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IL LIBRO

Tommy, il figlio autistico con un padre che non s'arrende

Lo dice chiaramente Gianluca Nicoletti nel suo nuovo libro, Alla fine qualcosa ci inventeremo, edito da Mondadori: le famiglie con figli autistici sono lasciate sole. La società e lo Stato si occupano di gay, di animali abbandonati, ma degli autistici no. In Italia, un bambino ogni cento ha una forma di autismo più o meno grave.

Cultura 13_12_2014
La copertina del libro di Gianluca Nicoletti

Lo dice chiaramente Gianluca Nicoletti nel suo nuovo libro, Alla fine qualcosa ci inventeremo, edito da Mondadori: le famiglie con figli autistici sono lasciate sole. La società e lo Stato si occupano di gay, di animali abbandonati, ma degli autistici no, e questo nonostante l'autismo sia un malessere (chiamiamolo così) per un numero elevatissimo di persone. Il Censis ha confermato che in Italia i disabili sono cinque milioni di persone, il 98% dei disabili adulti è a completo carico delle famiglie, e un bambino ogni cento ha una forma di autismo più o meno grave.

Lo ammetto, degli autistici sapevo ben poco. Mi immaginavo bambini, e poi ragazzi, adulti e infine vecchi, che vivono nel loro mondo silenzioso, lontani da tutti, indifferenti a quello che accade loro intorno, di poche parole, gesti, emozioni, soprattutto incapaci di infastidire, di essere persone, come si dice oggi, con un'ipocrisia che rasenta la stupidità, diversamente normali. Colpa di un film come Ray man, anno 1988, con Tom Cruise e Dustin Hoffman nei panni di un autistico con una memoria eccezionale e una sorprendente capacita di calcolo, lontano dagli autistici "veri". Che sono sì silenziosi, ma anche aggressivi, oppositivi.Tommy, il figlio sedicenne di Nicoletti -  ecco perché ha scritto questo libro e prima ancora il best seller Una notte ho sognato che parlavi, sempre su Tommy - spesso aggredisce, graffi, pugni, calci.

Molti genitori con la custodia di figli autistici, non perdonano a Nicoletti di raccontare e spesso nei dettagli la loro comune vita, «forse pensano che i panni sporchi debbano essere lavati in famiglia».  Ma lui non si pone il problema e racconta, racconta, racconta – con grande coraggio - dei rapporti familiari che si sgretolano, di una vita personale che non c'è più, sempre dietro quel figlio, «quel capoccione», che pronuncia pochissime parole, non è autonomo, che deve essere curato a vista anche quando gioca con l’I-Pad o guarda i cartoni animati preferiti. Non c'è più un’uscita al ristorante, un cinema, una birra al bar, Tommy potrebbe sempre avere una crisi, una telefonata drammatica, e il rientro disperato e di corsa a casa a dar manforte alla moglie e al figlio maggiore.

Perché, come dicevo, le famiglie con figli autistici sono lasciate sole, è un problema anche avere un pass per handicappati e poter posteggiare il più possibile vicino a casa: ma come, un ragazzone come Tommy, un fisico da atleta, non può fare cento passi a piedi? Vai a spiegare che gli autistici vanno curati a vista, un secondo e potrebbe arrivare inaspettata una crisi di violenza, epilettica, oppositiva. Ci sono genitori che segregano letteralmente il figlio in casa, che lo portano per ore (sei, sette ore al giorno, come spiega una mamma) in macchina in giro per Roma perché è l'unico modo per calmarlo. La soluzione di chi dovrebbe preoccuparsene con personale specializzato è sempre la stessa: «una struttura deposito per pazienti psichiatrici di ogni genere». Seguita sempre dall’identica frase: «Altrimenti voi non ce la potete fare». Certo, se la famiglia non è supportata…

Ma una soluzione a questo menefreghismo statale Nicoletti ce l’avrebbe: “Insettopia”, città ideale dei ragazzi autistici, sogno di tutti i genitori che ne hanno uno; è il luogo «che nel nostro immaginario consideriamo perfetto per la felicità dei nostri figli… non dobbiamo accontentarci di soluzioni di ripiego. Un figlio autistico è una bella rogna, la soluzione non è guarirlo, ma assicurargli una vita il più possibile adeguata ai suoi bisogni».

Anche in questo, però, lo Stato è assente (non dà una mano ma mette i bastoni tra le ruote) anche se i genitori degli autisti non chiedono aiuti economi, ma soltanto una struttura, da ristrutturare, rimettere insieme, trasformare. Perché la domanda di Nicoletti, a di tanti genitori con figli handicappati, è la stessa: che ne sarà di mio figlio autistico quando non sarò più al suo fianco?