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EDITORIALE

Vogliono cancellare il buon governo della Lombardia

A più di sei mesi dalla sentenza Formigoni, ieri sono state pubblicate le 665 pagine di motivazioni. La notizia può giungere ad orecchie inesperte come una condanna di secondo grado. E contribuire alla condanna (politica, stavolta) di un governatore della Lombardia autore di una riforma della sanità, dell'istruzione, della raccolta rifiuti, che tuttora sono modelli di efficienza.

Editoriali 22_06_2017
Roberto Formigoni

E’ giusto cercare di non abituarsi alle barbarie del nostro attuale sistema giudiziario nonché di quella maggior parte dei media che le amplifica e le aggrava. Rientra a pieno titolo tra queste barbarie la distanza che separa la pubblicazione di una sentenza da quella delle sue motivazioni, come pure la lunghezza illimitata di esse.  E’ questo tipicamente il caso della pubblicazione l’altro ieri delle motivazioni della sentenza con cui l’ex-presidente della Lombardia, Roberto Formigoni, nello scorso dicembre 2016 venne condannato a sei anni di carcere per corruzione. Non torno sulla sostanza della vicenda, evidentemente molto più politica che giudiziaria, rimandando a quanto già scrissi nel dicembre scorso, al momento della condanna. Rispetto ad allora non c’è nulla di specifico da aggiungere.

Mi soffermo invece qui sulla gravità di quelle barbarie cui più sopra accennavo. Complici un potente blocco di mass media ostili, e complice l’attenzione inevitabilmente scarsa del proverbiale “uomo della strada”, la gran massa della gente oggi crede che Formigoni sia stato condannato un’altra volta. Crede insomma che la sua colpevolezza sia stata ribadita da un nuovo grado di giudizio oltre a quello di cui alla condanna dello scorso dicembre. Come abbiamo visto non è affatto così, ma per rendersene conto occorre un’attenzione e una competenza che sono fuori della portata della massima parte dei lettori e dei radio e tele-spettatori. Forse nemmeno il 5 per cento di loro può capire che in pratica la notizia dell’altro ieri è soltanto una ripetizione amplificata della medesima notizia già diffusa nel dicembre scorso.

In secondo luogo la lunghezza illimitata delle motivazioni (nel caso di questa sentenza si tratta di ben 665 pagine) spalanca un orizzonte senza fine all’eventuale delirio di onnipotenza del magistrato. Ogni stesura di motivazioni gli dà l’occasione per salire sull’altissimo scranno del Supremo Giudice del Giudizio Universale, e da lì ridipingere ogni volta con parole sue una sua personale Cappella Sistina. Il nostro diritto non gli impone di limitarsi a dire se l’imputato è colpevole o innocente. Gli consente pure, se lo desidera, di insultare impunemente e di mancare di rispetto tanto all’imputato quanto a chiunque altro si possa a lui in qualche modo collegare. 

E’ questa una delle tante conseguenze nefaste di un elemento della nostra procedura processuale che nessuna riforma del processo ha mai sin qui in Italia voluto mettere in discussione. Mentre nel diritto  americano, per far un esempio noto, il processo è solo verbale, da noi è in pratica solo scritto. Nel diritto americano, come si vede in centinaia di telefilm, vale soltanto ciò che viene detto durante il dibattimento, e lo stesso dicasi per quanto concerne la sentenza della giuria. Nel nostro invece vale altrettanto una montagna di documenti scritti, che fa di ogni causa un groviglio via via sempre più inestricabile di materiali di ogni genere.

Al di là dei lati oscuri del nostro ordine costituito, e anche al di là di tutto ciò che l’ha resa più facile, resta da considerare la ragione di fondo della campagna di sistematica denigrazione di Formigoni, e quindi del suo governo della Lombardia, che è in corso ormai da anni. Non nel ricordo della gente comune, ma sulla scena dell’attualità politico-culturale del nostro Paese, si registra un’evidente damnatio memoriae di tutto ciò che di  buono e di importante è stato fatto in Lombardia negli anni dei governi Formigoni.

Sotto gli schizzi di un improvvido tuffo da uno yacht nel mare dei Caraibi si cerca di far sparire le tracce dell’origine dell’ottima riforma sanitaria del 1997, che a leggere certi giornali sembra essersi fatta da sola; della costruzione ex novo o ricostruzione di 12 ospedali; del programma Nasko per l’aiuto alle madri in difficoltà che tuttavia non intendono abortire; del buono scuola; della riorganizzazione del sistema regionale di riciclo dei rifiuti (si pensi per confronto la situazione di Roma); della riforma delle scuole professionali regionali, l’80% dei cui diplomati trova lavoro entro sei mesi dal diploma; della mobilitazione per raccogliere in tutto il mondo consensi alla scelta di Milano come sede di Expo 2015; e si potrebbe ancora continuare. Si cerca insomma ad ogni costo di impedire che dalla buona esperienza di quegli anni in Lombardia qualcuno possa prendere spunto per un’alternativa in sede nazionale alla palude attuale.