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ARGENTINA

Anti aborto e devoto, com'è cattolico questo Macri

Contrariamente a chi lo dipinge un turbo liberista, il presidente Macri si sta distinguendo per le sue uscite contro aborto e legalizzazione della cannabis. E per una preghiera a Gesù al Congresso Eucaristico. Calcolo o sincera visione cristiana del suo ruolo? Intanto però i rapporti col Papa sono migliorati. 

Esteri 03_08_2016
Macri col cardinal Re

Fervente cattolico o semplicemente attento alle tradizioni di fede del suo popolo? L’interrogativo aleggia sul conto del presidente argentino Mauricio Macri, il quale, da quando ha preso possesso della Casa Rosada succedendo alla super laicista Cristina Kirchner, non si è risparmiato in atteggiamenti e posizioni politiche decisamente vicine alla Chiesa.

Di estrazione liberale, Macri non proviene certo dal mondo cattolico propriamente detto, ma negli ultimi mesi ha inanellato una serie di attenzioni verso una concezione cristiana della società che meritano comunque un’attenta analisi.

Ultimo intervento è un secco no alla revisione della legge che in Argentina condanna l’aborto ad eccezione di quello per grave pericolo per la madre. Macri lo ha fatto nei giorni scorsi rispondendo alle domande della giornalista Cecilia Gonzalez di Notimex, uno delle agenzie più importanti del Messico, dove il presidente si era recato per incontrare il presidente della repubblica.

In Argentina si dibatte da alcuni giorni sulla proposta di depenalizzare l’aborto, che di fatto resta ancora un reato, a seguito di un fatto di cronaca che in molti vorrebbero utilizzare come grimaldello per arrivare ad una legge sull’aborto sul modello della nostra 194. Nello stato di Tucuman, regione particolarmente cara agli argentini perché è nella sua capitale San Miguel che, 200 anni fa, che venne proclamata l’indipendenza dalla Spagna, una giovane di 27 anni è stata condannata a due anni di arresti domiciliari per aver abortito illegalmente nel bagno di un ospedale. Vicenda intricata dato che la donna ha sempre continuato a ribadire che si era trattato di un aborto spontaneo, ma che sta servendo a molti per chiedere la depenalizzazione dell’aborto.

Rispondendo ad una domanda della giornalista dunque, Macri è stato categorico: “Finché sarò presidente io, no. Voglio insistere sul fatto che ciò che è importante è difendere la vita. Far nascere un bambino è una delle cose più belle che possa accadere a una coppia. Io starò sempre al fianco della difesa della vita”. Parole decisamente pro life e significative per un presidente e capo del governo, che non sono solite da parte di un leader di una democrazia occidentale.

Sempre nella stessa intervista si è mostrato molto scettico anche sull’eventualità di legalizzazione della cannabis, limitandosi ad un’eventuale verifica circa l’uso di una legalizzazione controllata a fini medici. Ma a colpire sono le motivazioni, anche queste distanti dai leit motiv che solitamente sentiamo ripeterci dai leader di Europa e America. “Dobbiamo studiare i risultati che ha ottenuto l’Uruguay – ha detto accennando all’avvio della pratica nel paese confinante molto liberale su questa politica -, ma bisogna essere molto cauti con queste riforme che all’inizio appaiono molto affascinanti, ma dopo nel tempo diventano un boomerang perché quello di smantellare il narcotraffico è una aspirazione”. Poi, stupendo chi, per estrazione neo liberista lo considerava un paladino di certe tematiche da rivoluzione antropologica, è andato al cuore della questione: “Tutto parte dall’educazione – ha insistito – dobbiamo insegnare a nostri figli che il percorso della droga può essere seducente, ma poi può portare a una disgrazia per la persona e per il suo stesso contorno famigliare”.

Insomma: non proprio quello che il politically correct chiede ad un capo di Stato aperto e liberale come lui. Ed è forse a seguito di queste uscite ben piazzate che i rapporti tra Papa Francesco e l’inquilino della Casa Rosada si sono improvvisamente pacificati, dopo la fredda, per non dire burrascosa, visita di quest’autunno a Roma di appena 20 minuti.

D’altra parte Macrì non perde occasione per rimarcare le radici cattoliche del Paese. Recentemente si è distinto ad esempio per essere intervenuto in chiusura dell’XI Congresso Eucaristico Nazionale tenendo un appassionato discorso sui valori e leggendo una preghiera a Gesù che in Europa sarebbe impensabile. Nella sua orazione pubblica Macri ha chiesto a Dio di accompagnare il popolo a sradicare la corruzione (uno dei temi più cari a Papa Francesco) in tutte le sue manifestazioni. “Gesù Cristo, signore della storia – ha declamato – abbiamo bisogno del tuo aiuto per essere una patria fraterna e solidale, superare gli scontri e camminare uniti” e dopo aver chiesto aiuti contro povertà, ingiustizie e soprusi, ha chiesto la protezione di Gesù e della “Vergine che tanto amiamo per difendere la vita dal concepimento alla sua fine naturale”. Poi in un crescendo rossiniano ha gridato “viva la patria, viva l’amore” e subito dopo è andato ad omaggiare il delegato papale, il cardinale Giovanni Battista Re, presidente emerito della Pontificia Commissione per l’America Latina.

Calcolo? Spregiudicatezza? Toni da caudillo che in Argentina richiamano sempre il padre della patria Peron? Oppure un sincero avvicinamento per il bene comune? O infine una fede certa e provata? Presto per dirlo.

Di sicuro il risultato di stemperare le polemiche con il Papa è stato raggiunto. Anche se sul conto pesano alcune ambiguità rimaste però solo a livello di chiacchiere. Come quella del gennaio scorso rivelata dal Buenos Aires Herald, che riportava la testimonianza di un esorcista, il quale sosteneva di aver ricevuto una telefonata da una persona della casa presidenziale che gli chiedeva di intervenire per “scacciare gli spiriti” dalla residenza dove Macri vive con la moglie Juliana.

La notizia, ripresa da molti media, riportava di forti mal di testa sofferti da Macri, che lo avrebbero indotto a pensare ad una sorta di malocchio. Così la richiesta di chiamare un esorcista anche se il sacerdote ha poi detto che poco dopo la stessa persona dello staff presidenziale lo ha disimpegnato perché alla “fine il presidente ha optato per un rituale buddista”. Il giorno dopo fonti governative si affrettarono a dire che nello staff presidenziale non c’era nessuno con quel nome.