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PROTEZIONISMO

Usa contro Ue, sui dazi è una guerra fratricida

Dopo tre mesi di esenzione, anche gli alleati degli Usa, cioè Canada, Messico e Ue subiscono tariffe protezionistiche sulle esportazioni di acciaio e alluminio. Che Trump considera settori di "sicurezza nazionale". Ma gli alleati rispondono per le rime. Un gioco pericoloso, che si può ritorcere sugli stessi produttori e consumatori americani.

Economia 02_06_2018
Usa, lavoratore dell'acciaio

Dopo aver parzialmente vinto la guerra commerciale con la Cina, l’amministrazione Trump va oltre e applica tariffe protezionistiche anche agli alleati. Lasciando un po’ tutti perplessi, non solo i governi alleati, ma anche la sua stessa maggioranza repubblicana.

Le tariffe su acciaio e alluminio non sono una novità di questa settimana. Erano già state annunciate a marzo, ma i partner economici degli Usa, dunque Unione Europea, Canada e Messico, erano esenti. Questo periodo di tempo è stato impiegato dagli Usa per negoziare condizioni più vantaggiose. Non avendo ottenuto i risultati desiderati, le esenzioni sono saltate, le tariffe protezionistiche sono entrate in vigore per tutti i paesi di provenienza di acciaio e alluminio, nessuno escluso. Gli Stati Uniti hanno una bilancia commerciale in rosso, specie con l’Ue. Solo in alcuni settori, come trasporti, telecomunicazioni e servizi finanziari, gli Usa esportano in Europa più di quel che importano. Su tutto il resto, sono importatori netti. Non che questo sia un male: vuol dire che gli americani hanno soldi da spendere in beni e servizi che gli europei offrono sul mercato. Si tratta di un rapporto che, in fin dei conti, è reciprocamente vantaggioso. Ma l’amministrazione Trump, che su questi temi ragiona in termini mercantilistici (leggasi: vede il commercio come un prolungamento della politica, quindi protegge le esportazioni) ritiene che acciaio e alluminio siano materia di “sicurezza nazionale”, dunque è convinta che tariffe protezionistiche su questi prodotti possano costituire un’eccezione legale, anche alla luce delle norme dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (Wto).

Le reazioni e le rappresaglie non si sono fatte attendere. Il Canada ha annunciato che imporrà il prima possibile dazi del 25% sull’acciaio statunitense, del 10% sull’alluminio, oltre che su una serie di prodotti agro-alimentari. Il Messico metterà il dazio su una grande quantità di prodotti americani d’importazione, dall’acciaio alle mele, passando per il formaggio e la carne di maiale. E così facendo si va a distruggere gradualmente il vasto mercato nord americano. L’Ue, più che rispondere con delle contro-sanzioni, fa ricorso al Wto per violazione delle regole sulla libertà di commercio. Dal punto di vista di Bruxelles, le misure adottate da Trump sono “puramente protezionistiche” e la sicurezza nazionale non è una giustificazione sufficiente per violare le regole. Giusto per ribadire che anche l’Ue è contraria alle pratiche di concorrenza sleale (e che su questo può ancora essere un partner degli Usa contro la Cina), nella stessa occasione Bruxelles ha denunciato al Wto il regime di Pechino, sulla violazione della proprietà intellettuale. Un punto su cui anche gli Usa condividono le stesse preoccupazioni europee. In ogni caso: si va in causa.

Erano proprio necessarie queste tariffe? Il loro vantaggio più immediato, dal punto di vista di Trump, è politico. In questo modo consolida il consenso di quel Midwest industriale che ha perso milioni di posti di lavoro, dalla Grande Recessione in avanti. Tuttavia, anche questo iniziale successo politico, alla lunga può rivelarsi illusorio. La National Review, di area conservatrice, mette in dubbio la giustificazione ufficiale, quella sulla sicurezza nazionale: “La legge conferisce a Trump l’autorità di imporre dazi per proteggere la sicurezza nazionale. Queste tariffe, tuttavia, sono un abuso di quella legge. Il Dipartimento della Difesa ha spiegato che le esigenze militari richiedono solo il 3% della produzione nazionale di acciaio e alluminio e il nostro più grande fornitore, il Canada, è un nostro alleato. Anche se ora ha qualche ragione per essere offeso con noi. Le tariffe protezionistiche sull’acciaio e l’alluminio hanno ridotto la nostra capacità di far fronte comune con altri paesi contro il mercantilismo cinese, hanno addirittura aiutato la Cina a promuoversi presso di loro”. Ma anche dal punto di vista interno, economico ed elettorale, ci sono dubbi che le nuove tariffe possano scaturire in un boomerang. Scrive la National Review nel suo editoriale: “Da un punto di vista economico, pagheremo doppiamente queste tariffe. Le aziende che dipendono da acciaio e alluminio pagheranno prezzi più alti e quelle aziende assumono più persone rispetto alla stessa industria dell’acciaio e dell’alluminio”. Dunque: “Molti Repubblicani pensano che le tariffe, colpendo le loro circoscrizioni, possano ridurre le prospettive di una rielezione”.

E i Repubblicani stanno iniziando a farsi sentire, puntualmente. “Europa, Canada e Messico non sono la Cina – ha obiettato il senatore Ben Sasse – non si possono trattare i nostri alleati così come si trattano i nostri avversari”. Per Kevin Brady, presidente della Commissione del Commercio Internazionale alla Camera, l’amministrazione Trump dovrebbe “Chiarire al Congresso alcune questioni sui danni indiscriminati che queste tariffe stanno causando alle nostre aziende”. Perché “Le tariffe sulle importazioni di acciaio e alluminio sono una tassa sugli americani e avranno conseguenze negative sui consumatori, i produttori e i lavoratori”, come spiega il senatore Orrin Hatch.

Il braccio di ferro con la Cina insegna, comunque, che le tariffe protezionistiche imposte dall’amministrazione Trump sono provvisorie. Sono da intendersi, dunque, solo come strumenti di pressione da usare in un negoziato. “Noi siamo desiderosi di ingaggiare con le controparti ulteriori discussioni”, dichiarava ieri il segretario al Commercio Eilbur Ross, facendo capire che per l’amministrazione Trump la trattativa è appena iniziata. Si spera però che da questa bottiglia non esca veramente il genio della guerra commerciale, quella vera, fatta di opposti protezionismi, da cui non si torna più indietro. Perché ci perderebbero tutti, americani per primi.