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IL CASO

Sette musulmani su dieci hanno votato contro la Brexit

Sette su dieci musulmani hanno votato per rimanere. E quanto emerge da un’indagine condotta sui risultati del referendum che ha sancito l’uscita della Gran Bretagna dall’Europa. il fronte Remain ha goduto dell’appoggio dell’associazionismo islamico britannico legato alla Fratellanza musulmana.

Esteri 01_07_2016
I musulmani hanno votato contro la Brexit

Se lo Stato Islamico gioisce per la vittoria del Brexit poiché divide il “fronte dei crociati”, un’analisi più allargata del voto islamico nel recente referendum britannico fa emergere una posizione favorevole al "Remain". Un dato interessante è quello fornito dalla Lord Ashcroft Polls: «Tra il 53% e il 47% degli elettori "bianchi" hanno votato per lasciare l'Ue. I due terzi (67%) di coloro che si descrivono come asiatici hanno votato per rimanere, come hanno fatto i tre quarti (73%) di elettori di colore. Quasi sei su dieci (58%) di coloro che si descrivono come cristiani hanno votato per lasciare la Ue; mentre sette su dieci musulmani hanno votato per rimanere». 

Non v’è dubbio che la campagna elettorale che ha preceduto il referendum britannico ha assistito sia a una polarizzazione sia a una iper-semplificazione e ideologizzazione dei contenuti volta a trasformare il voto in un’adesione all’immigrazione oppure a un suo rifiuto. Significativo è stato, ad esempio, l’abbandono del fronte Brexit, durante la campagna elettorale, della baronessa Sayyeeda Warsi - euroscettica storica, membro della Camera dei Lord, ex co-presidente dei Tories – che ha deciso non solo di lasciare la piattaforma "Leave", ma di aderire a quella europeista di Remain in polemica e reazione a quelli che ha definito i messaggi di «odio e xenofobia» sparsi sul tema dell'immigrazione. 

D’altro canto, il fronte "Remain" ha goduto fin da subito dell’appoggio incondizionato dell’associazionismo islamico britannico a partire dalla Muslim Association of Britain - ideologicamente legato alla Fratellanza musulmana, ma a livello nazionale legata al leader Labour Jeremy Corbin e, ultimo ma non meno importante, alla rete umanitaria che si occupa in Europa e in Medio Oriente della questione dei rifugiati e il cui attore principale è Islamic Relief Worldwide.

Prima del voto Omer El-Hamdoon, presidente dell’associazione, ha dichiarato che «questo è senza dubbio il voto più importante che i britannici sono chiamati a dare nella nostra generazione» e che «i musulmani dovrebbero usare il loro voto per un’Europa più forte». Il comunicato sottolinea altresì che «l’uscita dall’Unione europea rischia di rinnovare le divisioni in seno alla società britannica, fatto che aumenterebbe i livelli di crimini legati all’odio contro i musulmani britannici. Gli scorsi anni hanno assistito a un fastidioso aumento della xenofobia e dell’islamofobia nella nostra società. […]». 

Siffatta visione del voto corrisponde appieno alla reazione espressa su Twitter dal primo summit sull’islamofobia, organizzato dalla galassia della Fratellanza sotto l’egida del governo turco e tenutosi a Sarajevo tra il 24 e il 26 giugno: #Brexit è la conseguenza dell’islamofobia. Il referendum e il suo esito sono d’altronde stati etichettati dal presidente turco Erdogan come «islamofobi». L’esito del referendum a favore del Brexit ha destato altresì la preoccupazione del mondo delle ong britanniche, in modo particolare quelle impegnate con il fenomeno rifugiati. Significativo il comunicato di venerdì 24 giugno del Joint Council for the Welfare of Immigrants in cui si critica l’eccessiva enfatizzazione da parte del fronte Brexit del fatto che «gli immigrati siano la causa di tutti i mali» e si denuncia una campagna incentrata sull’uscita dalla Ue come argine all’immigrazione. Non è un caso che Hany al-Banna, l’uomo chiave dell’organizzazione umanitaria legata alla Fratellanza musulmana Islamic Relief Worldwide, abbia invitato a sottoscrivere la petizione per la ripetizione del referendum.

Anche il fronte filo-palestinese, che gode del consenso trasversale di una cospicua maggioranza in seno alla comunità islamica britannica, ha commentato che la vittoria del Brexit e il conseguente cambio di guardia a Downing Street danneggerà la causa palestinese trattandosi di un fronte marcatamente filo-israeliano. Dal punto di vista europeo, la Federation of Islamic Organizations in Europe (Fioe), che è l’espressione a livello europeo della Fratellanza, risulta essere la più pragmatica avendo come referente principale le istituzioni europee stesse e al contempo molti legami e interessi economici nel Regno Unito. La Fioe ha dichiarato di rispettare «la volontà del popolo britannico», ma al contempo ha espresso «la speranza che le Nazioni e i popoli europei mantengano la loro apertura e contribuiscano positivamente a una comunicazione efficace in Europa e nel mondo e a un rifiuto delle correnti estremiste, della chiusura e dei discorsi d’odio». Se il comunicato accenna indirettamente all’islamofobia, non affronta la preoccupazione principale che riguarda gli interessi economici che l’organizzazione ha nel Regno Unito e che vengono messi a repentaglio, ad esempio, da una sterlina debole. 

Il riferimento è a Europe Trust – l’immobiliare della Fioe– che ha sede nel Regno Unito con un patrimonio netto che si attesta sugli otto milioni di sterline cui si aggiungono circa 500.000 sterline di cash e un milione di sterline in beni patrimoniali. L’indebolimento della sterlina andrà anche a intaccare organizzazioni come la summenzionata Islamic Relief Worldwide che ha sede nel Regno Unito. Al contempo, immobiliari come Europe Trust che vantano anche finanziamenti dall’estero e stati come il Qatar che hanno investito notevolmente nella terra d’Albione potranno ulteriormente acquistare immobili e non solo grazie al cambio a loro favorevole.

Quanto appena descritto conferma la diversa strategia e una diversa visione della Fratellanza musulmana rispetto a quella dell’Isis. Da un lato la presenza e l’infiltrazione, ormai in atto, nel tessuto e nelle istituzioni europee che devono quindi essere il più stabili possibili e dall’altro un’opposizione cieca e violenta all’Occidente che deve disgregarsi e crollare. Da un lato il pragmatismo verso la conquista graduale del potere dall’interno, dall’altro l’utopia dello Stato islamico attraverso l’attacco esterno violento. Ed è quindi evidente che la galassia della Fratellanza è ormai qui per restare, nel Regno Unito e/o nell’Unione Europea, mentre l’Isis è qui per attaccare, ma solo saltuariamente e temporaneamente.