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IL VOTO SULLA PIATTAFORMA GRILLINA

Rousseau incorona Conte, "sì" al governo giallorosso

Oltre 79.000 iscritti a Rousseau si sono espressi ieri sull’accordo 5 Stelle-Pd, votando a favore del Conte bis per il 79,3%. Il premier incaricato potrebbe presentare già oggi a Mattarella la squadra di governo: ancora incerte caselle come il Tesoro e gli Esteri. Il centrodestra grida al “golpe”, mentre l’Ue e i poteri finanziari internazionali stanno con il nascente esecutivo.

Politica 04_09_2019

Il nascente governo giallo-rosso supera la prova Rousseau. Sulla piattaforma grillina gli iscritti, che sono 115.000, hanno votato in massa ed è stato raggiunto un nuovo record di votazioni online. Oltre 79.000 si sono espressi sul seguente quesito: «Sei d'accordo che il MoVimento 5 Stelle faccia partire un Governo, insieme al Partito Democratico, presieduto da Giuseppe Conte?».

A dire “sì” sono stati il 79,3% dei votanti, mentre il “no” ha raccolto il 20,7%. Una sorta di plebiscito, anche se sulla trasparenza e la regolarità delle votazioni sulla piattaforma Rousseau già in passato erano state espresse molteplici riserve anche dall’Autorità garante della privacy. In verità, già dopo due ore dall’apertura dei seggi telematici si era registrato un boom, salutato con toni trionfalistici da Davide Casaleggio e, alle 16, due ore prima della chiusura dei seggi elettronici (rimasti aperti dalle 9 alle 18) avevano votato 73.000 aventi diritto.

Nelle precedenti votazioni sulla piattaforma Rousseau mai erano stati raggiunti questi numeri, il che la dice lunga sulla potenza di Beppe Grillo che, dopo mesi di letargo, è tornato a scuotere la base. Mentre il popolo grillino votava in Rete, il presidente del Consiglio incaricato definiva la squadra di governo che già oggi potrebbe presentare al presidente della Repubblica, sciogliendo quindi la riserva.

Alcune caselle come il Tesoro e gli Esteri sono ancora in bilico, ma più o meno il puzzle si va componendo e tra Pd e Cinque Stelle sarebbe stato trovato un accordo in grado di accontentare tutti. Anzi, c’è chi parla già di alleanza politica, destinata a essere riprodotta anche in chiave locale, a partire dalle prossime elezioni amministrative in alcune regioni tradizionalmente rosse come l’Emilia Romagna.

Si fa strada anche l’ipotesi di alcuni tecnici di livello graditi a entrambi i partiti, il che consentirebbe di svelenire un po’ il clima assai aspro che si era creato negli ultimi giorni. E si sono registrati ieri anche alcuni colpi di scena, come la rinuncia del numero due del Pd, Andrea Orlando, che si è sfilato e ha fatto sapere che non farà parte della compagine del governo, nonostante l’offerta ricevuta dal segretario Nicola Zingaretti.

Ma se il mosaico della compagine governativa si sta componendo in queste ore, rimane l’incognita del Senato. Ieri si sono rincorse voci di dissidenti pentastellati pronti a salire sul carro leghista per far mancare i numeri a Palazzo Madama e impedire la nascita del Conte bis. Si tratta di senatori già in rotta di collisione con lo stato maggiore grillino e quindi certi di non essere più ricandidati. Probabilmente con il centrodestra, in caso di elezioni in tempi brevi, visti i sondaggi favorevolissimi al fronte sovranista, potrebbero guadagnarsi la candidatura e la rielezione.

Ma ieri sera Luigi Di Maio, in una conferenza stampa convocata per commentare i risultati della votazione online sulla piattaforma Rousseau, ha espresso il convincimento che il governo durerà a lungo, anche per condurre in porto a breve la riforma per la riduzione del numero dei parlamentari e gli altri 19 punti contenuti nel programma presentato nei giorni scorsi dal Movimento Cinque Stelle.

Il centrodestra grida al “golpe” e si dice pronto a scendere in piazza per rivendicare il sacrosanto diritto di votare. La verità è che l’Unione europea e i mercati stanno con il nascente governo. Ieri lo spread è sceso a 158 punti, a riprova della fiducia che le cancellerie europee, le agenzie di rating e i poteri finanziari internazionali ripongono nella nuova inedita alleanza giallo-rossa. Ora, però, il nuovo esecutivo, non appena otterrà la fiducia, dovrà subito occuparsi della manovra finanziaria, disinnescare le clausole per l’aumento dell’Iva e varare misure per rilanciare la crescita. Gli ultimi dati documentano una stasi del sistema Italia.

La congiuntura europea sfavorevole (anche la Germania è in affanno) non può giustificare la prolungata agonia del nostro sistema produttivo. Sarebbe davvero auspicabile che nei posti chiave del nuovo esecutivo possano sedere personalità di alto profilo in grado di individuare le scelte migliori per il bene del Paese. Le diatribe degli ultimi giorni tra Pd e Cinque Stelle non appaiono il miglior viatico per la ripresa dell’Italia.