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IL CASO

Abortisti, ma buonisti. La faccia “pulita” dell’eugenetica

In Giappone, un giovane uccide 19 persone disabili perché vuole ripulire il mondo dagli imperfetti. In Italia, un padre protesta perché nell’hotel delle vacanze si trova in compagnia di un gruppo di disabili. Entrambi sono messi pubblicamente alla gogna. Magari dagli stessi che plaudono all’eutanasia e all’aborto. 

Vita e bioetica 28_07_2016
L'eugenetica, una cultura diffusa

Prima notizia. Il 26enne Satoshi Uematsu alle 3 di notte del 26 luglio ha ucciso 19 persone disabili e ferito altre 25 presso un centro di accoglienza a Sagamihara, a 40 km a sud-est di Tokyo. Il giovane in passato aveva lavorato in quello stesso centro. Dopo la strage si è consegnato alla polizia portando con sé i coltelli ancora sporchi di sangue. Al momento dell’arresto si è giustificato così: «È meglio che i disabili scompaiano». Uematsu lo scorso febbraio aveva inviato al Parlamento una lettera in cui chiedeva che fosse legalizzata l’eutanasia: «Il mio scopo è un mondo dove, nei casi in cui per persone altamente disabili sia difficile vivere a casa ed essere attivi nella società, essi possano essere uccisi con l’eutanasia, con il consenso dei loro custodi». I media ovviamente commentano indignati per tanto orrore.

Seconda notizia. Un signore con i suoi figli all’inizio di giugno si reca in vacanza presso il villaggio turistico Lido D’Abruzzo a Roseto degli Abruzzi. Poi con il nickname Cico33 posta su Tripadvisor questo commento dal titolo “Il pacco è servito”: «Sono attualmente nella struttura e volevo dire alla direzione di questa struttura che nella vita bisogna essere leali… Spiego. Ho prenotato questo viaggio per far divertire soprattutto i miei figli. Siamo arrivati e nel villaggio era presente una miriade di ragazzi disabili. Premetto non per discriminare ci mancherebbe sono persone che purtroppo la vita gli ha reso grandi sofferenze, ma vi posso assicurare che per i miei figli non è un bello spettacolo vedere dalla mattina alla sera persone che soffrono su una carrozzina. Bastava che la direzione mi avvisava e avrei spostato la vacanza in un’altra data. Sto valutando o meno di intraprendere una via legale per eventuali risarcimenti». Il commento ha ottenuto 1.400 like (in genere su Tripadvisor i like sono al massimo una manciata).

Il Lido D’Abruzzo era stato scelto per ospitare parecchi ragazzi disabili e le loro famiglie – in tutto 400 persone - in occasione del Rotary Campus Abruzzo e Molise. Appena la notizia è stata rilanciata dalla giornalista Selvaggia Lucarelli è piovuta dai social network ogni sorta di commento indignato: deprecabile il commento di quel “pseudo papà” che vuole nascondere agli occhi dei figli la sofferenza altrui; padre egoista, privo di sensibilità, che dovrebbe vergognarsi; comportamento inqualificabile; occorre invece vivere di rispetto, amore, compassione e aiuto reciproco; «è necessario costruire una società che faccia capire come la diversità sia una ricchezza inestimabile della collettività»; «non esiste un problema tanto grande da non poter essere trasformato in opportunità»; «forse quei ragazzi hanno molto più da insegnare a suo figlio di quel che potrà fare lei»; abbasso la discriminazione, viva lo slogan “Tutti insieme, nessuno escluso”.

Parole sante, santissime, che di certo hanno espresso un giustificato sentimento diffuso di riprovazione. Però, come dice Cico33, siamo leali. Un po’ di ipocrisia c’è. Non ci riferiamo ovviamente alle singole persone che hanno espresso tali giudizi assolutamente condivisibili sulla vacanza “rovinata” del sig. Cico. Ci riferiamo invece a coloro che da una parte si stracciano le vesti per gli omicidi avvenuti in Giappone e stigmatizzano il fastidio dello “pseudo papà” per la disabilità e dall’altra plaudono all’eutanasia e all’aborto per i feti malformati. Insomma, qualcosa non torna.

Il signor Uematsu non ha fatto nient’altro che copiare pari pari ciò che avviene nei Paesi Bassi e in Belgio. C’è solo una piccola differenza: non c’è una legge che ancora glielo permetta. Avesse compiuto i 19 omicidi in quei Paesi, avrebbe solo tutelato 19 diritti civili. Oppure, sotto altra prospettiva, ha solo mancato di tempismo: se domani venisse varata una legge pro eutanasia in Giappone, il giovane si tramuterebbe come una barbapapà da assassino in dispensatore di pietà. 

Il signor Uematsu finirà in galera, invece i signori Peter Singer e Tristram Engelhardt, per citare due tra i più noti bioeticisti, finiscono in cattedra nelle più prestigiose università del mondo a motivo di quelle stesse idee eugenetiche che il giovane giapponese aveva trasmesso al Parlamento. Idee che erano quelle di Hitler nel famigerato piano T4 e che troviamo in moltissime leggi e proposte di legge sull’eutanasia in giro per il mondo. Uematsu ha ucciso per pietà e perché i disabili sono solo un peso per la società: concetti usuali per i sostenitori della “dolce morte”. 

Quello che fa ribrezzo nell’opinione pubblica è stato il fatto che non c’è una legge a benedire il suo gesto e dunque lo ha fatto in modo un po’ crudo e da dilettanti. Bene invece uccidere per mandato dello Stato, in cliniche apposite, seguendo una procedura formale, con il consenso del futuro morto ammazzato o di chi ne tutela la dipartita, procurando un decesso pulito, lindo e in carta bollata. Il fai da te è così rozzo e poco per bene, sa di serial killer o di b-movie splatter.

Torniamo al signor Cico. Questo padre di famiglia ha espresso ciò che parecchie decine di milioni di donne all’anno pensano quando vanno ad abortire: «questo figlio disabile non lo voglio proprio vedere. Mi rovina non tanto una vacanza, ma un’intera esistenza. Non è che voglio discriminare i disabili, ma perché costringerlo a una vita difficile per lui e per me?». E le espressioni melense fatte di amore, ricchezza della disabilità, accoglienza del diverso, tutti insieme-nessuno escluso, dove sono finite per i disabili non ancora nati? E quelle di segno opposto che trasudano indignazione, costernazione e irritazione?

Lacrime a fiumi – sacrosante – per questi ragazzi con problemi fisici e mentali, manco una smorfia di dolore per le cataste di bambini uccisi nel ventre materno perché – forse – avevano il labbro leporino. Anzi, in questo caso ci si straccia le vesti se qualche obiettore sussurra quello che molti hanno gridato sui social per il caso abruzzese: anche un bambino disabile è persona ed è una ricchezza. Una schizofrenia che sa di moralismo viscido e peloso perché mette nella casella “da accogliere” i nati e in quella “da scartare” i non nati. Tutti ad abbracciare il bambino down, ma se non è ancora nato meglio lasciarlo all’abbraccio del forcipe del medico abortista.

Curioso poi che tanti hanno provato ribrezzo nel leggere che Cico33 vorrebbe chiedere il risarcimento dei danni. Eppure ormai le cause – perlopiù vinte – in cui una coppia chiede al medico che ha fatto nascere il figlio con handicap i risarcimenti danni non si contano più. E come il signor Cico che, se avesse saputo che c’erano così tanti ragazzi con disabilità, avrebbe spostato la vacanza, così fior fiore di coppie, se avessero saputo che il nascituro era malformato, avrebbe preferito abortire. In entrambi casi, per esprimerci nei termini usati da Cico, un bel pacco, cioè una bella fregatura. Perché, cari sani, come ha ben detto Cico, noi siamo qui per divertirci e chi è venuto invece per rovinare questa vacanza che è la vita - Uematsu  dixit - è pregato di sparire.