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CANADA

Se credi nella castità, non fai l’avvocato

La legge sull'omofobia non limita la libertà? Vedere il Canada per credere. Secondo la Corte Suprema, in caso di conflitto fra libertà di culto e leggi sull'omofobia, sono le seconde a prevalere. E gli studenti di un'università protestante di giurisprudenza sono discriminati sul lavoro. Per il loro voto di castità

Famiglia 21_08_2013
Trinity Western University

Vedere come funzionano le leggi sull’omofobia all’estero è di grande interesse per prepararci alla battaglia che ci attende il mese prossimo in Italia. L’onorevole filosofa Michela Marzano ha messo in ridicolo in Parlamento chi teme che dalla legge sull’omofobia derivino limitazioni per la libertà di espressione dei credenti, affermando che sarebbe in corso una «campagna terroristica» ed esprimendosi in termini davvero pittoreschi, che non possono essere riportati su un quotidiano per famiglie. Anziché rispondere sullo stesso tono, dopo avere tanto parlato della Francia, vediamo come funziona per esempio la legge sull’omofobia in Canada.


Come ci spiegano i giuristi locali, i parametri sono ora definiti da una sentenza della Corte Suprema, Saskatchewan (Human Rights Commission) v. Whatcott, del 27 febbraio 2013, che fissa i limiti entro i quali si può invocare la libertà religiosa quando si è perseguiti in base alle leggi contro l’omofobia. Il caso riguardava un’organizzazione cristiana che protestava contro l’insegnamento obbligatorio della teoria del gender nelle scuole canadesi. La sentenza, fra l’altro, afferma che l’espressione «sodomiti» è omofoba, che è omofobo sostenere che ci sono molti più casi di pedofilia fra gli omosessuali che fra gli eterosessuali, e che la citazione del brano del Vangelo di Matteo secondo cui «chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli […], gli conviene che gli venga appesa al collo una macina da mulino e sia gettato nel profondo del mare» è gravemente omofoba se ristampata in una pagina di un opuscolo illustrata con annunci economici di un quotidiano dove uomini omosessuali cercano ragazzi «giovani e giovanissimi» per simpatiche e ben retribuite avventure sessuali.


Come spesso avviene, i giudici perseguono piccoli gruppi che si rendono poco gradevoli all’opinione pubblica per stabilire principi generali che sono poi applicati contro chiunque. Il gruppo cristiano in questione, Christian Truth Activists, sostiene anche la tesi – non provata, diciamolo subito – secondo cui l’ideologia del gender nasce ed è diffusa a causa di un «complotto ebraico», il che ha portato l’influente Canadian Jewish Congress a costituirsi parte civile di fronte alla Corte Suprema. Tuttavia altro è l’eventuale antisemitismo degli opuscoli di questo gruppo, altro è l’omofobia. E il risultato finale è che la Corte Suprema canadese ha stabilito – esattamente come temevano i vescovi cattolici del Paese in una lettera pastorale dell’aprile 2012 sulla libertà religiosa – che in caso di conflitto fra libertà di religione e leggi sull’omofobia sono le seconde a prevalere.


Non c’è solo la Corte Suprema. È venuto alla luce in questi giorni un caso molto interessante. Un’università protestante canadese, riconosciuta, la Trinity West University, si trova alla periferia di Vancouver. Questa università fa sottoscrivere agli studenti un codice di comportamento, che vieta – tra l’altro – l’accesso a siti pornografici usando la rete WiFi dell’ateneo, il consumo di alcool all’interno del campus universitario, e nei dormitori «l’astensione da forme di intimità sessuale che violino la sacralità del matrimonio tra un uomo e una donna». Questo codice è analogo a molti che sono in uso da anni negli Stati Uniti. Per esempio un impegno analogo contro l’attività sessuale nei dormitori universitari – molto frequente nelle università, tanto che altrove il vero problema è decidere se certe scorribande notturne di ragazzi nelle camere delle ragazze, magari dopo abbondanti bevute, portano a rapporti consensuali o a forme più o meno mascherate di violenza carnale – si trova nel «codice d’onore» della Brigham Young University, l’ateneo di Provo (Utah) che appartiene alla Chiesa Mormone ma che è frequentato anche da non mormoni ed è molto apprezzato per la qualità dei corsi e dei professori.


La Trinity West University è ora sottoposta a procedimento da parte di un organo amministrativo, la Conferenza dei Presidi delle Facoltà di Legge canadesi, il quale ha deciso d’intervenire chiedendo con una lettera – originariamente segreta, ma come tutti i documenti segreti che si rispettano, ora comparsa su Internet – in cui chiede agli Ordini degli Avvocati di non ammettere alla pratica forense i laureati in legge della Trinity West University, perché – se quando erano studenti hanno sottoscritto il codice di comportamento – sono fortemente sospetti di omofobia.


Che c’entra l’omofobia, si chiederà a questo punto il lettore. C’entra, rispondono gli esimi presidi, perché impegnandosi ad astenersi da rapporti prematrimoniali nei dormitori, gli studenti di legge della Trinity West University dichiarano di voler così onorare «la sacralità del matrimonio tra un uomo e una donna». Dal momento che in Canada c’è il matrimonio omosessuale, la frase sarebbe omofoba perché implicherebbe che solo il matrimonio «tra un uomo e una donna» sia sacro. Forse l’università potrebbe cavarsela – ed evitare di dover chiudere la sua facoltà di Giurisprudenza, perché nessuno s’iscrive a Legge sapendo che poi non potrà fare l’avvocato – chiedendo agli studenti di astenersi dall’attività sessuale nei dormitori per non violare «la sacralità del matrimonio tra un uomo e una donna, o tra un uomo o un uomo, o tra una donna e una donna».


Ma anche no. Perché la decisione dei presidi implica che la castità in genere crei un clima ostile a «gay, lesbiche e bisessuali» che, almeno nella loro grande maggioranza, della castità non sono grandi fan. E che chi chiede di astenersi dai rapporti sessuali prima e fuori del matrimonio sia già almeno sospetto di omofobia. Vede dunque come va a finire, egregia onorevole Marzano? O forse è proprio lì che vuole andare a parare? Del resto, non ha forse scritto Lei su Repubblica che è bene non celebrare più la Festa del papà, anche quella sospetta di omofobia perché discrimina i bambini che non hanno un papà e una mamma ma due mamme lesbiche?