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LOTTIZZAZIONE

Rai, stallo su Foa. Solito teatrino politico televisivo

I cittadini fanno sempre più fatica a capire quello che sta succedendo in queste ore a proposito del rinnovo dei vertici Rai. Salvini insiste sulla nomina di Foa a presidente, Berlusconi non vuole, la maggioranza qualificata nella Vigilanza manca. Ma si continua a trattare. Solito teatrino dei partiti per il controllo della Tv pubblica.

Politica 02_08_2018
Marcello Foa

I cittadini fanno sempre più fatica a capire quello che sta succedendo in queste ore a proposito del rinnovo dei vertici Rai. Le attuali forze di governo avevano proclamato solennemente la liberazione della tv pubblica dalle ipoteche paralizzanti della politica, ma le diatribe attorno alla nomina del Presidente designato dal Ministero dell’Economia, Marcello Foa, danno la rappresentazione plastica di quanto ancora la politica pretenda di mettere le mani sulla Rai, a prescindere dal colore rosso, azzurro o giallo-verde.

Perché si è creata l’attuale paralisi? Semplice. La legge di riforma della Rai approvata a fine 2015, in piena era renziana, prevede che "la nomina del presidente del consiglio di amministrazione è effettuata dal consiglio medesimo nell'ambito dei suoi membri e diviene efficace dopo l'acquisizione del parere favorevole, espresso a maggioranza dei due terzi dei suoi componenti, della Commissione parlamentare di vigilanza". Siccome la Commissione è composta da 40 membri, occorrono almeno 27 voti favorevoli al candidato presidente, quindi un’ampia convergenza tra forze di maggioranza e forze di opposizione.

Foa, scelto soprattutto da Matteo Salvini, che non riesce a farlo digerire a Silvio Berlusconi e a Forza Italia, ha raccolto ieri in Commissione di vigilanza 22 voti favorevoli (hanno votato in 23, per cui c’è stata una scheda bianca). Che cosa potrebbe succedere ora? Il segretario del Carroccio e Ministro dell’Interno non molla e sta nuovamente provando a convincere il leader di Forza Italia a votare Foa e c’è chi pronostica che alla fine ce la farà, cedendo in cambio qualcosa (qualche direttore di rete o di tg vicino alle posizioni azzurre?). Se così fosse, nulla sarebbe cambiato. E' la solita Rai governata con il bilancino della spartizione tra partiti, nonostante il Presidente della Camera, Roberto Fico, anche nei giorni scorsi, non abbia mancato di sottolineare il suo disappunto per il metodo seguito da Lega e Cinque Stelle nel rinnovo dei vertici della tv pubblica.

Va ricordato che, sempre in base alla legge del 2015, i membri del consiglio di amministrazione Rai sono cosi' individuati: due eletti dalla Camera dei deputati e due eletti dal Senato della Repubblica, con voto limitato a un solo candidato; due designati dal Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, conformemente ai criteri e alle modalità di nomina dei componenti degli organi di amministrazione delle società controllate direttamente o indirettamente dal Ministero dell'economia e delle finanze; uno designato dall'assemblea dei dipendenti della Rai-Radiotelevisione italiana Spa, tra i dipendenti dell'azienda titolari di un rapporto di lavoro subordinato da almeno tre anni consecutivi, con modalita' che garantiscano la trasparenza e la rappresentativita' della designazione stessa.  Facile intuire quanto la tv pubblica, con questo meccanismo introdotto dalla legge del 2015, finisca per essere condizionata dalla maggioranza di governo, ancora di più di quanto non sia accaduto con le precedenti normative.

Foa è uno dei due designati dal Consiglio dei ministri insieme con Fabrizio Salini, che diventerà amministratore delegato della Rai. Se Foa non dovesse superare il fatidico scoglio dei 27 voti in Vigilanza, avrà di fronte a sé due strade: dimettersi anche da consigliere oppure rimanere in consiglio, ma con un altro presidente, che dovrebbe essere scelto tra gli altri 5 consiglieri (escludendo, per l’appunto, Salini, destinato al ruolo di a.d.). Intanto, in base alla legge, Foa, in quanto consigliere anziano, in mancanza di un vicepresidente, continuerà a presiedere il consiglio d’amministrazione fino a quando in Vigilanza uno degli altri consiglieri non raggiungerà i due terzi dei componenti per essere nominato presidente.

Siccome Salvini si ostina a riproporre il nome di Foa, dal Quirinale trapela una certa irritazione. Si lascia intendere che Mattarella vedrebbe come uno strappo e una forzatura politico-parlamentare l’eventuale ostinazione di Foa a restare su quella poltrona nonostante il voto contrario della maggioranza della Vigilanza, che non ha ratificato la sua nomina, decisa dal consiglio di amministrazione di Viale Mazzini.

Ma al di là della figura di Marcello Foa rimane il metodo usato da Lega e Cinque Stelle per indicare i vertici della tv pubblica: nessuna consultazione delle opposizioni, come era pratica comune in passato, soprattutto per quanto riguarda la scelta del Presidente. Sul controllo della Tv pubblica si sta comunque consumando uno scontro aspro e senza esclusione di colpi all’interno del centrodestra. Pare che Salvini voglia andare fino in fondo, anche a costo di mandare in frantumi un’alleanza che peraltro sta dando prova di buon governo in varie regioni del nord Italia. Berlusconi e i suoi non intendono farsi fagocitare dal Carroccio e dunque preferiscono resistere piuttosto che avallare ogni scelta fatta dagli uomini di Salvini. E quella di Foa per la presidenza Rai è in realtà solo l’ultima delle designazioni unilaterali da parte della Lega.