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LEGGE RITARDATA

Radicalismo, i deputati snobbano la prevenzione

Dietro al successo di intelligence dei nostri inquirenti, testimoniato dagli ultimi arresti ci sono però le difficoltà a prendere sul serio il radicalismo islamico. Oltre alla mentalità dei giudici bisognerebbe cambiare anche quella dei politici. Il testo per la prevenzione culturale al radicalismo islamico era pronto per la votazione finale, ma i capigruppo hanno dato la precedenza ad altro e così la legislatura si è chiusa. Intervista al magistrato Stefano Dambruoso. 

Politica 06_04_2018

Nei giorni scorsi abbiamo analizzato la situazione italiana in merito al contrasto al terrorismo islamista commentando i recenti arresti effettuati dalle autorità italiane prima di Pasqua. Si tratta di vaste azioni che hanno evidenziato la preparazione della rete degli inquirenti italiani nell’intercettare quei pericoli che possono venire dalla propaganda attraverso i social. Ma abbiamo anche visto che – come ha spiegato il magistrato ed ex sottosegretario agli Interni Alfredo Mantovano – a fronte di una preparazione in fase inquirente che l’Europa potrebbe invidiarci, quello che manca al sistema italiano di repressione è una certa preparazione dei giudici in fase giudicante, che spesso non comprendono appieno la potenziale pericolosità di un gruppo o anche solo dei cani sciolti che fanno propaganda jihadista a livello domestico.

Secondo il magistrato ed ex parlamentare Stefano Dambruoso le operazioni di questi giorni “sono il frutto di una capillare opera di intelligence a partire da Digos e Ros, iniziata da tempo che si è concretizzata in vista della Pasqua. La preparazione dei nostri magistrati e forze dell’ordine è frutto di un know how maturato grazie ad una storia di intelligence che affonda le sue radici negli anni di piombo”. In poche parole: l’aver avuto fenomeni eversivi, di destra e di sinistra negli anni di piombo, ha contribuito a creare una sempre maggior attenzione e preparazione dei nostri investigatori. “Infatti – spiega alla Nuova BQ - la creazione della figura del magistrato specializzato è stata di un’importanza decisiva nel contrasto ai fenomeni terroristici”, ha proseguito.

Con accenti diversi però, anche Dambruoso conferma che quello che manca è una specializzazione del magistrato giudicante. “E’ vero come ricorda l’associazione magistrati che è impossibile andare incontro alle esigenze di specializzazione dei giudici su ogni singolo crimine, ma è altrettanto vero che, ad esempio, la specializzazione dei giudici nel campo del lavoro, è servita per creare una cultura positiva. Allo stesso modo servirebbero dunque dei giudici specializzati sul rischio dell’islamismo o comunque esperti di offensiva di matrice islamista. Sarebbe auspicabile, al di là dell’evidente problema di reperimento delle risorse”.

Ma l’aspetto di cambio di mentalità non è riferito solo ai giudici. Si tratta anche di un cambio di mentalità politico culturale sulla crescente radicalizzazione islamica che è ormai decisivo e improcrastinabile.

Dambruoso infatti ricorda di essere stato protagonista proprio a fine legislatura di un passaggio decisivo in tal senso con la mancata approvazione del Ddl 3558 dedicato proprio a rafforzare ed organizzare il contrasto alla radicalizzazione islamista. Una proposta di legge che lo ha visto come primo firmatario assieme al collega del Pd Andrea Manciulli e che è stata approvata alla Camera, ma che è arrivata ad un soffio dal via libera anche in Senato.

“Dopo aver introdotto norme repressive nel 2015 con nuove forme di reato come l’auto addestramento e il proselitismo on line, mancava nel nostro ordinamento la parte della prevenzione al radicalismo islamico per stroncare sul nascere ogni tipo di focolaio jhiadista”.

Ebbene: Dambruoso si è così fatto promotore di una proposta di legge mirante a sviluppare una cultura di dialogo interculturale e interreligioso con “quella fascia sempre più crescente che riguarda le seconde e terze generazione di origine araba, che acquisiranno la cittadinanza nel corso degli anni come accaduto in Francia e che rischiano più di altri di vivere una emarginazione sociale. Così abbiamo predisposto iniziative presso le scuole nelle carceri per sviluppare al massimo il dialogo”. Insomma, la prevenzione prima della repressione.

Ma il Ddl non è passato. Dopo il via libera della Camera e l’intero iter in commissione al Senato, il provvedimento si è fermato proprio prima del voto in aula. “E’ mancato il tempo per votarlo perché nel frattempo è sopraggiunta la fine della legislatura”, si limita a dire Dambruoso non senza nascondere un pizzico di contrarietà. Una mancanza di sensibilità dei parlamentari? “Direi piuttosto una valutazione diversa di chi doveva stabilire la calendarizzazione degli ultimi provvedimenti indispensabili prima dello scioglimento delle Camere i quali hanno ritenuto prioritari altri temi rispetto a questo del terrorismo”, è la risposta serafica di Dambruoso che non esita a tirare in ballo i capigruppo.

Eppure il provvedimento poteva dare un contributo anche di tipo culturale alla percezione del fenomeno soprattutto domestico del radicalismo islamico, il più difficile da intercettare. Il testo infatti, già votato alla Camera e che ora dovrà trovare altre gambe per la sua approvazione definitiva a palazzo Madama, prevedeva per gli appartenenti alle Forze di polizia, appositi corsi di formazione tesi a riconoscere e a interpretare segnali di radicalizzazione e di estremismo jihadista, ma anche l’istituzione, con decreto del Ministro dell’interno, del Sistema informativo sui fenomeni di radicalismo jihadista, nel quale avrebbero dovuto confluire tutte le informazioni su soggetti e le situazioni da monitorare per un efficace contrasto dei fenomeni terroristici.

Persino l’aspetto educativo non era tralasciato: dai corsi in ambito scolastico, con un monitoraggio delle iniziative degli istituti, alla realizzazione di un portale informativo sui temi della radicalizzazione e dell’estremismo jihadista diretto a diffondere anche narrativa alternativa e contro-narrativa.

Attualmente però il Ddl è ancora fermo e servirebbe che i neo senatori appena insediati andassero a rispolverarlo per farlo camminare fino all’approvazione finale.