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LA STRAGE DI ORLANDO

Scampò all'attentato nel club gay: «Un monito che mi salvò»

Ricordate le critiche all’arcivescovo Luigi Negri che, di fronte all’attentato di Manchester durante il concerto di Ariana Grande (idolo delle adolescenti che nelle sue canzoni richiama volgarmente al sesso in ogni salsa), parlò di “vite sprecate” come giudizio sull’Occidente adulto incapace di comunicare un senso? Oggi a dargli ragione è proprio uno di questi ragazzi, sopravvissuto alla strage del Pulse, il night club Lgbt di Orlando.

Attualità 22_07_2018

Non si può dimenticare la tempesta di critiche che si scatenò sull’allora arcivescovo di Ferrara-Comacchio, monsignor Luigi Negri, quando di fronte all’attentato kamikaze di Manchester del 22 maggio 2017, durante il concerto di Arianna Grande (l’idolo delle adolescenti che nelle sue canzoni richiama volgarmente al sesso in ogni salsa), parlò di “vite sprecate” in riferimento ai giovani uccisi come giudizio sull’Occidente adulto incapace di comunicare loro un senso. Guai poi a far notare che il nichilismo islamico trova spazio grazie a quello consumista di night club o Bataclan in cui si cantavano canzoni al diavolo.

Ma a dare ragione a Negri e a parlare degli attentati anche come un monito che non può non interrogare l’Occidente oggi è proprio uno di questi ragazzi, scampato ad un’altra strage, quella in cui il 12 giugno del 2016, alle 2 del mattino, morirono 49 persone radunate nel Pulse, il night club Lgbt di Orlando. 

Luis Javier Ruiz ha raccontato la sua fuga e il suo cambiamento ai microfoni dell’associazione del leader evangelico Billy Graham. Il ragazzo ha spiegato di aver provato attrazioni per persone dello stesso sesso quando era piccolo e frequentava una chiesa protestante. Allora però molte congregazioni non sapendo affrontare il problema «chiedevano ai loro membri il silenzio in merito». Ma Ruiz ricorda che alla fine del liceo confessò alla sua famiglia le sue pulsioni. Di lì a poco accadde che, mentre era in casa, sentì dire alla radio che «questa gente andrà all’inferno» perché quanto fanno «è un abominio». Ovviamente si accese una discussione fra Ruiz e i suoi genitori, a cui il giovane mise fine così: «Mamma sai cosa? Tuo figlio è gay. E ora?». La relazione fra genitori e figlio si inasprì e Ruiz si arruolò nell’esercito dove servì lo Stato per 15 anni senza rivelare nulla dei suoi sentimenti, ma «di notte andavo nei club gay e giravo per feste a vivere la mia vita senza Dio nel modo migliore che conoscevo». Più tardi si trasferì in Florida dove entrò nella lobby Lgbt di Orlando, ma nello stesso tempo trovò lavoro in una chiesa «fedele alla Bibbia» e agli insegnamenti di Gesù. In quel periodo, la notte del 12 giugno, decise di andare a festeggiare il suo compleanno al night club Pulse.

Di quella sera il giovane ricorda le grida di un uomo: «Urlava: corri e salvati la vita, corri e salvati la vita, vai fuori da questo club». Ma il caos era tale che Ruiz rimase bloccato nella folla mentre Omar Mateen, musulmano di origini afgane e sedicente "Mujahideen", sparava. Grazie a Dio un amico riuscì a spingerlo fuori correndo fra i corpi che gli cadevano accanto. Ma mentre stava scappando, la coscienza gli parò: «Sto per morire, sto per andare all’inferno». Invece no, il giovane si stava salvando anche se nella corsa per superare prima la porta, poi una staccionata e infine il cancello, la calca era tale che rimase ferito: «Fui malato, depresso e dolorante per molto tempo», ha continuato. Fu poi sottoposto insieme agli altri feriti all’esame dell’Hiv dato che una gran parte dei frequentatori del club era infetto. L’esito fu una doccia fredda: sieropositivo. Di qui la depressione peggiorò. 

Eppure fu proprio all’apice del dolore che Dio lo incontrò. Il giovane racconta di aver sentito come una voce: «O ti arrendi a me o a te stesso ma starai ancora peggio». Ruiz l’ha chiamata la voce dello Spirito Santo, spiegando di aver poi compreso che il diavolo esiste, che «abbiamo un nemico reale che non ci vuole liberi da nulla». Dopo anni e dopo una lotta interiore si rimise a pregare chiedendo a Dio di intervenire se davvero era onnipotente come gli avevano sempre detto e come dice la Bibbia. «Mi arresi e dissi… prendimi come sono, non so se devi liberarmi o no (dalle pulsioni verso persone dello stesso sesso, ndr). Ci ho provato molte volte. Nel bel mezzo di tutto ciò, automaticamente, le cose hanno iniziato ad  attenuarsi…gli diedi la mia omosessualità la mia dipendenza dalla pornografia, gli diedi tutto». Ma lo Spirito mi disse: «Cosa ne pensi di darmi te stesso?». 

Dimostrando cosa può fare Dio da un momento all’altro se lo si cerca con forza e sincerità, il giovane ha continuato sottolineando che il punto non è combattere le tendenze omosessuali e basta, ma innanzitutto cercare Dio con tutto il cuore e con verità. Questa «la chiave della trasformazione…Dio ci chiama così alla purezza». La gioia di Ruiz oggi è enorme perché la sua vita è passata dalla schiavitù del male alla libertà: «Siamo liberi in Gesù. Sì, puoi uscire dall'omosessualità, puoi essere libero dalla dipendenza dal porno, da qualsiasi cosa». Convinto che sarebbe potuto morire, oggi il giovane spiega: «Dio aveva qualcos'altro in mente per me e sono grato perché ora sono in grado di condividere la mia storia di speranza, la mia storia per il mondo, per far sapere che c'è Dio che cambia [le persone] e le trasforma». È così che dall'abisso del nulla islamista ed edonista Dio ha tratto un bene, servendosi del male stesso per vincere. Confermando che ogni cosa che accade, dove e come si realizza non è indifferente al Suo progetto di salvezza e che il modo migliore per non rendere queste vite sprecate, lasciandole inchiodate al male, è giudicare, per proporre e mendicare il bene.