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MORTE DEL MISSIONARIO

Torna in cielo don Gaetano Nicosia, angelo del lebbrosi

Don Gaetano Nicosia, morto all'età di 102 anni verrà certamente ricordato come un protagonista assoluto del mondo missionario del secolo passato e di un pezzetto di questo. Ricordato come l'angelo dei lebbrosi, portò loro la fede in modo tale che tutti si convertirono al cattolicesimo. Un ricordo personale.

Ecclesia 13_11_2017
Gaetano Nicosia

Durante i miei anni in Asia, a Macao e Hong Kong, avevo spesso sentito parlare di un anzianissimo missionario italiano, padre Gaetano Nicosia, già ai miei tempi infermo e bisognoso di cure, una grande figura della famiglia salesiana e della Chiesa Cattolica cinese. Questo missionario, morto il 6 novembre scorso alla bella età di 102 anni in Hong Kong, verrà certamente ricordato come un protagonista assoluto del mondo missionario del secolo passato e di un pezzetto di questo.

Nato in Sicilia, a San Giovanni La Punta nel 1915 (terra di un altro grande missionario che incrocerà la sua strada ancora proprio in Asia, il padre - ora Beato - Gabriele Maria Allegra), a 16 anni decide di farsi salesiano ed entra nel collegio di Gaeta. Nel 1935 arriva in Hong Kong e nel 1939 eccolo a Macao. Nel bell’articolo di Gianni Criveller su Mondo e Missione chiamato L’angelo dei lebbrosi (da cui attingiamo alcune informazioni biografiche) ci viene rivelato il legame che c’era fra quei salesiani e don Giovanni Battista Montini, futuro Paolo VI: “Tra di loro c’era anche don Luigi Montini, l’unico ad avere il coraggio di visitare il villaggio dei lebbrosi abbandonato da tutti. Era cugino di Giovanni Battista Montini (il futuro beato Paolo VI), allora uno dei principali funzionari della Santa Sede. Don Montini ottenne aiuti sostanziosi per edificare una scuola agricola nella remota isola di Coloane, per orfani e rifugiati dalla Cina. Sempre grazie all’aiuto del Papa venne aperto il Collegio don Bosco. Ai salesiani fu affidato anche il Yuet Wah College, fondato nel 1925 a Canton e trasferito a Macao con 300 studenti. Nicosia insegnava catechismo e viveva con i ragazzi. Nello stesso tempo studiò teologia e, il 25 marzo 1946, fu ordinato prete presso la bella chiesa di San Giuseppe, nel seminario diocesano di Macao”.

Già, la bella chiesa dedicata a San Giuseppe nel Seminario di Macao, che ha visto centinaia e centinaia di missionari prendere il largo per evangelizzare i popoli asiatici nel nome di Cristo. Volle andare come missionario in Cina, ma ci rimase solo un anno, espulso dai nuovi padroni comunisti. Tornato a Hong Kong si dedica al lavoro assegnatogli dalla sua comunità, ma sentiva un'ansia, voleva fare e dare qualcosa di più. Ma affidiamoci ancora alle parole del padre Criveller: “Per 11 anni fu assegnato alla scuola di San Luigi di Hong Kong. Ma sentiva una certa insoddisfazione. Sognava una missione con i più poveri e soprattutto con i lebbrosi. Il nuovo superiore era disposto a lasciarlo partire per un lebbrosario della lontana Colombia. Ma prima della partenza arrivò un’inaspettata richiesta: il vescovo di Macao Paulo José Tavares chiese ai salesiani di prendersi cura del lebbrosario di Ka Ho, nell’isola di Coloane. C’erano un centinaio di lebbrosi, in stato di abbandono. Nessuno, neppure i medici assegnati dal governo, osava recarsi nell’isolato villaggio, raggiungibile solo con una barca. Vi andò, entusiasta, Gaetano Nicosia, vivendovi per ben 48 ininterrotti anni, dal 1963 fino al 2011. Già nel 1970 i risultati erano ottimi: tra le 112 persone del villaggio, 40 vennero dimesse. Nicosia si dava da fare per trovare un lavoro e sostenere finanziariamente coloro che lasciavano il villaggio, spesso vittime di stigma sociale. La gente evitava persino i familiari degli ex lebbrosi, che di conseguenza venivano rifiutati anche dalle loro stesse famiglie. Alcuni preferirono perciò tornare al villaggio di Nicosia”.

Non solo, ma portò la fede in modo tale che tutti si convertirono al cattolicesimo. Questo perché il missionario non è colui che va in un’altra terra per "apprezzare la cultura locale", ma per portare Cristo, alla cui luce ogni cultura viene vivificata e rinnovata. A che serve un missionario se tutto va già bene così com’è? Ma oggi la parola “proselitismo” da fastidio, pur se l’invito di Gesù nel Vangelo è chiaro: andate in tutto il mondo, predicate il Vangelo, battezzate nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Padre Nicosia questo ha fatto, per decenni e decenni.

Alcuni anni fa in Macao, con la scuola di Nostra Signora di Fatima in cui lavoravo, abbiamo realizzato un Musical sulla vicenda delle apparizioni di Fatima. Io ho composto la musica. Abbiamo pensato di fare un film di questo Musical e come location fu scelta proprio quella di questo ex villaggio per i lebbrosi, poi abbandonato. Ka Ho, questo il nome cinese del villaggio, mi faceva un poco tristezza. Ricordo di essere entrato in quelle casupole in cui c’erano ancora oggetti religiosi e resti dalla quotidianità. C’era ancora la bella Chiesa fatta edificare da un architetto italiano, Oseo Acconci, e con il grande crocifisso che svetta sulla facciata, dono dello scultore Francesco Messina. Ricordo che mi immaginavo in quegli spazi il beato Allegra, padre Nicosia, i tanti lebbrosi che con questi buoni religiosi avevano ritrovato una dignità che sembrava perduta.

Ho tentato di incontrare padre Nicosia in passato, ma non ci sono mai riuscito visto che era molto anziano e non riuscivo mai ad andare negli orari giusti. Ricordo la mia ultima visita al Cardinale Joseph Zen, che è suo confratello e molto legato al padre Nicosia; gli chiedevo a volte di poter visitare il missionario italiano oramai a riposo, ma accadeva che per un motivo o per l'altro questo non era mai possibile. Ma poi, perché volevo incontrarlo? Sinceramente, volevo incontrare un santo. Qualcuno l’ho incontrato in passato, persone che la Chiesa ha anche ufficialmente riconosciuto come modelli per la cristianità. Ma ci tenevo ad incontrare questo italiano che ci fa sentire orgogliosi della nostra patria e della nostra fede, un cattolico che non è arretrato di fronte ai drammi umani, ma li ha abbracciati mostrandoci come Dio, dall’oscurità più nera, sa far strabordare il chiarore più luminoso.