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IL CASO

Deputati col bonus, il problema è il welfare per tutti

Si è scatenata la caccia ai cosiddetti “furbetti del bonus”. Giusto, ma il problema è un altro: chi lo ha richiesto il bonus, parlamentari compresi, ne aveva diritto. Non hanno violato alcuna legge. Perché il Governo ha deciso di erogare a pioggia questi sussidi senza valutare l’effettivo stato di bisogno dei richiedenti?

Editoriali 11_08_2020

Il rispetto delle norme sulla privacy impedisce all’Inps di fare i nomi dei 5 parlamentari e dell’importante conduttore televisivo che avrebbero chiesto il bonus di 600 euro assegnato dal Governo ai lavoratori autonomi particolarmente colpiti dalla pandemia e dal conseguente lockdown.

Si è scatenata la caccia ai cosiddetti “furbetti del bonus” e i media hanno dipinto giustamente questi rappresentanti del popolo come degli irresponsabili che predicano sacrifici ma non rinunciano ad arrotondare il loro già lauto stipendio (13.000 euro netti al mese) con un sussidio pensato per chi, invece, non ha guadagnato un euro nei mesi di forzata chiusura.

Sembra che i cinque deputati richiedenti il sussidio appartengano alla Lega (3), a Italia Viva (1) e al Movimento Cinque Stelle (1). Nelle ultime ore si è fatta strada l’ipotesi che a riscuoterlo siano stati effettivamente soltanto in tre (due leghisti e un pentastellato). Ma al di là dei dettagli la sostanza non cambia.

Il moto di indignazione è diffuso in tutte le forze politiche, che hanno chiesto ai loro eletti di rinunciare alla privacy e di autodenunciarsi. I più disgustati invocano perfino le loro dimissioni.

Va detto che ad aver fatto richiesta del bonus sono stati anche duemila tra sindaci, assessori e consiglieri regionali e comunali sparsi per l’Italia, ma alcuni di loro percepiscono compensi e gettoni di presenza davvero irrisori (poche centinaia di euro al mese) e non vivono di politica, per cui la loro istanza non appare affatto offensiva e inopportuna.

I 5 deputati, quindi, farebbero bene a chiedere scusa e a restituire o a donare in beneficienza il bonus, mentre per gli altri bisognerebbe fare delle distinzioni.

Ma il punto è un altro. Tutti coloro i quali hanno richiesto il bonus, parlamentari compresi, ne avevano diritto. Non hanno violato alcuna legge. Infatti, l’erogazione di quel sussidio non era subordinata ad alcun requisito, ad esempio la mancanza di guadagni. Soltanto la terza tranche (i mille euro previsti per il mese di maggio) presentavano restrizioni, poiché il richiedente doveva dimostrare di aver avuto un consistente crollo dei guadagni rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Dunque i 1.200 euro previsti (senza condizioni) per il mese di marzo e di aprile (600 al mese) sono stati percepiti da tutti quelli che ne hanno fatto domanda. Una riflessione è dunque doverosa.

Visto che, si sa, “l’occasione fa l’uomo ladro”, perché il Governo ha deciso di erogare a pioggia questi sussidi senza valutare l’effettivo stato di bisogno dei richiedenti? Non sarebbe stato più giusto inserire una soglia di reddito raggiunta la quale non si sarebbe più avuto diritto a quell’assegno?

Lo scandalo sta proprio qui e ricorda i tanti errori commessi da governi statalisti e assistenzialisti. Elargire senza criterio soldi pubblici è quanto di più sbagliato e diseducativo uno Stato possa fare. Trattare situazioni disuguali in modo uguale vuol dire accrescere le disuguaglianze e acuire le storture del sistema socio-economico.

Indignarsi ora per il gesto di quei parlamentari e di altri politici regionali e comunali è comprensibile, ma sarebbe stato importante non metterli nelle condizioni di fare quello che hanno fatto. Il nostro welfare fa acqua da tutte le parti e questo episodio lo conferma in maniera drammatica.

Peraltro ritornano alla mente gli aiuti dati per decenni ad aziende decotte come Alitalia (non è scandaloso anche quello?) o gli scandali dei rimborsi dei consiglieri regionali che, in molti casi, rendicontavano spese alquanto bizzarre e di certo non collegate allo svolgimento delle loro funzioni.

A pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca. Non è che questa storia dei 5 parlamentari spudorati nel chiedere il bonus dei 600 euro è stata tirata fuori ad arte dall’Inps (guidato, guarda caso, da una persona assai vicina ai 5 Stelle, Pasquale Tridico) per alimentare ancora di più l’odio anti-casta e spingere gli elettori a votare “si” al referendum del 20 settembre sulla riduzione del numero dei parlamentari?