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San Salvatore, una chiesa per sconfiggere gli ariani

La chiesa di Gesù Salvatore a Pavia. Dopo la conversione del vescovo Anastasio, era stata sconfitta l’eresia ariana e la costruzione della nuova chiesa intendeva concretamente affermare, attraverso questo generoso atto di fede del sovrano, la regalità di Cristo.

Cultura 11_11_2017

E’ Paolo Diacono, nella sua Historia Langobardorum, a citare per la prima volta l‘oratorio che re Ariperto I fece erigere, tra il 653 e il 662, in quel di Pavia in onore di Gesù Salvatore. In città, in seguito alla conversione del vescovo Anastasio, era stata sconfitta l’eresia ariana e la costruzione della nuova chiesa intendeva concretamente affermare, attraverso questo generoso atto di fede del sovrano, la regalità di Cristo.

Fu poi l’imperatrice Adelaide, venerata come santa dalla chiesa cattolica, a insediarvi, intorno al 962, una comunità cluniacense di benedettini cui subentrarono, circa cinquecento anni più tardi, altri benedettini dell’obbedienza di santa Giustina a Padova: è a questi ultimi che si deve la conformazione attuale del complesso, divenuto parrocchia nei primi decenni del XX secolo.

L’impianto è classico, a croce latina con tre absidi e due navate laterali su ciascuna delle quali si affaccia una teoria di sei cappelle. Nel punto dove navata e transetto s’incrociano, s’innesta il tiburio ottagonale, elemento tipico della tradizione romanica lombarda.  La facciata è in laterizio ed è tripartita da contrafforti: nella parte centrale si concentrano le due aperture principali, ovvero il bel portale rinascimentale, sormontato da timpano, e l’oculo sovrastante.

L’interno è riccamente decorato: in forma esplicita o simbolica l’immagine dominante ricorrente è quella di Cristo Salvatore che compare, affrescato o scolpito, col nimbo crociato  o col globo nella mano sinistra, sulle pareti o nelle chiavi di volta. Figure simboliche tratte dal bestiario cristologico, come il delfino, decorano i bei capitelli dorati.

Animali fantastici, arabeschi, fogliame vario e figure di santi popolano i pilastri sopra i quali corre un fregio continuo da cui fanno capolino angeli musicanti e tondi con ritratti di monaci benedettini. La colomba dello Spirito Santo, tra raggi dorati, segna il punto più alto della cupola sulla quale si sviluppa la calotta celeste popolata da cherubini che spuntano da piccole e bianche nuvole.

Sul finire del secondo decennio del Cinquecento venne decorata la cappella a sinistra dell’altare maggiore intitolata, come da tradizione, al santo fondatore dell’ordine, in questo caso San Benedetto che compare a figura intera nell’affresco della pala d’altare, ormai molto rovinato. La sua storia e i fatti salienti della sua vita sono raccontati sulle pareti circostanti.

In posizione simmetrica si apre la cappella dedicata a un santo particolarmente caro ai benedettini, Martino di Tours, che proprio a Pavia trascorse la sua giovinezza. Divenuto militare, di stanza ad Amiens si imbattè nel povero cui cedette metà del suo mantello.  Il celebre episodio è l’inizio della narrazione che si dipana nella cappella e che prosegue con brani di vita di Martino monaco fino alla sua morte e al solenne funerale. Gli affreschi si devono a Bernardino Lanzani, protagonista del Rinascimento pavese.