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"Avvenire" si schiera a favore del liberticida Ddl Zan

In un intervento a firma di Luciano Moia, il quotidiano dei vescovi si è messo a tifare per la nuova legge cara al mondo Lgbt, definendo l'ideologia gender educativa. 

Gender Watch 03_07_2020

Neppure il tempo di prender compiuta visione del testo unificato del ddl Zan contro l’omofobia, reso noto nel tardo pomeriggio di martedì, che già c’è chi nel mondo cattolico ha abbandonato ogni cautela correndo ad applaudire un’iniziativa legislativa che sarebbe eufemistico definire liberticida. Il riferimento è al quotidiano della Cei, Avvenire, che ieri, in un intervento a firma di Luciano Moia, si è messo a tifare in modo neppure troppo velato per la nuova legge cara al mondo Lgbt. Vediamo come.

Nell’illustrare il testo unificato, l’editorialista, chiarito come esso contenga profili di novità che ne ampliano la portata («Non è più solo una proposta di legge contro l’omofobia, ma una norma che punta a reprimere tutti gli atti di violenza e discriminazione») si è reso autore di due considerazioni distinte ancorché strettamente concatenate, una più sconcertante dell’altra.

Nella prima, con riferimento alla «Giornata nazionale contro l’omofobia» e alla «strategia nazionale contro la violenza di genere» - tutte cose che avrebbero un diretto sostegno anche economico, se il ddl Zan passasse -, Moia ha spiegato come esse siano «tutte iniziative ad alto tasso di rischio ideologico che sarebbe però sbagliato bollare subito come propaganda lgbt a senso unico». Una frase che da un lato declassa la matematica certezza circa la natura ideologica delle iniziative arcobaleno a mero «rischio», per quanto elevato, e, dall’altro, invita ad abbassare i toni dato che sarebbe «sbagliato bollare subito come propaganda lgbt».

D’accordo, ma perché mai sarebbe «sbagliato bollare come propaganda lgbt» iniziative come la Giornata contro l’omofobia o pianificazioni contro la violenza di genere che, all'atto pratico, si traducono nell’indottrinamento gender nelle scuole? L’editorialista di Avvenire non ha offerto una minima spiegazione al riguardo. Il che è già inqualificabile, considerato l’odio anticristiano di cui l’estremismo lgbt ha già dato ampia e sistematica prova in ogni singola occasione. Ma il peggio deve ancora venire. Già, perché – per venire alla seconda considerazione sconcertante - Moia ha aggiunto pure che suddette iniziative «con una gestione equilibrata e senza estremismi potrebbero rivelarsi anche ottime occasioni educative».

Qui il lettore che fosse colto da uno svenimento o dalla pia speranza di essersi confuso e di esser in realtà alle prese con la lettura di un opuscolo arcobaleno, ecco, sarebbe più che giustificato. Peccato che sia tutto vero. A poche ore dalla presentazione del testo unificato contro l’omofobia, una norma che se approvata – come ben illustrato da La Nuova Bussola Quotidiana – infliggerebbe un colpo mortale alla libertà di espressione gettando le basi per un totalitarismo lgbt, Avvenire, tramite una delle sue firme di punta, non solo chiede di abbassare i toni, ma afferma che sarebbe «sbagliato bollare come propaganda lgbt» eventi e situazioni che «potrebbero rivelarsi anche ottime occasioni educative».

E tutto questo perché? Perché ieri, si legge sempre in questo surreale articolo, «nella relazione introduttiva Zan ha escluso» ogni deriva liberticida. In parole povere, siccome il promotore di una normativa carica di insidie, che prevede la rieducazione mediante lavoro gratuito presso le associazioni Lgbt per gli «omofobi» - e che stanzia milioni di euro per finanziare la propaganda Lgbt nelle scuole e nelle amministrazioni pubbliche (artt. 5, 7 e 9) – dice che va tutto bene, allora per il quotidiano dei vescovi va tutto bene. Una banalizzazione? Magari lo fosse: l’editoriale di Moia, giornalista non nuovo a uscite discutibili sul piano bioetico, è lì. Basta leggerlo.

A questo punto le cose sono quindi due: Avvenire corre tempestivamente ai ripari, spiegando che quell’articolo non riflette in alcun modo la sua linea editoriale, oppure la conclusione obbligata è una constatazione amarissima. Quella di un mondo cattolico italiano i cui massimi vertici non solo non intendono combattere per fermare il ddl Zan, ma sostanzialmente vanno già a braccetto con quest’ultimo. Neppure una resa, dunque, ma un vero e proprio tradimento. Disonore.

Uno scenario da incubo che, francamente, speriamo possa essere smentito al più presto. Ma anche così non fosse, resterebbe intatto lo sconfortante enigma di interventi giornalistici che dovrebbero dettare una linea e invece seminano confusione; o, semplicemente, dettano sì una linea. Ma non quella della libertà di pensiero né, tanto meno, quella cattolica.