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POLONIA

Dossier, così i servizi “rossi” ricattavano i sacerdoti

Per capire certe accuse al defunto Gulbinowicz e ad altri prelati polacchi bisogna rileggere la storia. Il regime comunista combatteva ogni oppositore con la persecuzione fisica o psicologica. I servizi segreti preparavano dossier per ogni sacerdote e negli anni Settanta un migliaio di funzionari lavoravano solo per controllare la Chiesa, vista come nemica del sistema. Pochi erano i sacerdoti (circa il 10%) che collaboravano. Chi resisteva o “disturbava” poteva anche essere ucciso.

Cultura 15_12_2020 English Español

La condanna vaticana dell’arcivescovo emerito di Breslavia, il cardinale Henryk Gulbinowicz, accusato non soltanto per un presunto episodio di molestie sessuali ma anche di collaborazione con i servizi segreti del passato regime comunista polacco, ha suscitato scalpore e perplessità. Tanti conoscenti italiani mi hanno chiesto come mai molti sacerdoti polacchi sono accusati di aver collaborato con il regime. Lo hanno fatto senza conoscere la reale storia dei Paesi comunisti e i metodi di controllo della società da parte dei servizi segreti. Pensano al comunismo magari avendo in mente la figura di Peppone: un comunista verace, con le sue idee, con i metodi spesso discutibili di agire ma, in fin dei conti, “innocuo”, uno che vuole bene a don Camillo e alla Chiesa. Niente di più sbagliato.

Era un sistema totalitario che combatteva ed eliminava ogni oppositore. Come notava uno degli storici della Polonia, Peter Raina: “Uno degli scopi principali del totalitarismo comunista era la distruzione psicologica o l’eliminazione fisica degli oppositori”. La persecuzione fisica consisteva nell’uso della violenza, compreso l’assassinio. Il terrore psicologico serviva a distruggere la personalità dell’uomo. Ogni cittadino poteva trovarsi in una situazione “senza uscita”. Tutti dovevano essere coscienti che la loro vita privata, la carriera professionale e il futuro dipendevano dai Servizi di Sicurezza (in polacco Służby Bezpieczeństwa o SB).

Trattando la religione come “oppio per i popoli”, la Chiesa veniva percepita come nemica del sistema e ostacolo nella creazione dell’homo sovieticus, perciò divenne il bersaglio principale dei servizi. L’apparato di sicurezza faceva parte della struttura del Ministero degli Interni (MSW), dove esisteva un dipartimento speciale, il cosiddetto Dipartimento IV, che si occupava specificamente della lotta contro la Chiesa (allora si parlava della lotta contro il “clero reazionario”). Esisteva anche uno speciale ufficio investigativo (Biuro “C”), che raccoglieva tutte le informazioni riguardanti le persone “sospette”.

I servizi segreti preparavano dossier per ogni sacerdote, che si chiamavano “Dossier di registrazioni operative del sacerdote” (in breve TEOK). Per dire la verità, tali dossier venivano preparati già quando qualcuno entrava in seminario e il regime faceva di tutto per scoraggiare i giovani seminaristi a continuare gli studi, prima di tutto costringendoli a fare due anni di duro servizio militare. I funzionari del regime erano interessati a tutto, compresa la famiglia del sacerdote, la sua situazione economica, opinioni, mezzi di sussistenza e persino se possedeva una TV o un’auto. Venivano registrate le omelie e controllate tutte le attività. Negli anni Settanta, circa un migliaio di funzionari lavoravano esclusivamente per controllare la Chiesa.

I Servizi di Sicurezza usavano due metodi. Il primo metodo era la politica anti-ecclesiale delle autorità, per esempio: l’abolizione delle lezioni di religione nelle scuole, i divieti di organizzazione delle cerimonie religiose, l’ostacolare l’uso dei mass media da parte della Chiesa. Il secondo metodo era molto più perfido, e consisteva nel terrorismo psicologico. I modi erano molteplici. I sacerdoti più zelanti venivano accusati di attività contro lo Stato e di servizio al nemico imperialista. Successivamente venivano processati in spettacolari processi farsa che finivano con la pena capitale o lunghe pene di detenzione.

Ma prima di tutto, i servizi cercavano di compromettere il sacerdote per poterlo ricattare. Era una prassi comune raccogliere tutte le informazioni possibili circa le abitudini di ogni sacerdote: se gli piacevano gli alcolici, le donne o se provava frustrazione nel suo lavoro. Spesso, s’impiegavano gli agenti-donne per creare qualche situazione compromettente per il sacerdote. Allora, potendo ricattare il sacerdote, gli si faceva una proposta di collaborazione con i servizi. La collaborazione con gli SB consisteva nel fornire le informazioni circa la situazione in parrocchia, l’attività del parroco, il comportamento e le convinzioni del vescovo.

Ma si usava anche il metodo della carota e del bastone: si passava dalle minacce alle offerte di aiuto, per esempio per la costruzione di una nuova chiesa, se il vescovo avesse promesso di prendere le distanze dal primate. Di solito i vescovi rifiutavano qualsiasi collaborazione e per questo motivo le chiese non venivano costruite, la Guardia di finanza controllava con cattiveria i conti e le tasse delle parrocchie. Questo metodo veniva applicato anche nell’ambito delle attività editoriali della Chiesa controllate dallo Stato. Siccome la tiratura delle pubblicazioni dipendeva dalla decisione dell’Ufficio per le Confessioni Religiose, che collaborava con i servizi segreti, si prometteva di dare il permesso per aumentare la tiratura o di fornire più carta (allora la distribuzione della carta era completamente nelle mani dello Stato), se i responsabili delle riviste si impegnavano a fornire le informazioni riguardanti i membri della redazione o simili. Certi responsabili, con il permesso verbale dei superiori, accettavano tali ricatti perché la possibilità di aumentare la tiratura della stampa religiosa veniva percepita come prioritaria.

Malgrado un lavoro capillare e incessante dell’apparato di sicurezza, solo una minima parte (gli storici parlano di circa 10%) di sacerdoti sono stati coinvolti in qualche forma di collaborazione con i servizi segreti. Molti meno religiosi e pochissime religiose (circa il 2%).

Chi non si piegava o “disturbava” troppo poteva essere anche assassinato: conosciamo 18 nomi di sacerdoti ammazzati dai sicari del regime comunista. Nel mondo è conosciuto il martire del comunismo, oggi beato, padre Jerzy Popiełuszko. Ma bisogna ricordare anche gli altri come Władysław Gurgacz, Stefan Niedzielak, Stanisław Suchowolec o Sylwester Zych.

Questa situazione durò fino all’anno 1989.

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