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DOPO IL CASO PERUGIA

Baby riconoscimenti, il braccio forte della legge

La Corte di appello di Perugia ha obbligato il Comune del capoluogo umbro di trascrivere immediatamente l'atto di nascita con entrambe le donne che reclamano la maternità del bambino, partorito all’estero da una delle due. Il Comune ricorrerà in appello. Sia i Comuni sia Tribunali si stanno muovendo in maniera differente e contraddittoria. Ma al di là degli illeciti amministrativi il punto centrale della questione è meramente antropologico.

Famiglia 27_08_2018

Là dove non intervengono le forzature dei sindaci, che impongono alle anagrafi italiane le trascrizioni di atti di nascita prodotti all’estero con “due madri” o “due padri”, ci pensa la giurisprudenza creativa dei tribunali a legittimare ex post una condotta che in Italia è reato.

Lo scorso giovedì 23 agosto la Corte di appello di Perugia ha obbligato il Comune del capoluogo umbro di trascrivere immediatamente l'atto di nascita con entrambe le donne che reclamano la maternità del bambino, partorito all’estero da una delle due e ottenuto, inevitabilmente, tramite inseminazione eterologa, pratica che nel nostro Paese è preclusa alle coppe dello stesso sesso.

Il sindaco Andrea Romizi, a guida di una coalizione di centro-destra, aveva infatti opposto un immediato rifiuto alla richiesta di trascrizione, poi in primo grado il tribunale gli aveva imposto di registrare l’atto all’anagrafe, il comune ha rifiutato di nuovo ed è ricorso in appello ma la Corte di Appello gli è andata ancora contro. Adesso il Comune sta valutando di ricorrere per Cassazione.

Tra l’altro l’atto di nascita dovrebbe limitarsi a stabilire la genitorialità biologica del bambino, fatti diversi sono l’adozione del figlio del partner e podestà genitoriale decise successivamente dai tribunali quando queste sono richieste.

Intanto hanno manifestato piena solidarietà al primo cittadino di Perugia il presidente del Family day, Massimo Gandolfini, e il senatore della Lega nonché avvocato al foro di Perugia, Simone Pillon, il quale lo scorso giugno era già intervenuto sulle forzature imposte da alcuni sindaci con un’interrogazione parlamentare al ministro dell’Interno, Matteo Salvini. Il titolare del Viminale a sua volta si era detto contrario ad ogni tipo di iscrizione e trascrizione artificiosa, sostenendo che bambini hanno diritto a un padre e una madre e che avrebbe presto emanato un provvedimento dopo il parere dell’avvocatura dello Stato che, al momento, non è ancora arrivato.

Sempre lo scorso giugno le organizzazioni pro family CitizenGO Italia e Generazione Famiglia hanno indirizzato alle procure competenti un esposto formale per agire contro le amministrazioni di Milano, Torino, Firenze, Bologna e di Gabicce. E così si è mossa la procura di Pesaro che ha impugnato la trascrizione, effettuata dal Comune di Gabicce lo scorso 18 aprile, dell’atto di nascita di due gemelli ottenuti due uomini di 57 e 34 anni, grazie ad una maternità surrogata commissionata in California tramite un regolare contratto.

Insomma in Italia sia i Comuni sia Tribunali si stanno muovendo in maniera differente e contraddittoria. Ma al di là degli illeciti amministrativi il punto centrale della questione è meramente antropologico. C’è un piano inclinato creato dalle sentenze della magistratura che porta a riconoscere come famiglia ogni tipo di aggregazione umana che risponde ai desideri di uno o più adulti.

Nessuno può negare infatti quei bambini non sono figli di due mamme o di due papà, ma di un uomo e di una donna come tutti gli esseri umani, con la differenza che a loro il padre o la madre non sono stati negati da un evento drammatico (morte o abbandono) ma da una precisa scelta di puro egoismo (non stiamo giudicando la capacita di amare di una coppia dello stesso sesso ma voglia di un figlio ad ogni costo).

D’altra parte un giorno anche per quel bambino la verità brucerà dentro perché la verità non può mai essere del tutto cancellata. Non è un caso che in Francia sta montando la richiesta di eliminare l’anonimato sui donatori di ovuli e seme (che nella pressoché totalità dei casi non sono donati ma venduti) per consentire a migliaia di ragazzi di conoscere i propri genitori biologici e anche eventuali parenti, in particolare fratelli e sorelle. Mentre è in corso il dibattito sulla revisione della legge sulla bioetica, la richiesta è arrivata dal presidente dell’associazione Pmanonyme Vincent Brés.

Secondo quanto riporta Italia Oggi, a questa associazione si rivolgono sempre più ragazzi, tra questi anche Lisa, di 21 anni, che si è posta la questione delle proprie origini dopo essere scampa all’attentato di Nizza. Una vicenda che sembra dire che quando la propria vita è a rischio ci si rende conto di cosa conti davvero.