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INGEGNERIA SOCIALE FORMATO GRETA

Anticlimatisti attenti, per voi c'è la camicia di forza

Ci siamo. La tesi di uno psicoterapeuta bavarese: chi non si mostra «adeguatamente interessato all’imminente distruzione del mondo così come lo conosciamo» va curato. Ha «problemi psicologici» che richiedono una psicoterapia. Siamo allo psicoreato e all'ingegneria sociale nel segno del climatismo. 

Editoriali 19_12_2019 English

Ci mancava solo questa.

Sulla rivista della Camera Federale degli Psicoterapeuti (l’equivalente dell’Ordine degli Psicologi) della Baviera è comparso un articolo scritto dal giovane psicoterapeuta Fabian Chmielewski intitolato «La negazione dell'apocalisse. Affrontare la crisi climatica dal punto di vista della psicoterapia esistenziale».

La tesi dell’articolo è semplice: chi non si mostra «adeguatamente interessato all’imminente distruzione del mondo così come lo conosciamo», chi non prova «la risposta emotiva appropriata» di fronte a questa «apocalisse» (cioè il panico, come suggerito dall'«attivista climatica Greta Thunberg»), va curato. Ha «problemi psicologici» che richiedono una psicoterapia.

L’articolo è stato tradotto in inglese sul sito dell’associazione Psychologists for Future (potevano mancare?), nata per «identificare, comunicare e superare» i meccanismi di difesa psicologica alla base del negazionismo climatico. Il politicamente corretto è quindi definitivamente rubricato come patologia psichica. Orwell lo chiamava «psicoreato».

La memoria corre a un articolo comparso quest’estate sull’edizione italiana dell’Huffington Post intitolato «La stimolazione cerebrale non invasiva contro pregiudizi e stereotipi sociali».

In questo articolo, a cura della ricercatrice italiana Maddalena Marini, leggiamo: «[…] La nostra mente contiene stereotipi e pregiudizi che sono legati alle diverse caratteristiche sociali degli individui, quali ad esempio l’etnia, il colore della pelle, il peso, il genere, l’età, l’orientamento sessuale, politico o religioso, la disabilità e la malattia fisica o mentale. […] L’idea che sto portando avanti con la mia ricerca presso l’Istituto Italiano di Tecnologia è che questi stereotipi siano così instillati nella nostra mente che l’unico modo per cambiarli sia modificare i meccanismi biologici del cervello responsabili della generazione e controllo di tali stereotipi. In particolare, i miei studi sono volti all’utilizzo di una procedura, chiamata stimolazione cerebrale non invasiva: tecnica appartenente al campo scientifico delle neuroscienze. Le tecniche di stimolazione cerebrale non invasiva sono delle procedure considerate sicure che permettono, inducendo delle piccole correnti elettriche o magnetiche, di modulare i meccanismi attraverso i quali il cervello regola il nostro comportamento».

Qualcuno potrà stupirsi di questo spregiudicato uso della psicologia e delle neuroscienze per combattere atteggiamenti e opinioni (teoricamente liberi, in un paese democratico). Molte persone, infatti, sono convinte che la scienza e la psicologia in particolare siano ideologicamente «neutrali».

Beh, non è così.

La psicologia del Novecento non è altro che uno strumento nelle mani delle forze rivoluzionarie, così come l’arte moderna e contemporanea. Il suo scopo non è curare la sofferenza delle persone, ma manipolarle e controllarle. Uno dei più importanti psicologi del secolo scorso è Edward Bernays, nipote di Freud. Nel suo libro più famoso, intitolato Propaganda, egli scrive: «La manipolazione consapevole e intelligente, delle opinioni e delle abitudini delle masse svolge un ruolo importante in una società democratica, coloro i quali padroneggiano questo dispositivo sociale costituiscono un potere invisibile che dirige veramente il Paese. Noi siamo in gran parte governati da uomini di cui ignoriamo tutto, ma che sono in grado di plasmare la nostra mentalità, orientare i nostri gusti, suggerirci cosa pensare».

John B. Watson, fondatore del comportamentismo, diede un nome a questa «manipolazione»: ingegneria sociale.