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ELEZIONI USA

Trump ha un problema: l'elettorato ispanico cattolico

Hillary Clinton ha un'agenda decisamente anti-cattolica. Eppure la maggioranza dei cattolici statunitensi si appresterebbe a votare per lei. Non è solo una questione ideologica, perché non tutti i cattolici sono progressisti. E' una questione etnica: Trump sta alienandosi le simpatie dei latinos.

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Se Hillary Clinton diventasse presidente degli Stati Uniti d’America, dice John Zmirak che a fine mese sarà in libreria con The Politically Incorrect Guide to Catholicism (Regnery, Washington), i cattolici dovranno combattere per la sopravvivenza civile. Sarà insomma la fine totale di quel «momento cattolico» profetizzato e auspicato da don Richard John Neuhaus (1936-2009), e in parte rilevante davvero realizzatosi. Impossibile dunque dare torto a quei cattolici che, per impedire la catastrofe, appoggiano Donald J. Trump. Ce n’è di entusiasti come i “Catholics for Trump” e ce n’è di più freddi benché decisi a sconfiggere la Clinton come “Catholic Vote”, ma il vero problema è che sono comunque una minoranza.

La maggioranza dei cattolici è infatti orientata a votare la Clinton nonostante la Clinton sia nemica di tutto ciò che è cattolico. Trump ha infatti un problema enorme con i cattolici. Per quanti sforzi compia (ha appena arruolato anche santa Teresa di Calcutta), non riesce a conquistarli. Suona sempre falso, ipocrita, strumentale. A maggior ragione questo è vero per Hillary Clinton, ma la maggioranza dell’elettorato cattolico preferisce non vedere. E la cosa non è da poco, visto che i cattolici costituiscono circa un quarto di tutto l’elettorato statunitense e che dal 1948 il candidato presidenziale da loro votato è sempre stato quello che poi ha vinto la Casa Bianca, salvo nel 2000 quando preferirono, seppur di poco, Al Gore, che perse, a George W. Bush jr., che vinse.

Secondo National Review, l’ago della bilancia è di solito costituto da quel 33% circa di cattolici “moderati” il cui voto è imprevedibile (a differenza dei cattolici conservatori che votano sempre Repubblicano e dei cattolici liberal che scelgono sempre i Democratici), ma quest’anno c’è dell’altro. Trump sta perdendo il voto cattolico moderato che è spaventato dalla sua retorica aggressiva e sta perdendo buona parte del voto cattolico conservatore sempre meno convinto che il milionario newyorkese possa parlare a nome del conservatorismo autentico. Certo, National Review è di parte (filocattolico e conservatore “No Trump”), ma identica è l’analisi di una testata ben diversa, The Economist, e uguale è pure il giudizio di un “mostro sacro” del giornalismo progressista come The Washington Post.

C’è però ancora dell’altro: i cattolici di origine ispanica, ovvero i latinos. Dato che i latinos sono la maggioranza dei cattolici, e dato che (si dice) votano sempre per i Democratici, ecco spiegato perché la maggior parte dei cattolici statunitensi volta le spalle ai Repubblicani: perché (si dice) la maggioranza dei latinos cattolici è liberal. Ma è una confusione tra causa ed effetto.

Un dato riportato da The Washington Post lo fa ben comprendere. In 5 delle ultime 11 elezioni presidenziali i Repubblicani hanno ottenuto la maggioranza del voto cattolico (la cui componente latina è stata in crescita costante); nel 2004 Bush Jr. fu votato in massa dai cattolici, quindi anche dai latinos; e nel 2012 il Repubblicano Mitt Romney perse contro il Democratico Barack Obama il voto cattolico, quindi quello dei latinos cattolici, di soli due punti percentuali (48 a 50). Non è vero, cioè, che i latinos cattolici votano sempre automaticamente per i Democratici perché i latinos cattolici sono liberal. Scelgono di volta in volta il candidato più gradito, né più né meno di altre componenti dell’elettorato americano, ed essendo essi una componente numericamente assai rilevante finisce quasi sempre che la loro scelta coincide con quella della maggior parte dell’elettorato. La dimensione sul serio inquietante della faccenda è quando la scelta della maggior parte dell’elettorato che coincide con quella dei cattolici latinos non è una scelta cattolica. Quando i cattolici latinos esprimono cioè un voto disgiunto dalla propria fede per motivi negoziabili.

A La nuova Bussola Quotidiana spiega bene il meccanismo Alfonso Aguilar, cattolico, presidente della “Latino Partnership for Conservative Principles” di Washington. «Per i latinos Trump offende gl’immigrati legali e prepara politiche ingiuste contro gl’illegali. Ora, l’immigrazione non è la questione politica che più sta a cuore ai latinos, ma è la chiave per fare breccia nel loro mondo. Il modo in cui un candidato tratta il tema dell’immigrazione dà insomma il tono al resto. Se un candidato presidenziale non si mostra costruttivo su questo argomento, allora i latinos lo bocciano su ogni fronte anche se magari sono d’accordo con lui su altri argomenti più importanti». Una contraddizione assurda, ma dalle conseguenze molto concrete che Aguilar commenta citando un altro dato drammatico: «La maggioranza dei latinos è favorevole alla messa fuori legge dell’aborto eppure, tristemente, il 22% di tutti gli aborti statunitensi sono praticati dai latinos». Insomma, i latinos sono la maggioranza dei cattolici, non è vero che votano sempre per i Democratici poiché sono liberal, ma, mediamente assai conservatori, si negano ai Repubblicani se nella loro percezione sono i Repubblicani a negarsi per primi sulla “mamma” di tutte le questioni, l’immigrazione. Ed è una questione molto più istintiva e territorial (come dicono negli Stati Uniti) che dottrinale. Quattro anni fa esistevano cattolici latinos che frequentavano strettamente solo la Messa in rito antico ma che nondimeno animavano circoli pro Obama per via della sua politica sull’immigrazione: molti dei loro parenti e amici erano infatti immigrati clandestini.

E così, mentre Trump potrebbe venire affondato proprio dai cattolici e non solo da quelli liberal, esattamente come Obama è stato promosso dai cattolici e non solo da quelli liberal, la corsa alla Casa Bianca del tycoon prestato alla politica ha riportato indietro di anni l’orologio del GOP, vanificando gli sforzi sin qui fatti per cercare di allargare il consenso ai non-bianchi. L’immigrazione clandestina e i problemi di criminalità a essa legati sono una piaga. Certamente Trump ha avuto il coraggio di dire in pubblico ciò che molti pensano in silenzio. Ma altrettanto sicuramente sta combattendo una causa importante nel peggiore dei modi possibili. Finché infatti sull’immigrazione non distinguerà lucidamente il grano dal loglio, il GOP continuerà a perdere voti già in potenza vinti. Oggi la sua zavorra maggiore si chiama Trump.