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Strage di cristiani in Egitto Papa: «Vile gesto di morte»

Ventuno morti per un'autobomba davanti a una chiesa di Alessandria. Il Papa denuncia una strategia per eliminare i cristiani. E un leader sunnita lo accusa di ingerenza.
- DOSSIER SUI CRISTIANI IN MEDIO ORIENTE 
- Ancora attentati e violenze
- Negri: obiettivo è l'egemonia islamica

Attualità 03_01_2011
STRAGE ALESSANDRIA
«Vile gesto di morte (…) che offende Dio e l’umanità intera». Così papa Benedetto XVI nell'Angelus del 2 gennaio ha definito la strage di cristiani ad Alessandria d’Egitto nella notte di Capodanno così  «come quello di mettere bombe ora anche vicino alle case dei cristiani in Iraq per costringerli ad andarsene».

Il Papa ha anche parlato esplicitamente per la prima volta di una chiara «strategia di violenze che ha di mira i cristiani»,. E in effetti, in Iraq come in Egitto, le modalità di attacco ai cristiani sembrano ripetersi uguali, e il 2011 è iniziato così come era finito il 2010, con un’altra strage di cristiani.
Una Skoda verde carica di cento chili di tritolo e parcheggiata in via Khalil Hamada di fronte alla chiesa copta dei Santi (Keddesin) ad Alessandria è esplosa a mezzanotte e venti minuti del primo gennaio al termine di una funzione religiosa in occasione delle celebrazioni di fine anno a cui partecipavano circa mille fedeli. La deflagrazione ha investito la folla causando 22 morti e 79 feriti, di cui 40 in gravi condizioni. Molti cadaveri non sono ancora stati identificati perché dilaniati dall'esplosione.

Che la paternità dell’attentato vada attribuita al fondamentalismo islamico non ci sono dubbi: lo dimostra anche il filmato con le immagini della strage, freddamente ripreso e trasmesso da un sito che si definisce Monitoraggio islamico della resistenza contro la cristianizzazione. Secondo un testimone, sul vetro della vettura parcheggiata dieci minuti prima dell'esplosione di fronte alla chiesa dei Santi in Alessandria d'Egitto, era visibile la scritta «el bakeia tèti»: «il resto arriverà», chiaro messaggio che gli attentati non sono finiti.

I cristiani in Egitto rappresentano il dieci per cento della popolazione, e – dopo il Libano -  è la comunità cristiana più numerosa in Medio Oriente. In Iraq la comunità cristiana, un tempo assai folta, è già stata decimata tramite il terrore e la persecuzione. L'ultimo attentato risale al 31 ottobre scorso, quando 58 persone morirono e 67 rimasero ferite, a seguito del sanguinoso massacro contro i fedeli della cattedrale siriaco-cattolica di Baghdad; il gesto fu rivendicato da Al Qaeda, ed è fortemente collegato a quanto ora avvenuto in Egitto. Il fondamentalismo islamico può infatti vantare di una regia internazionale che colpisce dal Medio Oriente al Pakistan, dalle Filippine alla Nigeria. Il 3 novembre la falange irachena del terrorismo islamico aveva minacciato perfino il Vaticano, ammonendolo a prendere le distanze dalla comunità copta, ed esortando «i mujahedin ad estendere le pressioni sui cristiani».

Invito che peraltro pare essere stato già abbondantemente accolto anche in Europa. Proprio ieri sera in Germania il vscovo copto Anba Damian ha denunciato a un quotidiano tedesco le minacce cui vengono sottoposti i copti anche in Germania, tanto che ha chiesto alle autorità  protezione per la comunità. «Internet eè piena di minacce contro di noi. La polzia ci ha detto diverse volte di stare in guardia contro possibili attacchi di estremisti musulmani», ha detto il presule, che ha scritto «al ministro dell'Interno per chiedere protezione».

Di fronte a questa aggressione, nell’Angelus  il Papa ha incoraggiato «le comunità ecclesiali a perseverare nella fede e nella testimonianza di non violenza che ci viene dal Vangelo».

Malgrado ciò, incredibilmente, Benedetto XVI è stato accusato di ingerenza negli affari interni dell’Egitto da Ahmed al-Tayeb, Gran sceicco dell’Università Al-Ahzar del Cairo, il più importante punto di riferimento dell’islam sannita. L’intervento è sorprendente non solo perché proviene da un leader considerato moderato, ma anche perché lo stesso al-Tayeb si è recato a far visita al patriarca copto, Shenuda III, per porgergli personalmente le condoglianze per il brutale attentato di Alessandria.