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ANNIVERSARI

Divorzio, chi aveva previsto tutto...

"Se fossi vissuto sempre in Italia probabilmente sarei un divorzista...".
Tantissime le risposte al quiz, da oggi alle 15 la soluzione.

Attualità 09_12_2010
divorzio 2
Se fossi vissuto sempre in Italia probabilmente sarei un divorzista. Ho invece trascorso una quindicina di anni in paesi nei quali vige il divorzio (sappiamo del resto che vige quasi ovunque). Sulla base di quel che ho visto e sentito, ho acquistato alcune convinzioni che cercherò di riassumere, e che sono, comunque, contrarie al divorzio.

Sono profondamente convinto che lo Stato deve regolare l’istituto del matrimonio secondo i propri criteri politici, sociali e morali, senza subire l’interferenza di enti esterni, e quindi neanche della Chiesa cattolica. Lo Stato deve essere altrettanto libero e autonomo nella sfera del matrimonio civile, quanto lo è la Chiesa nella sfera del matrimonio religioso. Eppure rimango d’avviso che il divorzio sia sconsiglabile. Non già perché contrasti con la morale cristiana, che rispetto, ma che non intendo prendere in considerazione. Bensì perché lo ritengo nocivo, nel complesso, alla società.
 
Conosciamo benissimo gli argomenti a favore del divorzio, e chiunque sia stato sposato per qualche anno si sarà sorpreso a rimuginarseli in testa. Marito e moglie non vanno d’accordo; diventano nemici l’uno dell’altra; si irritano a vicenda in ogni momento della giornata, a ogni parola che dicono. Nessuno vorrà sostenere che la loro vita sia molto piacevole. Perché costringerli a rimanere insieme fino all’ultimo dei loro giorni? I bambini crescono in un’atmosfera burrascosa, carica di elettricità. A un certo momento vi è la possibilità che il marito si innamori di un’altra donna, o la moglie di un altro uomo, o tutt’è due le cose insieme, e allora si creano quelle che si chiamano comunemente situazioni “false”: separazione dei coniugi, conseguente convivere illegale (con varianti messicane). Conosciamo tutte queste cose.

Il divorzio ha il vantaggio di riparare l’errore di un matrimonio sbagliato e permette di ricominciare. D’accordo. Ma presenta anche uno svantaggio che è, a mio avviso, ancora maggiore. Esso uccide, o riduce fortemente, la volontà dei coniugi di compiere ogni possibile sforzo per salvare un matrimonio pericolante. Dobbiamo ricordare innanzitutto che ogni matrimonio, prima o dopo, corre qualche serio pericolo. Uomini e donne sono troppo diversi gli uni dagli altri per andare costantemente d’accordo e la vita in comune sotto lo stesso tetto produce sempre qualche profonda irritazione (anche tra fratelli e sorelle, tra genitori e figli, eccetera).

Succede dunque che gli sposini, a un bel momento, hanno l’impressione di capirsi un po’ meno di prima, poi di non capirsi per niente, e alla fine sono colti dal sospetto di non essere fatti, come si dice con altra frase ormai di uso comune, l’uno per l’altra. Che cosa succede in questo momento pressoché inevitabile in qualsiasi unione matrimoniale, se esiste la possibilità del divorzio? Quel che succede l’ho visto in Inghilterra, in Germania, in Scandinavia. La possibilità di uscire da una stanza in cui si sta scomodi genera un potente, quasi irresistibile desiderio di uscire, senza tentare di rendere quella stanza, quanto più possibile, comoda e abitabile. E ogni indebolimento della volontà dei coniugi è gravissimo, anzi fatale, perché, nei matrimoni davvero pericolanti, solo un grande sforzo da parte di entrambi, senza indecisioni e incertezze, può salvarli.

Ne consegue che l’istituto del divorzio, anche se ha il vantaggio di sanare di tanto in tanto le situazioni insostenibili, ha il gravissimo difetto di indebolire la fibra morale dei cittadini. Esso fa di loro, uomini e donne, persone che fuggono davanti alle difficoltà, e non persone che le affrontano con coraggio. Il danno si ripercuote su tutta la vita sociale. L’indebolimento, inoltre, si ripete a ogni successivo matrimonio di chi si sia già divorziato. L’esperienza dei paesi col divorzio conferma quanto sa benissimo ogni studioso di psicologia. Le difficoltà del primo matrimonio risorgono quasi immutate nel secondo, perché la loro causa fondamentale non risiede nel partner, cioè nell’altro coniuge, bensì in noi stessi.

In parole povere: ogni moglie, e ogni marito, prima o dopo rivela qualche tratto irritante. Il matrimonio felice non consiste nella ricerca del partner privo di peculiarità irritanti, perché tale essere umano non esiste: bensì nella nostra capacità di sopportare l’irritazione e, a poco a poco, di eliminarla con un miscuglio di diplomazia, di serenità, di pazienza e di fermezza; insomma di “saper vivere”. Ma è proprio questa capacità che il divorzio attenua e distrugge. Là dove vige il divorzio è più facile, come in Scandinavia, la gente passa di matrimonio in divorzio tutta la vita. Vi risparmio la descrizione delle conseguenze per i figli, perché furono descritte già migliaia di volte…

Sono convinto che l’assenza di divorzio non può salvare tutti i matrimoni, ma ne salva molti che altrimenti finirebbero male. Lo Stato, per la salvezza della famiglia, che è un istituto di importanza ovvia, e per la felicità della maggioranza dei cittadini, fa quindi bene a mio avviso a non permettere il divorzio, anche se questo sacrifica l’esistenza di una minoranza verso i quali tutti sentiamo, si capisce, una profonda comprensione”

(Questo articolo è stato pubblicato il 28 novembre 1964)