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"DISOBBEDIENZA CIVILE"

Saviano e Travaglio contro la legge, per il relativismo

Marco Travaglio e Roberto Saviano difendono l’operato di Lucano, sindaco di Riace. Distinguono fra etica e legge positiva. Un'etica relativista, come specifica lo stesso Travaglio, che è ben diversa dal diritto naturale. In pratica invitano alla disobbedienza civile, per le ragioni sbagliate, contro leggi che non sono ingiuste.

Editoriali 05_10_2018
Saviano e Travaglio

Domenico Lucano, primo cittadino di Riace, è agli arresti domiciliari per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e fraudolento affidamento diretto del servizio di raccolta rifiuti. In merito al primo aspetto il sindaco usava celebrare falsi matrimoni e assegnava la residenza agli immigrati sprovvisti dei necessari requisiti. Lucano, anche nelle intercettazioni telefoniche, ammetteva di essere un fuorilegge. Pare che non lo facesse per un tornaconto personale, anche se, di certo, così operando ha dato una bella spinta all’economia del suo paese ripopolandolo.

Marco Travaglio e Roberto Saviano difendono l’operato di Lucano a spada tratta rispettivamente sul Il fatto quotidiano e La Repubblica. Molti sono gli aspetti toccati dai due giornalisti, ma a noi preme puntare la lente di ingrandimento sul concetto di disobbedienza civile ad una legge ingiusta, concetto richiamato da entrambi. Travaglio ammette che il sindaco in quanto tale deve rispettare e far applicare la legge, ma poi correttamente si domanda: “se una legge è ritenuta ingiusta, disumana, immorale, che si fa? Si prova a cambiarla. Ma, se poi non ci si riesce, c’è una scelta estrema: quella della disobbedienza civile nonviolenta”. Appuntiamo subito che il sindaco non ha provato a cambiare le normative sull’immigrazione che riteneva evidentemente inique. E dunque, proprio nel rispetto dei criteri indicati dallo stesso Travaglio, Lucano ha sbagliato.

Passiamo a Saviano che qualifica la Bossi-Fini come legge iniqua e dunque conclude: “Mimmo Lucano ha fatto politica nell'unico modo possibile in un Paese che ha leggi inique. Mimmo Lucano ha fatto politica disobbedendo. Disobbedienza civile: questa è l'unica arma che abbiamo per difendere non solo i diritti degli immigrati, ma i diritti di tutti”. E chiude l’articolo citando Bertolt Brecht: "Quando l'ingiustizia diventa legge, la resistenza diventa dovere".

In prima battuta è da apprezzare il fatto che il duo Travaglio-Saviano riconosca che al di sopra del diritto positivo esistano alcuni principi a cui il medesimo diritto dovrebbe ispirarsi. Ovviamente il riferimento loro non è ai principi di diritto naturale – altrimenti dovrebbero essere contrari alle leggi su aborto, divorzio, fecondazione artificiale, eutanasia e unioni civili vigenti nel nostro Paese – bensì ai principi relativisti propri del politicamente corretto. E’ Travaglio a dircelo proprio nello stesso articolo in cui difende Lucano: “il giudizio morale varia a seconda dei princìpi, della cultura, dell’educazione, della sensibilità di ciascuno, ma anche del ruolo che ricopre l’autore della condotta”. Annotiamo a margine che questa asserzione rivaluta l’operato dell’inviso (a Travaglio) Silvio Berlusconi, dato che anche lui ha una sua morale che a volte gli ha lecitamente consentito, secondo il ragionamento di Travaglio, di non rispettare la legge. Dunque bene riconoscere che le leggi scritte dagli uomini non sono il paradigma valoriale ultimo a cui far riferimento, male invece non comprendere che tale paradigma metagiuridico deve prendere il nome di legge naturale.

Detto ciò, secondo i principi di legge naturale il sindaco di Riace ha operato male. Dunque non c’erano gli estremi per la disobbedienza civile. Questa affermazione per essere valida deve però chiarire tre questioni preliminari: quando una legge è ingiusta? Individuati i criteri per determinare quando una legge è ingiusta, questi criteri possono essere applicati alla disciplina normativa sull’immigrazione clandestina? Verificato che questa disciplina è ingiusta, la disobbedienza civile è la soluzione privilegiata?

Vediamo, limitatamente al tema qui trattato, quando una legge è ingiusta (ovviamente in questa sede non possiamo trattare l’argomento in modo sufficientemente analitico e dunque non andremo ad elencare tutte le tipologie di leggi ingiuste):

a) norma che comanda un atto intrinsecamente malvagio e dunque contrario alla legge naturale: «niente può essere comandato a un uomo contro ciò che è di diritto naturale». (Tommaso D’Aquino, Summa Theologiae, II-II, q. 70, a. 1, ad 2).  Esempio: una legge che obbligasse a commettere un omicidio. Ecco perché il medico non solo può ma deve astenersi dal compiere aborti tramite l’obiezione di coscienza.

b) norma che comanda un atto astrattamente buono, dunque consono alla legge naturale, ma in modo sproporzionato. Ad esempio una norma che prevede un carico fiscale esagerato quale un prelievo fiscale del 90%  sul reddito prodotto. Bene imporre le tasse, male se le tasse sono esose.

c) norma che vieta un atto commissivo astrattamente buono, dunque consono alla lex naturalis, ma in modo irragionevole. E’ il caso di Antigone citato, a sproposito, anche da Travaglio: il tiranno Creonte vieta di seppellire il corpo di Polinice (azione per sua natura lecita), non per un motivo ragionevole (ad esempio: il corpo è infetto), bensì solo per odio nei confronti del defunto.

d) norma  che disciplina facoltà o poteri che permettono atti intrinsecamente malvagi. Volendo esemplificare: una norma  che disciplina il diritto a commettere un omicidio, ma non obbliga ad uccidere. E’ il caso della legge 194 : tale norma non obbliga la donna ad abortire, bensì le riconosce il diritto di abortire.

La normativa sull’immigrazione di certo non rientra nelle lettere a) e d), e difficilmente nella lettera c). Sarebbe tutto da dimostrare che tale disciplina normativa rientri nella lettera b), ossia una norma che produce più danni che benefici. Un nota bene: una norma che, nel rispetto della legge naturale, producesse moltissimi effetti positivi e qualche effetto negativo sarebbe una legge giusta, ma perfettibile. Una norma che, pur nel rispetto della legge naturale, producesse più effetti negativi di quelli positivi sarebbe ingiusta (è il caso della legge sulle tasse con prelievo al 90%).

Non vogliamo qui discettare se la normativa sull’immigrazione attualmente vigente sia giusta o ingiusta relativamente ai criteri indicati (lettera b). Ma vogliamo metterci nella prospettiva del duo Travaglio-Saviano: ammesso e non concesso che sia una legge iniqua, che fare? In modo preliminare appuntiamo che in merito alle leggi che comandano atti intrinsecamente malvagi, è doveroso disobbedire (vedi obiezione di coscienza); in merito alle leggi che concedono diritti iniqui, non si devono usare di tali facoltà. E, invece, in merito a leggi ingiuste, che sono tali perchè producono più danni che benefici, come comportarsi? Ci viene in soccorso Tommaso D’Aquino: «codeste leggi non obbligano in coscienza: a meno che non si tratti di evitare scandali o turbamenti; nel qual caso l'uomo è tenuto a cedere il proprio diritto» (Ib., I-II, q. 96, a. 4 c.); «si è tenuti a ubbidire ai principi secolari per quanto lo esige l'ordine della giustizia. Perciò se essi non hanno un potere legittimo, ma usurpato, oppure se comandano cose ingiuste, i sudditi non son tenuti a ubbidire, se non per accidens, ossia per evitare scandali o pericoli»; (Ib. II-II, q. 104, a. 6, ad 3); «come è lecito resistere ai briganti, così è lecito resistere in tal caso ai cattivi governanti: a meno che non si tratti di evitare lo scandalo, nel timore che da questo possa nascere un grave turbamento» (Ib. II-II q. 69, a. 4 c.). Se una legge può essere ingiusta perché produce più danni che benefici, la disobbedienza può essere ingiusta per gli stessi motivi: perché produce più danni che benefici. E’ il caso del sindaco Lucano: disobbedendo alla legge può spingere altri ad emularlo in questa normativa come in altre, ogni legge cadrebbe sotto l’arbitrio dei singoli, l’autorità dello Stato sarebbe distrutta, la convivenza civile cederebbe il posto all’anarchica e inappellabile decisione dei singoli e così via. Insomma la medicina sarebbe peggiore del male da curare. Tutte queste derive vengono ammesse dallo stesso Travaglio quando nel suo articolo scrive che il caso di Riace potrebbe diventare “un pericoloso precedente”. Ed esemplifica con efficacia: se un sindaco leghista ritenesse troppo blande le misure contro l’immigrazione clandestina e istituisse ronde punitive, come dovremmo reagire? Se scusiamo un sindaco accogliente contra legem dobbiamo parimenti scusare un sindaco non accogliente contra legem.

Aggiungiamo un’ultima osservazione: in ossequio al  medesimo principio di efficacia sotteso alla disobbedienza civile – disobbedisco ad una legge ingiusta del tipo appena visto se il gioco vale la candela – dovremmo, prima di violare la legge, tentare di cambiarla all’interno del perimetro della legalità, perché modalità più efficace. Infatti la legge cesserebbe di produrre la sua efficacia non solo per me che la violo e solo ora, ma per tutti i cittadini italiani e per il futuro. Questa soluzione preferenziale veniva indicata dallo stesso Travaglio che nel suo articolo così esemplificava: “organizzare un referendum abrogativo, raccogliere firme per una legge di iniziativa popolare, chiedere agli amici in Parlamento di modificarle, provare a farla impugnare da un tribunale dinanzi alla Consulta”. Lo sottolineiamo: si dovrebbe agire in questo modo non per prona sudditanza alle regole formali di un ordinamento giuridico, bensì nel rispetto del principio di efficacia.

Riassumendo: bene ammettere l’esistenza di principi morali gerarchicamente superiori al diritto positivo; male non riuscire ad identificarli con il contenuto della legge naturale; la normativa sull’immigrazione clandestina è tutta da provare che sia ingiusta; se lo fosse lo sarebbe non perché comanda condotte contrarie alla legge naturale o perché vieta in modo irragionevole condotte consone a questa o riconosce diritti contrari alla morale naturale, ma perché più dannosa che utile; ma, ammesso e non concesso che fosse ingiusta, la strada per contrastarla non sarebbe quella della disobbedienza civile bensì quella – come dicono le persone per bene – del confronto democratico nelle piazze, nelle aule parlamentari e nei tribunali, perché strategia più efficace. Dunque Travaglio e Saviano hanno torto a benedire l’operato del sindaco, perché quella condotta non è disobbedienza civile, bensì un atto contrario ai principi di morale naturale.