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IL CASO

Rifiuti a Roma, un caos figlio di amministrazioni scellerate

C'era un tempo in cui Roma era pulita e senza immondizia per la strada. Ma dalle giunte Rutelli e Veltroni in poi è stato un susseguirsi di scelte autolesioniste che hanno portato alla situazione attuale, aggravata dall'incompetenza dell'attuale giunta. E il peggio è che non si vede chi a Roma potrebbe risolvere la situazione.

Cronaca 12_01_2018
Rifiuti a Roma

Nei miei verdi anni Roma era una città pulita. Con alcuni amici, quando si usciva di sera, si cercava di capitare poco dopo la mezzanotte a piazza Esedra, per assistere alla discesa lungo via Nazionale delle autobotti che, seguite da un certo numero di spazzini muniti di ramazze, lavavano la strada. L’appalto della Nettezza urbana era allora gestito dalla ditta Tudini & Talenti, che se l’era aggiudicato – credo – attraverso un pubblica gara. Le strade non erano solo senza immondizia, ma anche ben pulite.

La destinazione finale dei rifiuti raccolti era già la discarica di Malagrotta, da dove l’ottimo avvocato Cerroni organizzava, con il supporto dei politici, la gestione della monnezza. Cerroni è stato, ed è, l’unico grande cervello dell’igiene a Roma; naturalmente, non un pubblico amministratore ma un imprenditore privato, che secondo norme e natura ha avuto ed ha come interesse primario quello della sua azienda. Non un diavolo né un malfattore, quindi, ma un attento e a volte spregiudicato utilizzatore a proprio vantaggio delle assai consistenti debolezze e delle grossolane incompetenze di Sindaci e di Assessori.

Non voglio fare una storia della pulizia di Roma: salto quindi alle gestioni della coppia di sinistra Rutelli-Veltroni e alle giunte regionali di sinistra, durante le quali fu perfezionata e incrementata la scelta di Malagrotta e di Cerroni, anche attraverso atti kamikaze e spesso illegittimi delle Giunte, ai quali non mancò, secondo la prassi del Campidoglio, l’assenso (naturalmente disinteressato!) delle opposizioni; uguali distrazioni si verificarono da parte di Provincia e Regione, e così fu: aumentata varie volte la capienza di Malagrotta; assunto in proprio dal Comune l’onere (ingente) per il post mortem della discarica; assentita la costruzione di un inceneritore ad Albano, addirittura costituendo allo scopo una società tra ACEA, AMA e Cerroni; autorizzate la costruzione e l’entrata in servizio di un “gassificatore” a Malagrotta, dalle prestazioni assai dubbie; dimenticato di diminuire le tariffe per il conferimento in ragione dell’aumento della cubatura assentita, come previsto dalla legge regionale; e ho solo cominciato, senza neanche consultare appunti.

A questo punto devo dar conto di una certezza, secondo me e secondo gli studiosi seri di questi problemi, purché sani di mente: l’unica possibile soluzione per risolvere il problema dei rifiuti a Roma, è costruire un sistema di incenerimento, sul tipo di quelli di Milano, Brescia, Parigi, Vienna, Montecarlo e di molte altre grandi città del mondo. A nulla infatti possono servire le imbecillità sulla raccolta differenziata, propalate da chi ha interessi (politici o d’altro genere) a mantenere la pletora di soggetti coinvolti nelle operazioni e a trovare ricoveri fuori regione o all’estero a costi astronomici. Questo non si è mai voluto fare: d’altro canto, l’indisponibilità delle giunte di sinistra a prevedere la realizzazione di un sistema di incenerimento era motivata anche dalla presenza in maggioranza dei verdi, saldamente ancorati a stolidi pregiudizi apodittici contro la tecnologia.

Alemanno aveva inserito nel suo programma la realizzazione di quattro inceneritori; come per molti altri punti del programma non ne fu fatto nulla, visto che le buone intenzioni del Sindaco furono vanificate da quei consiglieri birbaccioni e/o ignoranti che determinarono anche l’insuccesso complessivo del suo mandato. Anche Marino, per quel che contò quell’esperienza, non concluse nulla; dico meglio, si fece prendere pesantemente per i fondelli dall’avvocato Cerroni, al quale era stata chiusa Malagrotta (per mancata acquiescenza? È un’ipotesi, ma anche l’unica credibile, se la Giunta che l’operò era sostenuta dalle stesse forze che allo stesso avvocato tanti favori avevano fatto durante un quarto di secolo). Infatti, avendo deciso di costruire una nuova discarica, trovò che tutti i terreni giudicati adatti erano sotto il controllo dell’avvocato. Naturalmente non se ne fece nulla, e la situazione rimase la stessa.

Tanto più immodificabile, in quanto nel frattempo intervenne una legge regionale vergognosa - venuta a valle di una ancora più vergognosa conclusione del documento di chiusura dell’emergenza regionale a suo tempo dichiarata - che costituiva il piano regionale dei rifiuti del 2009. I giudizi pesanti e l’affermazione critica derivano, tanto per cominciare, dall’errata quantificazione della quantità di rifiuti prodotti, in difetto per circa 50 tonnellate al giorno.

A questo quadro sconfortante si aggiunge la situazione dell’AMA. Alemanno la trovò sull’orlo del fallimento, appesantita da personale in eccesso in certa parte nullafacente, smagrita dalla forte evasione (si stima almeno il 45% delle tariffe), dissanguata da una pletora di piccoli finanziamenti contratti con banche diverse, a diverse scadenze e a tassi diversi: il tanto vituperato Panzironi la salvò dal fallimento ristrutturando il debito, che oggi ha ripreso a disarticolarsi e frammentarsi, oltre ad aumentare vertiginosamente. Ma l’AMA rappresenta un consistente patrimonio elettorale, e quindi nessuno si è preso la briga di intervenirci sopra con la necessaria fermezza.

E arriviamo alla Raggi; la quale, a mio avviso, è gravata dalle colossali insipienza e incapacità sua e dei suoi collaboratori, e non sa (non sanno) come e dove intervenire. Da questo stato di cose nascono le proposte stravaganti e le iniziative irresponsabili di questi mesi. Ma dovrebbe essere chiaro che per risolvere il problema dei rifiuti di Roma occorre qualcuno che: non abbia problemi ad ammettere nei suoi particolari la situazione attuale; non abbia interessi propri o di partito da tutelare, pregressi o in corso; abbia la competenza necessaria per risanare la gestione del settore; e sia dotato di sufficiente capacità amministrativa per gestire la situazione.

Non la Raggi, dunque, né alcuno dei politici romani conosciuti. A Roma non resta che pregare e sperare che arrivi qualcuno capace e onesto.