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GRANDI OPERE

Tav in Val di Susa, un caso esemplare

Esproprio e uso della forza: non è il modo migliore per compiere le "grandi opere". Il consenso va acquisito su base volontaria con risarcimento.

Attualità 29_06_2011
no tav

“Abbattuto il muro dell’illegalità”. Così titolava ieri La Stampa l’editoriale dedicato all’operazione di polizia che ha portato allo sgombero del “fortino” con il quale si voleva impedire l’inizio dei lavori del tunnel geognostico propedeutico alla realizzazione della linea ferroviaria fra Torino e Lione. E in termini simili si è espresso il commissario Virano che ha dichiarato: “questo cantiere ha tutti i crismi della legalità. In teoria può anche essere considerato sbagliato, ma è legale".

Questa è la democrazia. Si vota, si discute, si decide e poi la maggioranza ha il diritto di imporre a tutti le proprie scelte.


Per la verità qualche dubbio sulla completa rispondenza della procedura adottata alla intricatissima normativa di settore rimane: basti pensare che, ad oggi, non è ancora stato approvato un progetto definitivo dell’opera e che, proprio in questi ultimi giorni, sono trapelate le prime notizie di una sostanziale modifica rispetto a quello originario. Ma non è su questo punto che vorremmo insistere.

Ci interessa piuttosto analizzare la legittimità dell’approccio “democratico” alle grandi opere.

Si dà per scontato che il governo rappresenti l’interesse generale, faccia da arbitro tra concezioni  contrapposte e debba far prevalere, anche con l’uso della forza se necessario, l’interesse nazionale contro quelli particolari. E’ il cliché adottato anche nel caso della TAV, definita come “opera strategica” per il futuro dell’Italia se non dell’Europa a cui si contrapporrebbero gli interessi di una piccola minoranza.

Ma la realtà dei fatti fa a pugni con questo schema ideologico. Chiediamoci: chi saranno i beneficiari dell’opera? La collettività italiana nel suo insieme, una larga maggioranza dei cittadini? No, qualora venisse realizzata, a trarne giovamento sarebbe un’infima minoranza di italiani, qualche migliaio di persone che in media ogni giorno attraverserebbero il confine con la Francia. Non vi è dunque alcun interesse “superiore” da tutelare. Si tratta di due interessi contrapposti che dovrebbero essere considerati sullo stesso piano: quello di chi desidera spostarsi più velocemente e quello di coloro che risiedono nella Valle di Susa e che vogliono tutelare i propri beni (non dovrebbero avere invece voce in capitolo coloro che, giunti perlopiù da altrove, l’altro ieri lanciavano sassi e sacchi dell’immondizia incendiati contro poliziotti e carabinieri). Senza dimenticare l’interesse di tutti gli italiani a non vedere ulteriormente accresciuto il debito pubblico e/o la pressione fiscale.

Difficile, se così stanno le cose, trovare buone ragioni per l’uso della forza. Giustizia vorrebbe che coloro che vogliono spostarsi più velocemente acquisissero su base volontaria, compensandoli in denaro o in altro modo, il consenso di tutti coloro che sono danneggiati dalla nuova infrastruttura. Solo con tale approccio, come spiega in uno splendido paper l’economista francese Pascal Salin, possono essere rispettati i diritti di tutti.

Si dirà: così facendo nessuna “grande opera” potrebbe essere realizzata. Non è così. Agli albori del trasporto ferroviario e di quello stradale, non esisteva l’istituto dell’esproprio e l’acquisizione dei terreni avveniva su base volontaria. D’altra parte, la tecnologia ci consente oggi di minimizzare gli impatti delle “grandi opere” sia in fase di cantiere che dopo l’ultimazione dei lavori.

Torniamo al caso della Val Susa. Una volta completata, l’infrastruttura correrebbe per la maggior parte del tracciato in galleria e non avrebbe alcun impatto negativo sulla comunità locale: al contrario, chi risiede nella zona trarrebbe vantaggio dal fatto che un certo numero di convogli che attualmente transitano lungo la linea storica verrebbe “dirottato” sulla nuova linea. Analoga considerazione può essere svolta con riferimento alla costruzione dell’opera: come dimostra il caso del nuovo tunnel sotto il Gottardo, i lavori possono essere condotti nel pieno rispetto della popolazione locale e dell’ambiente circostante.

Certo, tutto questo comporta probabilmente costi aggiuntivi. Ma anche rubare un’auto più veloce e confortevole costa meno che non acquistarla con proprie risorse. Non sembra però essere questa una argomentazione molto convincente per giustificare il furto o il danneggiamento della proprietà altrui.