Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Giovedì Santo a cura di Ermes Dovico
CINEMA

Da Tognazzi ai nuovi film gay: è il solito vizietto

Se andate al cinema in questi giorni trovate Weekend (due gay iche si incontrano in un orinatoio) e l’italiano Un nuovo giorno (bimbo trans). Se ci siete andati la settimana scorsa avete trovato The danish girl (storia del primo trans) e Carol (storia di due lesbiche). E pensare che tutto è iniziato con Ugo Tognazzi…

Cinema e tv 30_03_2016
La locandina del film Il vizietto

Se andate al cinema in questi giorni trovate Weekend (due gay inglesi che si incontrano in un orinatoio) e l’italiano Un nuovo giorno (bimbo trans: i cineasti italiani sono sempre più realisti del re, poveracci). Se ci siete andati la settimana scorsa avete trovato The danish girl (storia del primo trans) e Carol (storia di due lesbiche, una delle quali malmaritata), nonché lo straziante Freeheld (una lesbica morente che lotta per far dare la pensione di reversibilità alla sua partner). 

Il pioniere fu Ed Wood, il più strampalato regista di Hollywood che nel lontano 1953 fece un prevedibile flop al botteghino col suo Glen or Glenda. Eh, i tempi non erano maturi e gli americani preferivano vedere al cinema le avventure dei machos John Wayne e Gary Cooper (non a caso, tutti e due convertiti cattolici). Ma il cinema hollywoodiano non demorse e passò la palla all’Europa, per la precisione all’Italia che, nell’abbuffata di commedie erotiche anni Settanta, infilò Splendori e miserie di Madame Royale, con un Ugo Tognazzi en travesti. 

É vero, gli americani si erano dati l’Oscar qualche anno prima con il film A qualcuno piace caldo, ma era uno scherzo, un gioco-degli-equivoci, mentre quello italiano faceva sul serio. Sempre Tognazzi insisté con Il vizietto, e fece talmente centro che gli americani si precipitarono al remake con La cage aux folles, con Gene Hackman. Tra parentesi, non c’è successo cinematografico europeo che gli americani non sentano il bisogno di “rifare” (remake) con attori e registi nazionali per soddisfare il loro sciovinismo, dall’italiano Profumo di donna allo svedese Millennium

Da allora, via via, sassolino dopo sassolino, si arriva alla valanga odierna, preparando il terreno con A Wong Foo e il celebratissimo Priscilla, la regina del deserto (entrambi sulle drag-queen, che sarebbero i travestiti da avanspettacolo). A quel punto l’ora di fare sul serio era giunta, e fu quella del premiatissimo Philadelphia, santificazione e martirio omosex. Seguì l’Oscar ad American beauty, dove un colonnello dell’esercito, severo, marziale, machissimo e guerrafondaio si rivela gay (classico luogo comune della subcultura dei bar “alternativi”). E, infine, ecco Milk che, ovviamente, vinse l’Oscar. Pare sia in lavorazione il kolossal Stonewall, storia della prima rivolta gay americana. 

In tutto questo tripudio di love is love (unisex) i fratelli Larry e Andy Wachowski, ideatori e registi della saga Matrix, rispettivamente 50 e 48 anni, hanno deciso che era il momento giusto per fare outing. E de che? Per dichiararsi apertamente gay? No, di più: i due hanno annunciato ufficialmente urbi et orbi che sono diventati Lana e Lilly. Cioè, hanno cambiato sesso. Lilly ha confessato che sua moglie e i suoi amici sanno tutto da tempo e che «senza il loro amore e il loro sostegno non ce l’avrei fatta». Sui motivi del sostegno della moglie sono aperte le ipotesi. Ce n’est qu’un début, tenetevi forte perché è solo l’inizio. 

Dopo il campione (americano) di decathlon diventato donna e all'istante sparato sulle copertine dei rotocalchi più glamour del mondo (cioè, americani), sull’ultima trincea è rimasto Clint Eastwood con il suo Sniper (american anche lui). C’è dunque un’America che resiste (anche se ha 84 anni). Il cecchino dei Navy Seals che spara al bambino-kamikaze islamico è stato premiatissimo al botteghino (cioè, dal popolo), mentre gli hollywoodiani si premiano addosso con storie strappalacrime di omosessuali o “di denuncia” della pedofilia dei preti cattolici (tutti). Ma il vecchio Clint dimostra che il cuore di tanti americani batte altrove. La speranza è l’ultima a morire.