagne di raccolta fondi. Si parlerà anche di gestione dei beni ecclesiali e di che cosa potrebbe accadere se improvvisamente la Chiesa non avesse a disposizione l’8 per mille. 

Nell’euforia da slang new economy non manca il public speaking, deve essere un sostituto moderno dell’omelia, ormai diventata per molti preti un gigioneggiare stantìo, e l’utilizzo del learning creative method, «una metodologia innovativa per accendere le creatività e motivare le persone ad un approfondimento intenzionale». Praticamente quello che è successo nel Cenacolo con la discesa dello Spirito Santo. Solo che qui il Paraclito è rigorosamente botton down e mangia macrobiotico in pausa pranzo perché è più cool

 

Vedremo come si declineranno le più elementari problematiche pastorali con questo ambizioso progetto. E soprattutto quanto del carisma di un sacerdote non verrà snaturato per raggiungere standard di produzione. Ad esempio: l’obolo della povera vedova in fondo alla chiesa sarà incassato o, non rientrando nei budget trimestrali verrà accantonato a fondo rischi?

 

E le messe? Caleranno in tutte le parrocchie per razionalizzare i costi di gestione? E che cosa dire del catechista: se in ritardo per più di due sabati scatterà l’ordine di servizio e la conseguente ritorsione della Rsu parrocchiale?   

 

Speriamo solo che, essendo la Lateranense “L’università del Papa” non si prenda a modello l’invito che Francesco ha fatto nell’aprile scorso al Regina coeli: «Quanti hanno la missione di guide nella Chiesa – sacerdoti, vescovi, papi – sono chiamati ad assumere non la mentalità del manager ma quella del servo, a imitazione di Gesù che, spogliando sé stesso, ci ha salvati con la sua misericordia». 

 

Con le locandine già stampate e le iscrizioni già aperte sarebbe un peccato tutto questo sforzo. Anzi: sarebbe un investimento abbondantemente al di sotto del benchmark prefissato.