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BREXIT

Trump a Londra: visita "scomoda", ma solo per gli europeisti

Il presidente degli Stati Uniti visita il Regno Unito. I due alleati di ferro della anglosfera si incontrano e si rassicurano a vicenda, come da copione. Ma siccome in ballo c’è la Brexit e il presidente degli Usa è Donald Trump, la stampa e le opposizioni si scatenano in un balletto di condanne e di risate. Quel che non si accetta del presidente americano è che sta offrendo al Regno Unito un'alternativa all'Ue.

Editoriali 05_06_2019
Theresa May e Donald Trump, con i rispettivi consorti

Il presidente degli Stati Uniti visita il Regno Unito. I due alleati di ferro della anglosfera si incontrano e si rassicurano a vicenda, come da copione. Ma siccome in ballo c’è la Brexit e il presidente degli Usa è Donald Trump, la stampa e le opposizioni si scatenano in un balletto di condanne e di risate.

Il presidente statunitense è stato fortemente criticato per la risposta maleducata riservata al sindaco di Londra, Sadiq Khan (che aveva contestato la sua visita), definito in un tweet come un “irrimediabile perdente”. Già che c’era, Trump si è tolto un sassolino dalla scarpa e ha precisato che peggio di lui c’è solo Bill De Blasio, il sindaco Democratico di New York. Poi Trump ha stretto la mano alla regina Elisabetta II e gli esperti di etichetta hanno gridato al sacrilegio. Infine ha incontrato Nigel Farage, leader del Brexit Party (primo partito alle europee) e ha avuto un colloquio di una ventina di minuti con Boris Johnson, già ministro degli Esteri e prima ancora sindaco di Londra. E i commentatori hanno condannato l’ingerenza: Johnson sarà uno dei contendenti per la conquista della leadership del Partito Conservatore, dopo le dimissioni della May e il colloquio con il presidente Usa (oltre ai suoi ottimi commenti riservati all’amico) è visto come un suo esplicito sostegno.

Etichetta a parte, per cui Trump non brilla (e se ne fa un vanto), la vera pietra dello scandalo è la dichiarazione del presidente Usa sull’eventuale futuro post-Brexit. Dopo l’incontro con la premier uscente Theresa May, ha detto che gli Usa sono impegnati per un “accordo commerciale fenomenale” con il Regno Unito dopo la sua uscita dall’Ue. Chiaramente si deve trattare di un’uscita completa, senza accordi con Bruxelles, perché la permanenza del Regno Unito nel Mercato unico europeo impedirebbe la stipula di un trattato di libero scambio con gli Usa (che hanno tutt’altri standard rispetto a quelli dell’Ue). La dichiarazione è stata letta, in tutta Europa, come una provocazione e un’ingerenza.

La stessa accusa, pari pari, si poteva però rivolgere anche a Barack Obama, quando visitò Londra nel 2016, due mesi prima del referendum sulla Brexit. Il presidente democratico aveva letteralmente minacciato il Regno Unito: si sarebbe trovato “in fondo alla fila” negli accordi commerciali con l’America se fosse uscito dall’Ue. Trump è stato accusato di aver favorito nei suoi incontri un leader dell’opposizione, Nigel Farage. Ma anche Obama aveva incontrato il leader dell’opposizione laburista, Jeremy Corbyn, contrario alla Brexit e contro le politiche di austerità promosse dall’allora premier David Cameron. Trump ha detto ieri che la Brexit “avverrà e dovrebbe avvenire”, perché il Regno Unito “è un grande, grande paese e vuole difendere la sua identità”. Obama, nel 2016, aveva espresso il parere opposto: "Il risultato del referendum è di grande interesse per gli Stati Uniti. Perché gli Stati Uniti vogliono un Regno Unito forte e il Regno Unito dà il suo meglio quando è all'interno di un'Europa forte. E questo avviene facendo parte dell'Unione Europea". Allora però, il commento di Cameron fu: le opinioni di leader stranieri sul referendum del 23 giugno ("che non è un'elezione politica") sono legittime.

Vero è che Trump ha maltrattato il sindaco di Londra. Vero è anche che nel suo intervento precedente alla visita del presidente americano, Sadiq Khan lo aveva pesantemente attaccato: “Lui è solamente uno dei migliori esempi di quella che è una minaccia globale. La destra estrema è in crescita nel mondo e minaccia i diritti e libertà che abbiamo conquistato con tanti sacrifici, nonché i valori che hanno definito le nostre società liberali e democratiche per oltre 70 anni”. Il sindaco di Londra, ha dato del fascista al presidente degli Usa, prima di accoglierlo nella sua città, e nessuno (a parte lo stesso Trump) ha avuto nulla da ridire. Nel 2016, al contrario, sindaco di Londra era il conservatore Boris Johnson (parti perfettamente invertite, dunque). Ed era finito sotto il fuoco incrociato dei media per aver maltrattato Obama, reo di aver rimosso il busto di Churchill dallo Studio Ovale della Casa Bianca: “l'esempio dell'avversione ancestrale del presidente mezzo keniano per l'impero britannico, di cui Churchill fu uno dei più ferventi difensori”. Gli diedero del razzista, anche se Johnson intendeva altro: il Kenya era una colonia britannica e da qui si spiega l’avversione all’Impero Britannico di Obama (pari a quella condivisa dagli irlandesi, per altro).

Allora perché Obama poteva e Trump non può? Perché il sindaco che contesta Trump esprime un legittimo parere contrario e quello che protestava contro Obama era "razzista"? Non è solo una questione di fazioni e di faziosi. C’è la Brexit in ballo, appunto. Secondo un’opinione condivisa trasversalmente da tutte le redazioni e dagli “ambienti che contano”, la Brexit non doveva essere votata e ora deve essere fermata. Le notizie che mettono in difficoltà l’uscita del Regno Unito dall’Ue sono incredibilmente enfatizzate, quelle che lo incoraggiano sono sottaciute o minimizzate. Le manifestazioni pro-Brexit sono sminuite, quelle anti-Brexit sono ingigantite a dismisura (per l'ultima si parlò addirittura di "1 milione di partecipanti" anche se le foto mostravano molta meno partecipazione). La presidenza Trump è scomoda, da questo punto di vista, così quanto quella di Obama era rassicurante.

Trump lancia un messaggio molto chiaro, a prescindere da quel che si pensi in merito: se il Regno Unito rompe con l’Ue, guadagna il mercato americano che potrebbe essere molto più promettente per i britannici. Se non altro perché ha una crescita più rapida, poggia su un maggior potere di acquisto ed è fondato su norme, usi e costumi più affini rispetto a quelli tedeschi, francesi, svedesi o greci. In parole povere: è un concorrente. Chi sostiene l’Ue, al contrario, non ha mai amato la concorrenza, vuole il monopolio, considera “dannato” chi esce dal mercato comune e “salvato” chi ci entra. Un atteggiamento laico e razionale imporrebbe agli europeisti di offrire al Regno Unito condizioni migliori per restare e per non farsi attrarre dalla concorrenza d'oltre oceano. Ma non esiste più, a quanto pare, un atteggiamento laico, considerando che l'Ue vuole imporre a Londra condizioni capestro per un accordo di uscita, dando per scontato che l'uscita senza accordo non è un'alternativa. La trasversale opinione pro-Ue ha fatto dell'Ue un feticcio. Trump lo sta smitizzando ed è questo, al di là del gossip, che fa realmente scalpore.