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OBBLIGO DI UCCIDERE

Canada, l’hospice rifiuta l’eutanasia. Sfratto vicino

Nella Columbia Britannica, c’è un hospice di ispirazione cristiana che è stato costretto a mandare avvisi di licenziamento ai propri impiegati perché si rifiuta di praticare l’eutanasia ed è in procinto di subire lo sfratto dall’autorità sanitaria locale. Calpestata l’obiezione di coscienza. Un caso che ricorda come la legalizzazione del male porti dritto alla dittatura.

Attualità 19_01_2021

Il titolo potrebbe essere “O uccidi, o chiudi”, ma descriverebbe solo in parte l’assurdità della storia. Nella Columbia Britannica, la più occidentale delle province del Canada, c’è un hospice di ispirazione cristiana che è stato costretto a mandare avvisi di licenziamento ai propri impiegati perché si rifiuta di praticare l’eutanasia ed è in procinto di subire lo sfratto. Parliamo dell’Irene Thomas Hospice, una struttura con dieci posti letto situata nella città di Delta e gestita dalla Delta Hospice Society (DHS).

Il terreno su cui insiste l’hospice, in funzione dal 2010, è di proprietà della Fraser Health - l’autorità sanitaria locale che serve circa 1,8 milioni di persone - con cui la DHS aveva firmato a suo tempo un contratto di affitto e di servizio della durata di 35 anni, comprensivo di finanziamenti annuali a copertura di buona parte dei costi operativi. Nel 2020 la Fraser Health ha annunciato la cancellazione degli effetti del suddetto contratto a decorrere dal 25 febbraio di quest’anno. E questo avviene, come hanno spiegato i responsabili della DHS in un comunicato stampa, «semplicemente perché rifiutiamo di sottoporre ad eutanasia i nostri pazienti».

La controversia è nata a seguito dell’approvazione nel giugno 2016 della cosiddetta “Medical assistance in dying” (Maid), cioè della legge nazionale su eutanasia e suicidio assistito. Sulla carta è prevista una generica forma (non assoluta) di obiezione di coscienza, ma province e territori del Canada possono anche prevedere regole aggiuntive rispetto ai termini generali della legge, purché non in conflitto con il codice penale (vedi qui).

Da quando sono intervenuti tali cambiamenti, che hanno stravolto il paradigma di cura del paziente, la Fraser Health ha cercato di imporre la Maid nelle varie strutture che ricadono dentro il suo raggio d’azione, con tattiche di “bullismo”, come sono state chiamate. Anche professionisti di primo piano si sono dovuti adeguare o cambiare aria. Come il dottor Neil Hilliard, che il 19 dicembre 2017 ha rassegnato le dimissioni da direttore del programma di cure palliative della stessa Fraser Health, non condividendone la svolta mortifera e in particolare l’imposizione dell’eutanasia perfino nelle unità di cure palliative e negli hospice. Nella lettera con cui ringraziava i colleghi per il sostegno ricevuto in quattro anni di lavoro, Hilliard citava sia il padre delle cure palliative in Canada, Balfour Mount (tuttora vivente e fortemente contrario alla manipolazione contenuta nell’espressione “morte medicalmente assistita”), sia la fondatrice dei moderni hospice, l’inglese Cicely Saunders (†2005), che sosteneva la necessità di un’autentica relazione di cura fino alla morte naturale.

Tornando al caso della Delta Hospice Society, il suo consiglio d’amministrazione ha fatto presente che se da un lato «la fornitura della Maid è un servizio a scelta, legale, in tutto il Canada», dall’altro «nulla nella legge canadese, comunque, richiede che la morte medicalmente assistita sia resa disponibile in ogni luogo, in ogni momento e per tutti». A mostrare quanto sia pretestuosa e persecutoria l’azione contro la libertà dell’hospice c’è il fatto che a pochi passi - meno di cinquecento metri - sorge il Delta Hospital, che già pratica (purtroppo) l’eutanasia. Invece, «la Costituzione della nostra Società privata - spiega la DHS - e il nostro impegno per le cure palliative ci impedisce di offrirla [l’eutanasia, ndr]. Né il consiglio d’amministrazione della DHS, né la stragrande maggioranza dei nostri pazienti e membri vogliono cambiare ciò», ossia i principi dell’hospice.

Proprio alla luce di tale cultura della vita, la DHS aveva tentato di avere riconosciuta per via giudiziaria la possibilità di rigettare le richieste dei pazienti desiderosi di accedere alla struttura ma favorevoli all’ottenimento della “morte assistita” e quindi in disaccordo con la morale cristiana alla base del medesimo hospice. Ma è stato un tentativo fin qui vano (a novembre 2020 è stata persa la causa davanti alla Corte d’Appello provinciale), come riferisce il Vancouver Sun.

Questa storia ricorda quale abisso porta con sé l’idea che la morte procurata - cioè il suicidio/omicidio - sia un “diritto”. La pretesa libertà di una minoranza, ossia l’istituzionalizzazione della sua scelta (ove questa non sia imposta al malato) per un male intrinseco - si tratti dell’eutanasia o di altre presunte “conquiste” della società moderna -, si traduce via via in un obbligo generalizzato, tipico delle dittature, a fare il male. Almeno fino a quando non ci sarà una provvidenziale inversione di rotta.