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LA CONTROSTORIA

Se quel giorno a Caporetto. Ecco l'altra Grande guerra

La storia si fa infatti anche con i “se” e con i “ma”: scenari fantasmagorici o aberranti con cui l’immaginazione gioca, ma con cui anche la scienza storiografica si confronta verificando le ipotesi interpretative. È quello che fa Stefano Magni (nostro collaboratore) con Piazza Caporetto. Controstoria della Grande Guerra.

Cultura 10_06_2015
La copertina del libro di Stefano Magni

Se Carlo Martello non avesse sbaragliato i musulmani a Poitiers nel 732, oggi – azzardava Edward Gibbon (1737-1794) mille anni dopo – il libro più letto a Londra sarebbe il Corano. Forse l’ucronia intesa come genere letterario nasce qui. L’ucronia sta alla storia come l’utopia sta alla geografia: se la seconda si cimenta con il “luogo che non c’è”, la prima lo fa con il “tempo che non c’è”. Certo, potrebbe non essere un complimento bellissimo, visto che i mostri della ragione almeno degli ultimi due secoli hanno trasformato il concetto letterario dell’utopia (lo intendeva esattamente solo così il suo creatore, san Tommaso Moro [1478-1535]) nell’infero terrestre delle ideologie e delle ideocrazie, eppure la “storia alternativa” una sua nobiltà ce l’ha. 

Come insegnava lo specialista cattolico del Medioevo Marco Tangheroni (1946-2004), lo storia si fa infatti anche con i “se” e con i “ma”. “Se i dinosauri non si fossero estinti”, “se Adolf Hitler avesse vinto la guerra”, “se l’uomo non fosse mai sbarcato sulla Luna”: scenari fantasmagorici o aberranti con cui l’immaginazione gioca, ma con cui anche la scienza storiografica si confronta verificando le ipotesi interpretative attraverso la confutazione delle loro negazioni. A 100 anni dall’ingresso dell’Italia in quell’immane conflitto, immaginiamo allora un finale diverso per la Prima guerra mondiale. È quello che fa Stefano Magni (attento osservatore dello scacchiere internazionale, convinto antistatalista, firma de La nuova Bussola Quotidiana) con Piazza Caporetto. Controstoria della Grande Guerra (Libri di Libertates, clicca qui, Milano 2015).

Al cuore di questa intrigante novella (come la definisce l’autore con il gusto dell’understatement sapido) sta l’idea che l’«inutile strage» sia stata il nefasto evento centrale dell’evo contemporaneo e quindi la matrice negativa del mondo in cui ancora viviamo. Dunque che se non fosse stata come invece è stata il secolo che ci separa da essa sarebbe stato migliore. Per provare la veridicità del suo assunto, Magni si concentra sul mese che ritiene davvero cruciale per le sorti del conflitto, dalla fine dell’ottobre alla fine del novembre 1917. Nella storia alternativa di Piazza Caporetto, il punto di non ritorno è una decisione presa in un attimo, lontano dai riflettori, nell’inconsapevolezza di chi ne vivrà le conseguenze. È un attimo che dura una guerra intera, un secolo intero: un attimo che trasforma tutto e così la Russia, l’Austria-Ungheria, la Germania, la Francia, la Gran Bretagna, l’Italia e persino il Medioriente non saranno mai quelli che conosciamo, quelli veri dei libri di testo.

Riassumere un racconto senza uccidere la passione nel lettore è impossibile. Diciamo allora soltanto che tutta la tensione narrativa di Magni è giocata nel supremo tentativo di liberare l’essere umano dal peso della storia preconfezionata, del destino precostituito, delle mille tirannie dei sistemi (e la Grande Guerra le ha davvero nutriti un po’ tutti). Piazza Caporetto ha dunque il medesimo passo morale, persino educativo, che hanno la bella fantascienza e le distopie ben scritte quando si propongono si esorcizzare i peggiori dei mondi possibili per esaltare la nobile irriducibilità dell’umano a uno schema.

Sono davvero tantissimi gli spunti che un’opera come questa offre al lettore, pagina dopo pagina, in un crescendo narrativo dove storia fattuale e storia alternativa si mescolano con gusto e intelligenza dentro un quadro di riferimento originale e accattivante (oltre che storicamente erudito). Ne scelgo due.  La prima è l’idea che vero protagonista unico del racconto sia il lettore. In una postilla al suo celeberrimo e sopravvalutato Il nome della rosa, Umberto Eco scrisse che il solo espediente narrativo che ancora alla letteratura restava di provare era una trama in cui l’assassino fosse il lettore. Piazza Caporetto sembra prendere inconsapevolmente sul serio quella sfida. Immaginando un’alternativa possibile alla Grande Guerra assassina (assassina soprattutto del volto umano), il racconto di Magni mette infatti al centro di tutto proprio il lettore. 

La Prima guerra mondiale non è affatto andata come Magni vorrebbe, ma il suo finale alternativo non è un sogno: è una possibilità. Con esso deve fare i conti concretamente null’altri che il lettore. Perché se il lettore non può cambiare la storia raccontata nei libri, può però evitare a ogni istante, con scelte forse ai più impercettibili ma decisive, che essa ripeta gli errori già commessi. Soprattutto può impegnarsi a mutarne il corso per il tempo che gli è dato. Un’idea centrale, questa, perfettamente coerente con il pensiero dell’autore, il quale tiene in somma riverenza la libertà umana, e che ci porta alla seconda considerazione. Il domani non è già scritto, non è il risultato deterministico di un’equazione matematica sempre e solo coerente con se stessa. È il prodotto di una libertà umana. Impegnata.