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STATO ISLAMICO

Afghanistan, una strage di giornalisti firmata Isis

L'Isis ha rivendicato il duplice attentato realizzato ieri nel centro di Kabul. Fra le vittime ci sono anche molti giornalisti veterani di guerra, afgani e stranieri. L'Isis mira a rubare la scena ai Talebani. Che nel frattempo, a loro volta, hanno rotto le trattative con il governo di Kabul e ripreso la lotta armata contro gli americani e gli alleati.

Esteri 01_05_2018
Shah Marai (al centro), vittima dell'attentato di Kabul

L'Isis ha rivendicato, con un comunicato pubblicato attraverso la sua agenzia di stampa Amaq, il duplice attentato realizzato ieri nel centro di Kabul e che ha provocato la morte (ma il bilancio è ancora provvisorio) di 29 persone e 40 feriti. Almeno nove tra giornalisti, fotografi e cameraman hanno perso la vita in un’azione terroristica che conferma come i reporter rappresentino un obiettivo prioritario per i jihadisti in particolare i membri dello Stato Islamico afghano (Korashan).

Una sensazione rafforzata, sempre ieri, dall’uccisione di un altro giornalista, Ahmad Shah, 29 anni, reporter afghano della BBC britannica, assassinato a Khost, nell'est del Paese in una zona ad alta densità Talebana. Il movimento ha però fatto sapere di non essere responsabile dell'assassinio, sostenendo anzi in un tweet del portavoce degli insorti Zabihullah Mujahid, che "Shah era un vero professionista" ed esprimendo “il nostro più profondo dolore per la sua morte".

L'attacco a Kabul è avvenuto in due tempi: un kamikaze in moto si è fatto esplodere alle 8 del mattino (le 3.30 in Italia) a un posto di controllo nei pressi della sede dei servizi segreti afghani, nel quartiere di Shashdarak, vicino al Dipartimento nazionale di sicurezza. Poi, quando sono arrivati i soccorsi e i media, si è verificata la seconda esplosione, causata da un kamikaze travestito da cameramen. Una tecnica non certo nuova, se si considera che venne utilizzata il 9 settembre 2001 dai terroristi suicidi di al-Qaeda che uccisero in Afghanistan il comandante Massud, il “Leone del Panshjr” acerrimo nemico dei Talebani. Tra le vittime anche un “veterano” dell’Afghanistan come Shah Marai, fotografo dell'Agenzia France Presse dal 1996. "Possiamo solo onorare la straordinaria forza, il coraggio e la generosità di un fotografo che ha coperto eventi spesso traumatici e terrificanti con sensibilità e consumato professionismo", ha detto Michele Leridon, direttore dell’agenzia di stampa ha pubblicato 18.000 foto di orrori e documenti di guerra, ma anche di vita quotidiana.

Anche Yar Mohammad Tokhi, da 12 anni cameraman dell'emittente afghana Tolo News è rimasto ucciso nell’attacco di ieri insieme a Ghazi Rasooli giornalista della Tv pubblica afghana e al cameraman Nowroz Ali Rajabi, mentre Mashal Tv piange Saleem Talash e Ali Saleemi. Pesante anche il tributo di sangue dell'Azadi Radio, emittente legata a Radio Free Europe/Radio Liberty (finanziata dal Congresso degli Stati Uniti), che ha perso ieri la giornalista Mahram Durani e i colleghi Abdullah Hananzai e Sabawoon Kakar. Quest'ultimo il mese scorso, insieme a Farangis Najibullah, aveva raccontato la storia di Jahantab Ahmadi, giovane madre 25enne che si era presentata all'università di Kabul con l'ultima delle tre figlie, ancora neonata, attaccata al collo, per partecipare agli esami d'ingresso, riuscendo a passarli.

Secondo Reporters sans frontieres (Rsf) i giornalisti uccisi dall'inizio del 2018 in Afghanistan sono 30 inclusi 4 blogger e nel rapporto pubblicato la scorsa settimana sulla libertà di stampa nel mondo, l'Afghanistan si trova al 118° posto su 180 Stati anche se RSF riconosce “l'impegno del governo afghano per la protezione dei giornalisti" di fronte agli attacchi dello Stato Islamico e dei Talebani. Nel 2017 i giornalisti uccisi nel mondo erano stati 65, in leggero calo rispetto ai 79 dell'anno precedente e l’Afghanistan risulta appena sotto la Siria nella classifica dei Paesi più pericolosi per i reporter: in entrambi i casi la minaccia è rappresentata dalle milizie jihadiste. 

Gli attacchi ai media perpetrati a Kabul e Khost contro i giornalisti non rappresentano gli unici atti terroristici della giornata di ieri. Un'autobomba è esplosa nei pressi di una moschea e di una scuola elementare nel distretto meridionale di Kandahar, uccidendo 11 alunni e ferendo in modo non grave 8 militari rumeni dell’Operazione della Nato “Resolute Support” che addestra e assiste le truppe di Kabul. L'attacco mirava a un convoglio della Nato ma il terrorista fattosi esplodere all'interno della sua vettura ha solo ferito i militari a bordo di mezzi protetti, ma è risultato letale per i bambini. Nel distretto di Behsud nella provincia orientale di Nangarhar (roccaforte dello Stato Islamico) è stato ucciso in un attentato provocato dallo scoppio di un rudimentale ordigno il capo della polizia mentre sono rimasti feriti il vice governatore distrettuale e tre agenti di polizia. 

Lo Stato Islamico sembra quindi cercare di mostrare la propria vitalità in Afghanistan puntando a mettere in ombra i Talebani proprio mentre si intensificano i gli inviti (l’ultimo lo ha espresso la NATO pochi giorni or sono) a questi ultimi ad accettare negoziati col governo di Kabul. I Talebani, che controllano circa la metà del Paese e soprattutto le aree rurali avevano espresso la disponibilità a negoziare direttamente con gli Stati Uniti ma hanno annunciato il 25 aprile l’inizio dell’offensiva di primavera contro “gli americani e i loro alleati” in Afghanistan. In un comunicato la commissione militare dei talebani l’operazione viene chiamata Al Khandaq ispirata alla ‘Battaglia del Fossato’ (o ‘Battaglia di Medina’) che fu combattuta e vinta il 5 aprile 627 dai musulmani immigrati a Medina e dai loro alleati medinesi convertiti contro gli abitanti della Mecca e i loro alleati pagani. Nel comunicato pubblicato sul loro portale Voce della Jihad i talebani annunciano il lancio della nuova Jihad “contro le forze di occupazione straniere e i loro sostenitori all’interno del Paese. Il primo obiettivo saranno gli invasori americani ed i loro agenti di intelligence, mentre i sostenitori interni saranno affrontati come secondo obiettivo". Il comunicato raccomanda che “una speciale attenzione dovrà essere data alla protezione della vita e dei beni della popolazione civile, per cui dovranno essere adottate tutte le misure cautelative al momento di attaccare gli obiettivi prescelti”.

Secondo fonti Onu a Kabul nel 2017 sono stati uccisi 3.438 civili e 7.015 sono stati feriti, mentre la tendenza quest’anno è al rialzo. Statunitensi e alcuni Stati europei della Nato stanno incrementando le forze tese ad addestrare e consigliare le truppe afghane; saliranno complessivamente vicino alle 20mila unità, per oltre tre quarti americani (Washington prevede di spendere quest’anno 45 miliardi di dollari per le operazioni afghane) ma senza compiti di combattimento se si escludono alcune unità aeree e di forze speciali di Washington. Nell’ultimo vertice NATO di Bruxelles la Germania ha offerto l’incremento da 950 a 1.300 dei suoi militari in Afghanistan escludendoli operò da azioni di combattimento mentre il contingente italiano, recentemente impegnato nella provincia “calda” di Farah ad aiutare le truppe afghane a riconquistare l’area di Shewan, dovrebbe invece ridursi da 900 a 700 unità. 

Quel che è certo è che le forze messe in campo dall’Occidente non saranno sufficienti a sconfiggere Talebani e Stato Islamico ma solo a continuare a “puntellare” le forze governative, permettendo loro di contrastare con una qualche efficacia gli insorti in una guerra di logoramento che sembra senza fine.