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FARC-CHAVEZ

Quando Chavez "affogava nella cocaina" gli Usa

Braccio di ferro fra la magistratura della Spagna e quella degli Usa per l'estradizione di Hugo Carvajal, ex capo dell'intelligence venezuelana, poi passato all'opposizione. Può essere lui la prova vivente di quel che si sospettava: che il regime di Chavez, ereditato da Maduro, è coinvolto nel narcotraffico fino ai massimi livelli

Esteri 17_09_2019
Medellin (Colombia) protesta contro le Farc e Chavez nel 2008

Braccio di ferro fra la magistratura della Spagna e quella degli Usa per un importante caso di estradizione, quello dell’ex capo dell'intelligence venezuelana Hugo Carvajal. E’ accusato dagli Usa di aver favorito il narcotraffico. Ma è stato liberato dalla Spagna, anche perché, nel frattempo, è diventato un oppositore del regime di Maduro. Può essere lui la prova vivente di quel che si sospettava da tempo: che il regime di Chavez, poi ereditato da Maduro dal 2013, è realmente coinvolto nel narcotraffico fino ai massimi livelli, come documenterebbe l’accusa formulata dalla magistratura statunitense.

La Corte Nazionale di Madrid ha scarcerato Carvajal ieri, respingendo la richiesta di estradizione negli Usa. Carvajal era già stato arrestato una prima volta nel 2014, su richiesta degli Usa ad Aruba (Indie occidentali olandesi), ma a causa della pressione del regime di Maduro era stato scarcerato subito dopo. In Spagna è stato preso lo scorso aprile, dalla polizia spagnola sempre su incriminazione statunitense per un reato di traffico internazionale di droga. Nel frattempo erano cambiate molte cose.

Carvajal era il comandante dell’intelligence ed era uno degli uomini più vicini a Hugo Chavez, ai vertici del suo regime bolivariano sin dai primi anni 2000. Nel 2008 era stato colpito da sanzioni individuali del Dipartimento del Tesoro statunitense perché accusato di facilitare spedizioni di droga dalla Colombia, tramite i guerriglieri marxisti delle Farc. Con la successione da Chavez a Maduro era rimasto fedele al regime e aveva conservato la sua influenza, venendo eletto deputato, per il partito del presidente, nelle contestatissime elezioni del 2016. Tuttavia, all’inizio di quest’anno, in febbraio, si è pubblicamente dissociato dal regime di Maduro e ha invitato le forze armate a passare dalla parte dell’oppositore Juan Guaidò. In teoria dovrebbe godere dell’amnistia promessa sia da Guaidò che dall’amministrazione Trump per gli ufficiali del regime che passano dalla parte dei democratici. Il suo arresto in Spagna è avvenuto meno di due mesi dopo la sua defezione. Per questo il suo caso è quantomeno complesso, perché arrestare un ufficiale pentito e passato dalla parte dei democratici potrebbe scoraggiare qualunque altra defezione. Al tempo stesso, garantire l’impunità a un fedelissimo di Chavez accusato di reati così gravi, potrebbe essere un duro colpo alla credibilità degli Usa e della loro pluri-decennale lotta alla droga.

Tuttavia, ad interessare l’opinione pubblica sono gli stessi documenti dell’incriminazione, preparati dall’accusa del tribunale federale di New York Sud, basati su testimonianze attendibili e di alto livello. Domenica sono stati pubblicati, riassunti, dal quotidiano statunitense Wall Street Journal e dallo spagnolo El Mundo. Secondo questi testimoni, Chavez in persona, nel 2005 (quando Carvajal era a capo dell’intelligence) avrebbe promosso attivamente la spedizione di droga negli Usa per “affogarli nella cocaina”. Una strategia deliberata, volta soprattutto a destabilizzare il paese degli “yankees”, considerando il forte impatto sociale, potenzialmente devastante, di un arrivo massiccio della polverina bianca. L’intelligence venezuelana e le forze paramilitari del paese, sebbene non coinvolte direttamente nel traffico, lo avrebbero “facilitato”. Il governo del Venezuela avrebbe consentito la vendita di droga delle Farc, il movimento di guerriglia marxista colombiano, in cambio di una spartizione dei profitti e di forniture di armi.