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IL CASO

Centrodestra diviso, così non può governare

Salvini deciderà lunedì se far saltare il tavolo di governo e aprire la crisi, oppure se rinegoziare i termini del contratto di governo. Ma nel Centrodestra ci sono prove tecniche di scontro fratricida. Improbabile un governo di centrodestra, senza passare da elezioni politiche, destinate a ridisegnare la geografia e a consacrare nuove leadership.

Politica 22_05_2019

Le laceranti divisioni nel governo occultano solo in parte la prolungata agonia del centrodestra, che continua ad autodichiararsi maggioranza nel Paese, ma anche a mostrarsi polverizzato in correnti e sottogruppi.

Sono almeno quattro le anime del centrodestra che faticano a trovare una sintesi per rendere quell’area politica attrattiva in termini di voti. E non si può neppure dire che sia quello di domenica prossima l’appuntamento elettorale giusto per collaudare tale formula unitiva. Infatti alle europee si vota con il sistema proporzionale e dunque ogni forza punta ad enfatizzare le differenze dagli altri partiti per massimizzare il bottino nelle urne.

Lo stiamo vedendo anche nella disputa quotidiana tra Lega e Cinque Stelle, che sono al governo insieme ma litigano aspramente su tutto, proprio per intercettare due elettorati in parte conflittuali tra loro.

Nel centrodestra, però, la situazione è più articolata. C’è una parte di centrodestra che sta al governo e che ambisce a starci in posizione di maggiore forza dopo il voto di domenica prossima, e ci sono altre due parti che stanno all’opposizione e combattono fondamentalmente per non farsi assorbire dalla prima forza, cioè dal Carroccio: Forza Italia (con cespugli centristi) e Fratelli d’Italia.

Matteo Salvini deciderà lunedì prossimo, risultati alla mano, se far saltare il tavolo di governo e aprire la crisi, oppure se rinegoziare semplicemente i termini del contratto di governo per strappare qualche concessione in più in materia di autonomia, grandi opere, flat tax e magari anche qualche poltrona aggiuntiva rispetto a quelle che ha ora. In consiglio dei ministri in questo momento la maggioranza ce l’hanno i Cinque Stelle e questo frena non poco le iniziative salviniane. Un esecutivo con la stessa maggioranza ma con rapporti di forza rovesciati sarebbe in questo momento l’ideale per il Capitano, che non ha nessuna voglia di tornare con Berlusconi, ma che nel contempo deve rassicurare i ceti produttivi del nord e i governatori delle principali regioni settentrionali che sentono scricchiolii sempre più frequenti nell’elettorato leghista per i troppi cedimenti al giustizialismo e all’assistenzialismo di matrice grillina.

Tuttavia, la convivenza con i Cinque Stelle potrebbe rivelarsi insostenibile se la diversità di vedute sui conti pubblici e sull’atteggiamento da tenere nei confronti dell’Unione europea orientasse i due attuali alleati di governo verso posizioni inconciliabili. E allora ecco il piano B di Matteo Salvini, quello di una coalizione sovranista con Giorgia Meloni e Giovanni Toti. Quest’ultimo è strategico in tale disegno perché potrebbe drenare classe dirigente e voti dalle fila di Forza Italia, partito in cui non s’intravvede alcun orizzonte al di là della leadership di Silvio Berlusconi.

Ma Berlusconi corre probabilmente per l’ultima volta alle europee e, qualora gli azzurri non dovessero superare la fatidica soglia psicologica del 10%, potrebbe definitivamente uscire dalla politica. A quel punto dirigenti ed elettori si sentirebbero liberi di confluire o direttamente nel Carroccio o in quel contenitore che Meloni e Toti stanno costruendo per affiancarsi alla Lega in un’alleanza di governo.

La guerra delle ultime ore tra Forza Italia e Fratelli d’Italia è incentrata proprio su questo. Il partito azzurro ritiene che Berlusconi possa ancora rivelarsi un catalizzatore di voti e anche un intermediario per le future alleanze in Europa tra Ppe e sovranisti. La Meloni è terrorizzata dalla prospettiva di non raggiungere il 4%, soglia al di sotto della quale non riuscirebbe ad eleggere alcun europarlamentare. 

Il Cavaliere è tornato a lanciare l’idea di Mario Draghi premier per porsi come uomo di equilibrio e per catturare i consensi dei moderati di centrodestra spaventati dagli eccessi verbali di Matteo Salvini. Così facendo, potrebbe recuperare voti nell’area di centrodestra e sottrarli anche alla Meloni, che soffre in modo crescente la concorrenza di Matteo Salvini anche al sud.

Nel centrodestra, quindi, ci sono prove tecniche di scontro fratricida, anche se dopo le elezioni europee bisognerà tornare a costruire un’alternativa al sovranismo proprio a partire dal centrodestra. La classe dirigente di centrodestra continua ad essere la stessa, senza un vero ricambio e con più di qualche scheletro nell’armadio. La proposta politica di centrodestra non c’è, anche perché Salvini sta attuando parte dei programmi di centrodestra governando però con i Cinque Stelle. In questo panorama appare improbabile la formazione, in questa legislatura, di un governo di centrodestra, senza passare da nuove elezioni politiche, destinate a ridisegnare la geografia delle alleanze e a consacrare nuove leadership.