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CINA

Sinicizzazione: sottomettere le religioni al Partito Comunista

Una serie di tanti piccoli eventi, segnalano che in Cina è in corso una grande manovra per riportare l’ateismo di Stato al centro della vita sociale. Le autorità la chiamano "sinicizzazione". E’ fin difficile capire la portata e l’importanza di questo rapido processo di ritorno ad un comunismo “con caratteristiche cinesi”.

Libertà religiosa 11_09_2018
Demolizione di una chiesa in Cina

Una serie di tanti piccoli eventi, segnalano che in Cina è in corso una grande manovra per riportare l’ateismo di Stato al centro della vita sociale. Le autorità la chiamano "sinicizzazione". E’ fin difficile capire la portata e l’importanza di questo rapido processo di ritorno ad un comunismo “con caratteristiche cinesi”.

L’ultima vittima di questo percorso di ateizzazione forzata è la piccola Chiesa di Sion, una confessione protestante sotterranea. Da ieri, come riferisce l’agenzia missionaria AsiaNews è “legalmente bandita” e tutto il suo “materiale illegale” confiscato. Lo ha annunciato ieri l’ufficio dei affari civili del distretto Chaoyang di Pechino. La Chiesa protestante, che pochi giorni fa è stata espulsa dalla propria sede, è colpevole di aver infranto le regole sugli “incontri di massa non autorizzati”. Era già stato documentato, sul nostro blog Cristiani Perseguitati, l’inizio delle pressioni esercitate dal regime su questa e sulle altre confessioni cristiane. Nel caso della Chiesa di Sion, le autorità avevano lanciato un ultimatum: accettare la sorveglianza (anche con le telecamere) o chiudere. Alla fine si è arrivati alla chiusura e al divieto di questa chiesa. Non è possibile farsi illusioni: il processo di sinicizzazione riguarda tutte le confessioni. Le autorità bruciano o demoliscono le croci sui campanili e le sostituiscono con le bandiere rosse nazionali, espongono slogan socialisti e frasi che esaltano il partito sulle facciate delle chiese, eliminano immagini sacre e quadri a soggetto religioso. Il 13 agosto, a Qianwang, nella provincia di Shandong, aveva fatto scalpore la demolizione di una chiesa che pure era ufficialmente autorizzata. Il pretesto, in quel caso, era il piano urbanistico. Padre Wang Junbao, parroco della chiesa distrutta, in seguito ha potuto parlare con le autorità che – riferisce l’agenzia di stampa AsiaNews – gli hanno promesso di adibire uno spazio per la costruzione una nuova chiesa, avvisando però che questo richiederà molto tempo.

Nel caso delle confessioni protestanti, in cui le celebrazioni si svolgono all’interno di abitazioni private, le autorità abbattono le case in cui si scopre l’assemblea dei fedeli non autorizzata. Come risposta spontanea, i fedeli e i loro pastori hanno preso l’abitudine di affittare, invece che comprare, gli appartamenti in cui celebrare la liturgia, così da trasferirsi rapidamente se vengono scoperti. Allora il governo ha iniziato a punire anche i proprietari che affittano ai cristiani. Si rischia di essere arrestati, interrogati, obbligati a pagare multe salate. “E’ illegale affittare la casa a chi crede in Dio, se lo farà ancora sarà punito”: così è stato detto a un proprietario di casa, sospettato di collaborare con una chiesa clandestina, in un interrogatorio di polizia.

La “sinicizzazione” procede come un immenso piano di rieducazione nazionale. Entro la fine di agosto tutte le diocesi cattoliche del paese devono presentare all’Associazione patriottica nazionale e al Consiglio dei vescovi il loro Piano quinquennale nazionale di assimilazione alla cultura e alla società cinesi. Oltre al tema della sottomissione al Pcc e dell’adesione al socialismo con “caratteristiche cinesi”, tratta anche quelli dell’integrazione del cattolicesimo con la cultura cinese, dello sviluppo di pensieri teologici con caratteristiche cinesi, della rilettura della storia della Chiesa in Cina dal punto di vista della sinicizzazione e della sinicizzazione delle espressioni liturgiche, delle opere architettoniche, delle pitture e della musica sacra.

Il programma riguarda anche le confessioni protestanti. A luglio, le autorità di Shenyang, nel Laioning, hanno organizzato un corso di “aggiornamento” dedicato ai pastori e ai fedeli, con frequenza obbligatoria. Il corso, che riguarda la “Sinicizzazione della cristianità”. Nel corso, tenuto da docenti dell’Università Fudan e da funzionari locali, si insegna che, se vuole sopravvivere, la cristianità cinese deve adattarsi a “forme di fede più locali”, cioè inculcare l’amore nel Partito Comunista e nella nazione anche mentre si prega Dio.

E’ la fedeltà al Partito, dunque, l’obiettivo di questo processo di rieducazione. Come è evidente, d’altra parte, anche nella campagna contro la fede dei musulmani uiguri, caso di cui abbiamo parlato su queste colonne. Come riferiscono i pochi testimoni oculari che hanno il coraggio di parlare, nei circa 1300 campi di rieducazione, in cui sono internati, secondo le stime, fino a 1 milione di uiguri, i prigionieri sono rieducati all’amore per il Partito. “Ci dicono che non esiste alcuna religione, ci chiedono perché crediamo in Dio, perché non c’è alcun Dio”. Nelle sessioni di educazione politica, gli internati devono studiare i documenti del Partito Comunista e assistere ai discorsi del presidente Xi Jinping, come riferisce il testimone “Ablikim”.

Nemmeno le religioni orientali sono esenti da questo processo. Il 27 agosto, ad esempio, le autorità della provincia dello Henan, hanno obbligato il locale tempio Shaolin a issare la bandiera cinese. E’ la prima volta che i monaci di quel tempio lo devono fare, in 1500 anni di storia. L’alzabandiera, avvenuto con una solenne cerimonia, è parte di una campagna lanciata il 31 luglio dalle autorità cinese, su scala nazionale, per mostrare i simboli della patria in tutti gli edifici religiosi.

D’altra parte, non c’è nulla di cui stupirsi. Le nuove direttive sulla sinicizzazione, emesse ad aprile, lo dicono chiaramente, nero su bianco: “Le religioni in Cina devono essere cinesi nel loro orientamento e fornire linee guida ai religiosi affinché possano adattarsi alla società socialista”. I credenti devono “servire gli interessi generali della nazione e del popolo cinese (…) e sostenere la leadership del Partito Comunista Cinese”.